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Oltre al Donbass si scalda il fronte bielorusso

Oltre al Donbass si scalda il fronte bielorusso

“Ricordiamo l’invito a lasciare l’Ucraina”. Sul cellulare riappare il messaggio, già arrivato l’altro ieri, da parte dell’Unità di crisi della Farnesina. I venti di guerra soffiano sempre più forti e il rumore di aerei si sente già dalle prime ore del mattino anche su Kiev, Ucraina. La città continua a sforzarsi di vivere nella normalità ma è tutta apparenza, se si va a scavare meglio. Per quanto riguarda il Donbass, ormai anche i report quotidiani dell’Osce registrano continue violazioni del cessate il fuoco.


Le strade sono piene e così anche i bar, i ristoranti funzionano a pieno ritmo e il Covid non sembra spaventare più di tanto. Del resto, qui le paure sono altre. “Proprio oggi metterò lo scotch ai vetri delle finestre, così in caso di attacco non entreranno le schegge in casa”, dice una giovane abitante della capitale. La guerra è una possibilità che si cerca di allontanare dalla mente seguendo le proprie abitudini ma il pensiero rimane sempre in testa. “Non vado via da Kiev perché qui ho tutta la mia vita, gestisco tre negozi di cibo per vegetariani, ho casa e famiglia. Molti, però, già dalle prime minacce di attacco hanno lasciato il Paese, non si sono fidati del ritiro delle truppe al confine da parte di Putin”, testimonia la giovane impegnata a proteggere le sue finestre da eventuali esplosioni. Intanto proprio oggi l’Ucraina rivive uno dei suoi più gravi traumi: nel 2014, la rivoluzione che portò alla cacciata del presidente Janukovic fu soffocata nel sangue e tante giovani vite si spensero nelle strade di Kiev. Un ricordo di paura e morte che fa ancora di più temere che lutti e dolore possano colpire nuovamente. La giornata commemorativa, detta “giorno del silenzio”, è diventata dunque occasione anche per gruppi di attivisti che forniscono il loro appoggio ai cittadini, qualora il peggio dovesse accadere. Volontari pubblicizzano corsi di pronto soccorso, autodifesa e uso delle armi che ogni sabato, gratuitamente, si svolgono in diverse zone della città. Tutto serve a stemperare, per quanto possibile, la tensione che si fa ogni ora più palpabile, specialmente da quando una decina di colpi di mortaio sono stati sparati da parte russa sul ministro ucraino dell’interno Denys Monastyrskiy che era in visita nelle regioni dell’Est, proprio sulla linea del fronte con i separatisti filo-russi, dove gli scontri sono ricominciati dopo l’apparente calma. All’appello della Farnesina a lasciare il Paese si è unito in queste ore quello di Germania, Francia, Regno unito ed Israele. Alcune compagnie aeree, come Lufthansa e Swissair, hanno annullato i voli in entrata a partire da lunedì. Il timore è che anche su quelli in uscita possa registrarsi il caos. Mentre diverse ambasciate, tra cui quella statunitense, avevano già spostato le sedi a Leopoli, la città più ad Ovest dell’Ucraina, anche la Nato ha chiuso temporaneamente l’ufficio di collegamento a Kiev, spostando il personale a Leopoli e Bruxelles. Per quanto riguarda il Donbass, ormai anche i report quotidiani dell’Osce registrano continue violazioni del cessate il fuoco. Gli episodi, a cui abbiamo assistito già dai primi momenti della nuova escalation, sono raddoppiati nelle ultime 24 ore. Da un lato e dall’altro delle barricate ci si allontana dai confini. Gli ucraini iniziano a spostarsi verso Kiev, mentre proseguono le evacuazioni verso la Russia dai territori separatisti di Donestk e Lugansk. Insomma, ci vuole poco a capire che si sta “sgomberando il campo” in previsione di un possibile attacco su grande scala.

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