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Stellantis, la ritirata continua: altri 500 esuberi a Melfi. L’Italia resta senza un vero piano

Stellantis, la ritirata continua: altri 500 esuberi a Melfi. L’Italia resta senza un vero piano

Sullo stabilimento pesano i continui cali di produzione di auto

La ritirata di Stellantis dall’Italia non si arresta. Dopo i 300 esuberi a Pomigliano e i 50 a Pratola Serra, ora tocca a Melfi, dove l’azienda ha annunciato l’uscita volontaria di altri 500 lavoratori. Il nuovo colpo alla produzione automobilistica italiana arriva in un momento di grande incertezza per il gruppo italo-francese, che ancora non ha nominato un nuovo amministratore delegato né presentato un vero piano industriale per il rilancio degli stabilimenti nel nostro Paese. Inoltre c’è  il timore, più che fondato, è che altri tagli possano colpire anche Termoli, dove il progetto di una gigafactory si è arenato nel limbo dell’incertezza.

Nel frattempo, Stellantis continua a parlare di investimenti e nuovi modelli. A Melfi – assicurano – arriveranno dal 2025 la nuova Jeep Compass (in versione elettrica, ibrida e mild hybrid), la DS7 da marzo 2026 e la Lancia Gamma da giugno dello stesso anno. Tutti modelli prodotti sulla piattaforma Stla-Medium, presentati come il segno di un futuro elettrico e moderno. Ma intanto i numeri parlano chiaro: la produzione nello stabilimento lucano è crollata sotto le 10mila unità nel primo trimestre del 2024, con un calo del 64,6% rispetto all’anno precedente. E con le auto, scendono anche i livelli occupazionali: i dipendenti rischiano di passare da 5.361 a 4.861.

Per i sindacati, il rischio di un vero svuotamento del sistema produttivo italiano è concreto. «Tutto questo accade mentre Stellantis è ancora senza un ceo e senza un piano industriale per l’Italia. Si delinea una progressiva dismissione dal Paese», denuncia Samuele Lodi, segretario nazionale della Fiom-Cgil. «Per questo non abbiamo firmato l’accordo sugli esuberi. Chiediamo un confronto vero a Palazzo Chigi, con il presidente John Elkann, per salvare occupazione e futuro dell’automotive nazionale».

Una richiesta che suona come un grido d’allarme, anche da parte degli altri sindacati – Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr – che, pur riconoscendo la continuità del piano industriale a Melfi, chiedono con forza l’intervento del governo e dell’Europa. «Il processo di trasformazione dell’automotive è complesso e richiede scelte coraggiose e immediate. Non bastano gli annunci: servono ammortizzatori sociali stabili e politiche industriali strutturali», scrivono in una nota congiunta.

Intanto, mentre in Italia si taglia, Stellantis guarda altrove. In Serbia ha raddoppiato il personale per costruire la Grande Panda ibrida ed elettrica, accogliendo anche alcuni lavoratori trasferiti da Melfi, stremati dalla cassa integrazione. A Torino, Mirafiori riapre i cancelli per preparare la nuova Fiat 500 ibrida, ma con un solo turno e produzione ridotta. E negli Stati Uniti, dove i ricavi sono scesi del 14% nel primo trimestre, Stellantis potrebbe spostare parte della produzione per aggirare le incertezze legate ai dazi di Trump.

Quello che si sta delineando, giorno dopo giorno, è un lento ma costante arretramento dell’industria automobilistica italiana da parte di Stellantis. Un processo silenzioso, a tratti mascherato da annunci su nuovi modelli, ma che nei fatti impoverisce i territori, disperde competenze e mette a rischio migliaia di famiglie. Serve una risposta forte, ora. Prima che la fuga diventi definitiva.

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