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Taglio Irpef: quanto aumenta davvero la busta paga con la riforma fiscale

Taglio Irpef: quanto aumenta davvero la busta paga con la riforma fiscale

Il governo punta a ridurre l’aliquota del secondo scaglione Irpef. Benefici fino a 120 euro al mese per i redditi medio-alti, ma restano dubbi sulle coperture e sull’impatto per il ceto medio

Il taglio dell’Irpef come si traduce realmente in busta paga? Il governo, da più voci, conferma la volontà di alleggerire il carico fiscale per il ceto medio nella prossima Manovra. Quanto varrebbe per i cittadini l’operazione? Un taglio fino a 120 euro al mese, ma per i contribuenti medio-alti. E per tutti gli altri? E le coperture per la sforbiciata?

Riforma Irpef: cosa cambia e come funziona oggi

Oggi l’Irpef è organizzata in tre scaglioni principali. Il primo riguarda i redditi fino a 28mila euro, tassati al 23%; il secondo va da 28mila a 50mila euro e prevede un’aliquota del 35%; il terzo scatta oltre i 50mila euro, con un’imposizione del 43%. La riforma allo studio del governo Meloni punta a ritoccare proprio il secondo scaglione: l’aliquota del 35% verrebbe abbassata al 33%, con l’ulteriore estensione del tetto fino a 60mila euro. Un cambiamento che, secondo le simulazioni elaborate dalla Fondazione nazionale dei commercialisti, avrebbe un impatto diretto su circa 12,6 milioni di contribuenti, il 31,2% del totale. Questa fascia, pur rappresentando solo un terzo della popolazione fiscale, concentra oltre il 60% del reddito imponibile complessivo e contribuisce a quasi l’80% del gettito Irpef. L’operazione avrebbe un costo per le casse dello Stato di circa 5miliardi di euro.

Taglio Irpef: le simulazioni per fasce di reddito

Chi dichiara 29mila euro vedrebbe un beneficio minimo: circa 20 euro all’anno, cioè 1,7 euro al mese. Con un reddito di 30mila euro, il vantaggio salirebbe a circa 40 euro annui, poco più di 3 euro al mese.
I contribuenti con 40mila euro risparmierebbero circa 240 euro annui (20 euro al mese), mentre con 50mila euro il vantaggio crescerebbe fino a 440 euro all’anno (36,7 euro al mese).
Il beneficio diventa più consistente salendo di redditi. Chi dichiara 51mila euro avrebbe un beneficio di 540 euro annui, mentre chi arriva a 60mila euro porterebbe a casa il massimo previsto: 1.440 euro l’anno, che significa 120 euro al mese. L’aspetto più controverso riguarda chi supera i 60mila euro. Sono circa 2,1 milioni di persone e per loro sarebbe garantito lo stesso vantaggio della fascia 50-60mila, cioè 1.440 euro l’anno, indipendentemente dal fatto che si guadagni 80mila o un milione di euro. È questo l’elemento che fa discutere, perché di fatto estende il beneficio anche ai redditi più elevati, con un costo aggiuntivo stimato in 3 miliardi di euro.

Taglio Irpef e nodo delle risorse: le ipotesi sul tavolo

C’è poi la questione copertura. L’intervento costerebbe circa 5 miliardi e il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha già avvertito che la priorità è mantenere in equilibrio i conti pubblici. Da qui nascono due possibili correttivi. Una prima ipotesi è limitare la riduzione d’aliquota ai redditi fino a 50mila euro, escludendo quindi l’estensione a 60mila, così da ridurrebbe il costo della riforma di oltre la metà. La seconda possibilità è quella della cosiddetta sterilizzazione dei benefici per i redditi alti. In pratica, chi guadagna oltre i 60mila euro continuerebbe a beneficiare formalmente del nuovo scaglione, ma il vantaggio sarebbe annullato attraverso una parallela riduzione delle detrazioni. Una soluzione, già sperimentata dal governo in passato, che permetterebbe di concentrare l’aiuto solo sul ceto medio senza gravare eccessivamente sul bilancio dello Stato.
Il primo banco di prova sarà il 2 ottobre, quando il governo presenterà in Parlamento il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp). Da quel testo emergeranno i dati sulla crescita e i parametri di deficit e debito su cui costruire la legge di bilancio.

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