È vero che i prezzi attuali delle ricariche elettriche non sono più convenienti del rifornimento con il carburante tradizionale? A conti fatti, il modo più economico resta quello di attaccarsi alla spina di casa. Mentre agganciarsi a una coloninna super veloce può riservare sorprese.
Il campanello d’allarme lo ha suonato Michele Crisci, presidente di Volvo Italia e dell’Unrae, l’associazione che rappresenta le case straniere in Italia: «I prezzi attuali delle ricariche fast, in rapporto all’autonomia che garantiscono i veicoli elettrici, non garantiscono un grande risparmio se paragonati a quelli del carburante». Fermi tutti: questo significa che se uno acquista un’auto elettrica, in genere più cara di una a benzina, arriva anche a spendere di più per fare il pieno in una delle ancora poche colonnine sparse in Italia? Ma allora che convenienza c’è a fare il salto verso le vetture a batterie?
Calma. Quello che ha detto Crisci è vero solo formalmente, la realtà è un po’ diversa ed è anche complicata. Proviamo a fare chiarezza con l’aiuto di un esperto del settore: Paolo Mariano, collaboratore del sito Vaielettrico e responsabile acquisti presso la Sasa, la società che gestisce il trasporto pubblico a Bolzano e Merano. Il quale ribadisce che i costi di gestione di un’auto elettrica sono più bassi di una vettura tradizionale, dalla manutenzione all’assicurazione, al bollo fino ai consumi.
Quando si possiede un veicolo a batteria si entra in un mondo nuovo: prima si guardava a quanti chilometri si percorrevano con un litro, ora ci si basa sui chilometri per kilowattora. Se con un’auto tradizionale il consumo si aggira sui 15 chilometri con un litro di carburante, con una vettura elettrica si percorrono tra i 6 e i 7,5 chilometri per kilowattora. Però quest’ultimo ha un prezzo variabile, dipende cioè se si ricarica l’auto a casa o da una colonnina pubblica, e se la ricarica è a velocità standard, rapida o ultrarapida. Se si possiede un garage con una presa, più o meno si spenderà tra i 16 e i 18 centesimi per chilowattora, considerando anche la quota di dispersione di energia che si verifica nella ricarica. «Il che significa» spiega Mariano «che con l’equivalente del prezzo di un litro di benzina -1,5 euro- posso comprare 8,8 kilowattora che mi permettono di percorrere circa 52 chilometri, tre volte quanto un veicolo a benzina. In altre parole, con la vettura elettrica spenderò un terzo per fare la stessa strada».
Per ora tutto abbastanza semplice. La situazione si complica quando siamo in giro con la nostra auto elettrica e abbiamo bisogno di un rabbocco di energia. Nel mondo dei combustibili fossili cercheremmo una stazione di servizio e pagheremmo in contanti o con carta. Nel mondo elettrico, quando individuiamo il punto di ricarica grazie alle app dedicate, non potremo quasi mai usare normali mezzi di pagamento (lo si può fare per esempio con la rete Neogy in Trentino-Alto Adige) ma occorre avere effettuato un’iscrizione online e sottoscritto un abbonamento con un operatore, il quale consente di fare il pieno sulle proprie colonnine ed eventualmente anche su quelle di altre società con cui ha un accordo di interoperabilità.
In pratica con il proprio smartphone si individua il punto di ricarica cui possiamo collegarci e, fatto il rabbocco, il costo viene addebitato direttamente sul nostro conto. Ci sono altri casi in cui l’operatore fornisce una tesserina o una chiavetta che va inserita nella colonnina e che a quel punto ci riconosce e autorizza il rifornimento: questa è una procedura più semplice perché si salta il passaggio dello smartphone.
Sul fronte dei prezzi dipende a quale velocità è stata effettuata la ricarica: cioè se con una colonnina standard (di solito da 22 kilowatt), una fast (fino a 50 kilowatt) e ultrafast (oltre 50 kilowatt). Sempre in media, si spendono 40 centesimi a kilowattora per le ricariche nelle colonnine standard (cioè più del doppio rispetto a casa), 50 centesimi per quelle fast e 79 centesimi per le ultrafast. Se, come abbiamo indicato, un’auto elettrica percorre con un kilowattora tra i 6 e i 7,5 chilometri, con le ricariche ultrafast si spenderebbero circa 1,8 euro per fare 15 chilometri, cioè un po’ di più dell’1,5 euro al litro della benzina. Quindi il numero uno di Volvo ha ragione. Ma bisogna tenere conto che il rabbocco ad alta velocità per un automobilista elettrico dovrebbe essere l’eccezione, la maggior parte delle ricariche va fatta a casa. E poi ci sono gli abbonamenti che abbassano notevolmente le tariffe.
Intanto le case automobilistiche che sono partner della rete di ricariche ultra fast Ionity offrono ai loro clienti prezzi decisamente più bassi, 30-35 centesimi per kilowattora. Enel X ha creato tre abbonamenti diversi da 20, 50 e 75 euro al mese, mentre Duferco vende 300 kilowattora mensili per 50 euro più Iva, che permette di usare anche le ultrafast pagando 25 centesimi al kilowattora. Attenzione però: alcuni operatori addebitando un extra se la vettura resta collegata alla colonnina quando la ricarica è terminata.
Altro mondo è quello di Tesla, che ha avuto l’idea di realizzare una rete di ricarica proprietaria, riservata (almeno finora) a possessori delle sue auto. Qui non servono tesserine o abbonamenti, la colonnina riconosce l’utente e quanto il rifornimento ad alta velocità è terminato il costo, sui 30-35 centesimi a kilowattora, viene addebitato direttamente al cliente. Un sistema semplice che per le altre case, alle prese con diversi operatori, è più difficile mettere a punto.