Per fronteggiare l’emergenza energia è esplosa la richiesta dei pannelli fotovoltaici (+240 per cento nel 2022), che la Ue vuole rendere obbligatori nei prossimi anni. Quasi tutto il mercato è però in mano alla Cina. E i veri vantaggi sul risparmio finale sono da discutere…
Sembra l’unica soluzione al caro energia. Non si è abbastanza green se sul tetto di casa non si attiva un pannello fotovoltaico. Il marketing è talmente smodato che nessuno osa mettere in dubbio o interrogarsi sul reale risparmio di questa fonte energetica alternativa, peraltro nemmeno a buon mercato. Perfino la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen vuole vincere la guerra del gas russo usando il sole e «rendere obbligatori i pannelli solari per gli edifici commerciali e pubblici entro il 2025 e per i nuovi edifici residenziali entro il 2029».
Con questa prospettiva il mercato è impazzito. Secondo una stima delle imprese di installazione, nel primo trimestre 2022 la domanda di fotovoltaico è cresciuta del 240 per cento a fronte del +270 per cento registrato in tutto l’anno scorso. Una sorta di frenesia che rischia di creare confusione e l’illusione di tagliare la bolletta in modo facile. Naturalmente le aziende del settore si fregano le mani così pure produttori e fornitori di materie prime, soprattutto cinesi. Oltre l’80 per cento del mercato è in mano a Pechino che «fa il prezzo». I rivenditori di pannelli dicono tutti la stessa cosa: sbrigatevi ad acquistare perché i listini corrono.
D’altronde i materiali usati per gli impianti (silicio, argento, alluminio, rame, vetro) stanno andando a ruba sui mercati mondiali. Il prezzo del silicio è passato da 6,19 dollari del 2020 a 25,88 nel 2022 al kg. L’argento e il vetro sono aumentati rispettivamente del 45 per cento e del 10 per cento, l’alluminio, in base al London Metal Exchange, del 53 per cento e il rame del 6. Poi c’è il costo del trasporto, salito dal 2019 del 500 per cento. A tutti questi fattori si aggiunge la speculazione innescata dalla domanda fuori controllo.
Facciamo due conti. A parte il contesto economico, il prezzo dei moduli solari è determinato dalla tecnologia più o meno evoluta: se monocristallini, considerati superiori, o policristallini. Secondo Sorgenia, il costo di un impianto da 4 KW, quello adatto a una famiglia di 3-4 persone, varia da 7 mila a 13 mila euro. Questi prezzi però non comprendono l’accumulo che serve a caricare le batterie e avere l’energia sempre a disposizione senza ricorrere alla rete. Le batterie più economiche sono al nichel (3-5 mila euro) ma hanno difetti in termini di dispersioni. Quelle al litio sono di qualità superiore però vanno da un minimo di 8 mila fino a un massimo di 15 mila euro. Un impianto da 4 kW con accumulo richiede un investimento extra di circa 7 mila euro per batterie da 4,8 kWh, oppure di 9.500 per un accumulo da 7,2 kWh, con una spesa complessiva di circa 14-20 mila euro. Poi c’è la manutenzione, intorno a 400-600 euro l’anno. Si stima che per recuperare l’investimento iniziale, occorrano una media di 5-7 anni, ma l’associazione Altroconsumo sottolinea che si può risparmiare fino al 55 per cento del prelievo dalla rete. Un abbattimento che però non vale per tutti ed è condizionato da tanti fattori.
Soluzioni più economiche, i pannelli da balcone. L’installazione costa più o meno 600-800 euro ma bisogna scordarsi l’autonomia energetica, occorre l’autorizzazione del condominio e bisogna fare la comunicazione al proprio distributore di zona. Torniamo alla domanda iniziale: fino a che punto è vantaggioso sostenere questi costi? La risposta è indirettamente sul sito del fornitore Sorgenia. Leggiamo: la produzione di un impianto da 4 kW dipende da diversi elementi tra i quali la zona geografica, l’orientamento e l’inclinazione dei pannelli e l’efficienza del sistema. Influiscono inoltre la manutenzione, la qualità dell’installazione e le condizioni climatiche nel corso dell’anno: la differenza di irraggiamento tra Nord e Sud può arrivare al 25 per cento. Quindi rispetto a un impianto nel Centro Italia, ci può essere una variazione nella resa, di circa il 10-15 per cento in meno o in più. Inoltre il massimo del risparmio dal fotovoltaico si ottiene concentrando i consumi elettrici nelle ore più soleggiate.
«I pannelli non riescono a produrre abbastanza energia o si ha una riduzione del rendimento, se l’immobile è in una zona ombreggiata. Inoltre, se è in un viale alberato bisogna mettere in conto un servizio di pulitura periodica. In generale la manutenzione si fa una volta l’anno, ma possono accadere imprevisti come una grandinata che danneggia la superficie o un vento molto forte che può modificare l’inclinazione del modulo se non è stato ben agganciato» spiega il presidente di Anaci, l’Associazione degli amministratori di condomìni, Francesco Burrelli. Sul sito di Otovo, l’azienda norvegese del fotovoltaico, si legge che se i consumi sono meno di 2 mila kWh all’anno passare al fotovoltaico non conviene perché il tempo di ritorno sull’investimento sarebbe molto lungo.
Burrelli offre altri spunti di riflessione. «Bisogna stare attenti al peso dei moduli se ci sono avvallamenti sul tetto dell’immobile. Un pannello può pesare anche 20 chili». C’è poi la questione degli immobili in zone di pregio storico. Bisogna verificare che non ci siano vincoli ambientali o artistici e comunque il Comune deve rilasciare l’autorizzazione. A favore giocano i vantaggi fiscali del bonus ristrutturazione e del superbonus 110 per cento. Nel primo caso lo sconto nella dichiarazione dei redditi è pari al 50 per cento della spesa ma da recuperare in 10 anni e per un totale massimo di 96 mila euro. Nel secondo caso, per recuperare il 110 per cento in 5 anni bisogna fare anche altri lavori di efficientamento energetico. Si fa presto a dire fotovoltaico. Tagliare la bolletta non è così facile.