Importare meno gas dall’estero, produrre energia da rifiuti, sfruttare infrastrutture in parte già esistenti e ridurre le emissioni di CO2. Sono questi i quattro obiettivi che l’Italia vuole raggiungere immettendo nella rete e nei distributori di carburante il biometano, un gas con la stessa composizione del metano fossile, ma prodotto da fonti rinnovabili come rifiuti organici, reflui zootecnici e scarti dell’agricoltura. Il progetto è riassunto nel “Decreto Biometano 2024-2027” recentemente aggiornato con regole attuative che tengono conto di nuovi specifici requisiti per le biomasse agricole e delle strategie per favorire l’autoconsumo del biometano nelle imprese hard-to-abate, cioè quelle in cui l’abbattimento delle emissioni di gas serra è particolarmente complesso sia tecnicamente che economicamente. Il nostro Paese potrebbe raggiungere una capacità di produzione annuale entro il 2030 che va dai 5,7 miliardi agli 8,5 miliardi di metri cubi (stima più ottimistica).
Significa che potremo riuscire a coprire almeno l’11 per cento del fabbisogno nazionale di metano, nello scenario più pessimistico, così da ridurre in maniera significativa le importazioni e contribuire alla decarbonizzazione dei settori industriali e della mobilità. La filiera del biogas, già consolidata nel nostro Paese con oltre 1.800 impianti al 2023, potrà essere sfruttata per ottenere biometano separandolo dagli altri gas prodotti per fermentazione. In ogni caso ci sono quasi 100 impianti di questo elemento puro già operativi.
Il bilancio ambientale e l’economia circolare
Se il progetto attualmente in corso dovesse andare a buon fine, i benefici sarebbero considerevoli. Prima di tutto, occorre sgombrare il campo dal dubbio che il ciclo completo di produzione del biometano non sia conveniente dal punto di vista ambientale. Carlo Beatrice, dirigente di ricerca dell’Istituto motori del Cnr, esperto nella produzione e sviluppo di sistemi di propulsione, dice: «Gli studi scientifici sono unanimi nella conclusione che, nell’intero ciclo che va dal recupero delle biomasse alla produzione di biometano, il bilancio della CO2 è negativo. Ciò vuol dire che sottraggo anidride carbonica dall’ambiente invece di immetterla».
In altri termini, il biometano è uno strumento di economia circolare. Non viene generalmente prodotto attraverso monocolture a discapito della biodiversità, ma attraverso la trasformazione di rifiuti organici in energia. Ciò si traduce in una diminuzione delle emissioni di CO2 e in una riduzione degli sprechi, valorizzando reflui zootecnici e scarti agricoli il cui smaltimento è di per sé problematico.
Limiti tecnologici e criticità operative
Certamente, come ogni tecnologia, anche il biometano non è privo di criticità. Un primo punto decisivo è la disponibilità delle materie prime: servono quantità sufficienti di biomassa organica e una raccolta differenziata ben organizzata. Un secondo punto cruciale è il rischio di perdite di metano, un potentissimo gas serra, durante produzione, trasporto o compressione.
Tornando ai vantaggi del nuovo gas verde, c’è poi una buona notizia per il milione di auto a metano ancora in circolazione: «Sia i distributori sia i veicoli potranno funzionare senza alcuna modifica», spiega Beatrice. «La sua composizione è identica a quella del gas tradizionale».
Prezzi, incentivi e prospettive per i consumatori
Resta da chiarire se da un punto di vista economico vi sarà un guadagno per il consumatore. Il biometano richiede impianti con costi industriali più alti e la produzione è ancora limitata. Inoltre, il metano fossile, soprattutto dopo il 2023, è tornato su prezzi relativamente bassi. Tuttavia, gli incentivi del decreto biometano 2024–2027 riducono il costo industriale, rendendo questo gas più vicino al prezzo di quello fossile. La previsione più realistica è un costo leggermente superiore o allineato nel breve periodo, con una possibile parità entro 3–5 anni.
Il Pnrr e il nuovo avviso per l’agricoltura
Il 21 luglio 2025 è stato pubblicato il Decreto direttoriale 235/2025, che ha dato il via a un nuovo avviso pubblico legato alla misura “Pratiche ecologiche” del Pnrr, dedicata al sostegno della produzione di biometano. Con una dotazione complessiva di 193 milioni di euro, lo sportello per le domande è stato aperto alle imprese agricole interessate, offrendo contributi a fondo perduto per la trasformazione ecologica degli impianti, il loro ammodernamento energetico e la sostituzione dei mezzi con soluzioni a biometano. L’avviso include anche interventi di ristrutturazione, miglioramento dell’efficienza e pratiche di agroecologia.
Le incognite di lungo periodo e il ruolo della politica
A temperare questo quadro intervengono preoccupazioni significative: la sostenibilità economica nel lungo periodo, la necessità di nuove infrastrutture e l’esigenza di uniformare la densità di impianti agricoli nelle diverse regioni. La politica sarà chiamata a fare la sua parte. Se oggi gli incentivi Pnrr rappresentano una spinta decisiva, dopo il 2026 potrebbe subentrare una maggiore complessità normativa.
In definitiva, il biometano rappresenta una straordinaria occasione per ampliare e diversificare il mix energetico del Paese. Solo attraverso una gestione coordinata dell’intera filiera sarà possibile trasformare questo potenziale in risultati concreti, rafforzando l’autonomia energetica e la sostenibilità della mobilità italiana.
