Il leader conservatore tedesco Friedrich Merz è stato eletto cancelliere dal Bundestag, la camera bassa del Parlamento tedesco, alla seconda votazione. I voti favorevoli sono stati 325: per ottenere l’incarico ne erano necessari 316.
In precedenza, nella stessa mattinata, il cancellierato di Merz sembrava già compromesso. Al primo turno non era riuscito a ottenere la fiducia dell’aula, fermandosi a 310 voti: sei in meno rispetto al quorum richiesto. Un risultato che aveva fatto calare un silenzio carico di tensione tra i banchi del Bundestag. La seduta si era svolta in un clima formale ma teso, chiudendosi alle 9:35. Quando, mezz’ora dopo, era stato reso noto l’esito, era emersa con chiarezza la fragilità politica della coalizione “nero-rossa”, sulla carta solida con 328 seggi (208 la CDU-CSU, 120 la SPD), ma evidentemente attraversata da divisioni interne. “Accetto l’elezione”, ha dichiarato il leader della CDU, intervenendo alla Camera dei Lord.
Secondo la legge tedesca, il Bundestag ha ora due settimane di tempo per eleggere Merz o un altro candidato con una maggioranza assoluta. Se il Parlamento fallisse anche questo secondo tentativo, spetterà al presidente federale decidere tra due scenari: confermare un cancelliere di minoranza o sciogliere la camera e indire nuove elezioni. Entrambe le opzioni appaiono oggi ad alto rischio.
Una partenza mancata dopo 70 giorni di trattative
Il fallimento di Merz giunge al termine di un percorso di quasi settanta giorni, iniziato con le elezioni federali del 23 febbraio. In appena 45 giorni CDU-CSU e SPD avevano siglato un accordo di governo, forte anche del colpo di scena politico ottenuto dallo stesso Merz: l’approvazione della riforma del “freno al debito”, una revisione costituzionale che apre a 500 miliardi di euro di investimenti pubblici in 12 anni. Un cambio di rotta storico per i conservatori tedeschi, da sempre fautori dell’austerità. Ma la dote economica accumulata si è rivelata insufficiente a garantire la stabilità politica.
Una crisi economica senza precedenti recenti
La Germania affronta il peggior momento economico degli ultimi due decenni. Dopo due anni consecutivi di contrazione del PIL, le previsioni per il 2025 parlano di crescita zero. Il modello tedesco orientato all’export fatica a reagire alle nuove dinamiche del mercato globale, in particolare al cambiamento di ruolo della Cina. Il settore automobilistico, simbolo dell’industria tedesca, è in sofferenza: la transizione verso l’elettrico ha incontrato ritardi e resistenze. A peggiorare il quadro, il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti e la sua nuova politica di dazi ha ulteriormente ostacolato il commercio internazionale. L’impatto sul PIL tedesco è marginale nei numeri, ma cruciale nel sentiment economico: quanto basta per trasformare una crescita debole in stagnazione.
L’ombra lunga dell’estrema destra
Mentre l’asse politico tradizionale vacilla, avanza l’ultradestra di Alternative für Deutschland (AfD). Alle elezioni ha sfiorato il 21%, seconda forza dopo la CDU, e nei sondaggi è ormai alla pari con i conservatori. Un’ascesa che inquieta soprattutto in un anno simbolico come il 2025, ottantesimo anniversario della caduta del nazismo. Classificata ufficialmente come forza estremista dall’Ufficio federale per la protezione della Costituzione, l’AfD è accusata di derive xenofobe e nostalgie neonaziste. Il dibattito sulla sua possibile messa al bando si è riacceso con vigore. Giuristi e parlamentari stanno lavorando a una richiesta formale da inoltrare alla Corte costituzionale, competente in materia. Una mozione simile, nella scorsa legislatura, era decaduta con lo scioglimento anticipato del Bundestag.
Berlino paralizzata, l’Europa osserva
L’instabilità tedesca ha conseguenze che travalicano i confini nazionali. Senza un governo operativo, la Germania rischia di perdere la sua tradizionale centralità nei processi decisionali europei, proprio mentre Bruxelles si confronta con i temi cruciali di bilancio, difesa comune e politiche industriali. Il fallimento del governo Merz non è solo il naufragio di una coalizione: è il segnale profondo di una crisi del sistema politico tedesco, chiamato ora a rigenerarsi mentre i venti populisti soffiano con forza crescente.