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Dietro il sabotaggio del Nord Stream

Dietro il sabotaggio del Nord Stream

Chi ha attaccato il gasdotto nel Mar Baltico il 26 settembre scorso? Per l’Occidente sono stati i russi, ma vari indizi fanno pensare a una responsabilità diretta delle forze speciale britanniche e americane. Un giallo geopolitico, con un finale dove difficilmente ci saranno certezze.


Un paio di giorni prima delle esplosioni, due navi «fantasma» erano molto vicine al punto del gasdotto Nord stream sabotato il 26 settembre scorso. Immagini satellitari le hanno individuate, ma avevano disattivato l’Ais, il sistema automatico di tracciamento e identificazione. Le informazioni sono state trasmesse alla Nato, ma sulle unità «fantasma» è scesa una cappa di silenzio. Non si parla più dell’attentato che ha distrutto la «vena giugulare» sottomarina del gas russo verso la Germania. Il grave attacco a un obiettivo energetico, collegato alla guerra in Ucraina, ha sconvolto il mondo provocando la fuoriuscita di 400 mila tonnellate di metano. Il Mar Baltico che ribolliva rimarrà un’immagine drammatica, ma chi c’è dietro il sabotaggio? «Non si può escludere al 100 per cento un’operazione sotto “falsa bandiera” russa per addossare la colpa all’Occidente, ma il danno provocato a sé stessi è troppo ingente» spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. «Non vedo un interesse di Mosca, bensì di polacchi, inglesi, americani, ucraini che puntano a un solco energetico incolmabile fra Russia ed Europa». La società di monitoraggio satellitare SpaceKnow, quartier generale a New York e sede a Praga, ha localizzato le navi sospette, una lunga 95 metri e l’altra di 130. Un gruppo di esperti ha lavorato con un algoritmo che permette di analizzare immagini provenienti da sistemi satellitari nell’arco di 90 giorni. «Abbiamo rilevato navi “oscurate”, di dimensioni significative, nell’area interessata» dice Jerry Javornicky, ceo e cofondatore di SpaceKnow al sito di Wired. «Avevano i localizzatori spenti, non inviavano informazioni sulla loro rotta e cercavano di nascondere la loro posizione». Delle 25 navi individuate nella zona delle esplosioni, che hanno aperto varie falle nel Nord stream , solo due non avevano l’Ais attivo. «Quelle coinvolte in missioni militari o attività illecite non si lasciano tracciare» spiega Otto Tabuns della Fondazione Sicurezza nel Baltico. «Per una nave mercantile disattivare l’Ais in uno dei mari più trafficati del mondo è pericoloso».

Il 18 novembre, il procuratore svedese, Mats Ljungqvist, titolare dell’inchiesta, ha annunciato che «il gasdotto è stato colpito da un grave sabotaggio. Sono state trovate tracce di esplosivi e oggetti estranei a circa 50 metri di profondità. Le falle nelle condotte di Nord stream 1 e 2 erano quattro, al largo dell’isola danese di Bornholm. Hanno usato centinaia di chili di tritolo. Almeno 250 metri di tubature distrutte e sul fondo del mare ci sono crateri da tre a cinque metri. Il sabotaggio è stato portato a termine dall’esterno. E non con i robot interni che i russi usano per la manutenzione.

«È avvenuto a ridosso delle coste di Paesi Nato compresa la Svezia, che ha chiesto di entrare nell’Alleanza» osserva Gaiani. «Uno dei tratti di mare più pattugliato al mondo anche a livello sottomarino. Qualsiasi unità russa che piazza esplosivi sarebbe stata individuata. Se fossero stati loro era più “sicuro” colpire il gasdotto a nord, meno sorvegliato». Però vicino all’area del sabotaggio si trova l’enclave di Kaliningrad, dove è di stanza la 561° brigata di Marina russa. Squadre di incursori sono addestrati per attacchi in profondità, con droni subacquei e mini sommergibili. In uno scenario simile opererebbero con la supervisione del Gru, il servizio segreto militare. Del resto fin da agosto era stata inviata nel Baltico la Kearsarge, squadra anfibia Usa con il 22° corpo di spedizione dei Marines, totale di 4 mila uomini, compresi corpi speciali per azioni subacquee. «È una classica operazione da guerra ibrida dove si usa ogni mezzo contro l’avversario» dice Luigi Mario Binelli Mantelli, ex capo di stato maggiore della Marina e Difesa. «Le accuse si rimpallano e non si scopre mai il colpevole».

Nelle prime ore, quando il mare ribolliva per la fuoriuscita del metano, i russi hanno ricordato la minaccia del presidente Joe Biden alla vigilia della guerra: «Se la Russia invaderà l’Ucraina non ci sarà più un Nord stream 2. Vi metteremo fine». E forse non è un caso che la tempistica scelta per il sabotaggio abbia coinciso con l’inaugurazione del gasdotto dalla Norvegia alla Polonia, che esclude i russi. «La mossa scalza la Germania dal baricentro energetico del gas in Europa. Il sabotaggio è la mazzata finale» nota ancora Gaiani. Il 29 ottobre Mosca accusa la Gran Bretagna del sabotaggio convocando l’ambasciatore, ma non fornisce prove. Il ministero della Difesa russo rilascia un clamoroso annuncio: «Secondo le informazioni, unità della Marina britannica hanno preso parte alla pianificazione, fornitura e attuazione dell’attacco nel Mar Baltico il 26 settembre facendo saltare in aria i gasdotti Nord stream 1 e 2». Il giorno dopo entra in gioco il filorusso Kim Dotcom, famigerato imprenditore della rete, finlandese e tedesco, rifugiatosi in Nuova Zelanda dopo una condanna per truffa negli Usa. «Come fanno i russi a sapere che i responsabili delle esplosioni di Nord stream sono i britannici insieme agli Stati Uniti?» ha scritto su Twitter. «Perché Liz Truss (l’allora premier inglese, ndr) ha scritto a Blinken (segretario di Stato americano, ndr) un messaggio dal suo telefonino dicendo “È fatta”, un minuto prima che gli ordigni esplodessero. Grazie iCloud!». Il cellulare di Truss era stato hackerato forse dai russi fin da quando, in precedenza, era ministro degli Esteri. Il direttore dei servizi di intelligence esterni di Mosca, Sergey Naryshkin, ha detto di avere «una prova indiretta che tutto ciò è fondato». Per i russi a sabotare sono state le Special boat service, i corpi speciali inglesi della Marina. Incursori che hanno aiutato gli ucraini a colpire la flotta di Putin nel Mar Nero e nella base di Sebastopoli. Londra e Washington respingono le accuse sostenendo che si tratta «di diversivi russi da manuale» o «ridicole fandonie che vogliono distrarre l’attenzione dalla guerra in Ucraina».

Per la Nato sono stati i russi a colpire il gasdotto allo scopo di incolpare l’Occidente, anche se le due infrastrutture erano costate 20 miliardi di euro. Il 3 novembre Aleksandar Vucic, presidente serbo vicino a Mosca ma che strizza l’occhio anche all’Europa, ha pronunciato una frase inquietante: «Nessun politico al mondo ignora chi è il colpevole, ma tutti tacciamo per non ledere gli interessi dei nostri Paesi. L’ipocrisia è ovunque».

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