Il settore delle costruzioni e delle infrastrutture è ripartito così come i prezzi di ferro, legno, plastica e petrolio. Un trend che preoccupa intere filiere produttive alle prese con margini sempre più compressi.
Come nel gioco del Monopoli, le imprese delle costruzioni hanno pescato l’ennesima carta degli imprevisti.E questa volta si tratta di un fenomeno davvero inaspettato: il rincaro delle materie prime. Un tornado che ha già colpito tanti settori economici ma che, nel caso delle costruzioni, può avere conseguenze negative non solo sulle aziende ma anche sul piano di rilancio dell’economia post Covid messo a punto dal governo.
A lanciare l’allarme è l’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili, che in un documento avverte: «I rialzi dei prezzi delle materie prime andranno a ridurre ulteriormente i margini delle imprese, già fortemente compressi nel 2020, con il conseguente pericolo di un blocco generalizzato dei cantieri, nonostante gli sforzi messi in campo dalle imprese per far fronte agli impegni assunti». Non solo: «Questi rincari eccezionali rischiano di frenare gli interventi già in corso e quelli previsti dal Recovery Plan, qualora non si intervenga tempestivamente».
Le materie prime a cui fanno riferimento le imprese di costruzioni sono metalli, materie plastiche, calcestruzzo, petrolio, bitumi. Per esempio, tra novembre 2020 e aprile 2021 il ferro per cemento armato ha subito un aumento del prezzo del 117 per cento dovuto a un boom della domanda del settore delle costruzioni in Cina, che da sola rappresenta oltre il 50 per cento della produzione e del consumo mondiale dell’acciaio. Tra novembre 2020 e febbraio 2021 i polietileni sono aumentati del 40 per cento, il rame del 17 per cento, il petrolio del 34 per cento e il bitume del 15 per cento. Anche per il cemento si segnalano aumenti del 10 per cento circa. Non è un problema solo italiano. Nel Regno Unito si registra l’impennata dei prezzi di legno e compensato (+20 per cento) e di ghiaia-sabbia-argilla (+19). In Francia Olivier Salleron, presidente della locale associazione dei costruttori, ha segnalato aumenti dei costi del 4 per cento per l’alluminio, del 6,5 per piombo-zinco-stagno, del 10,3 per il rame, del 30 per cento per i prodotti in poliuretano. Rincari che si accompagnano ad una sempre maggiore difficoltà di reperimento di queste forniture.
Perciò Salleron ha chiesto al ministro dell’Economia francese di intervenire tempestivamente, in quanto i consueti meccanismi di revisione dei contratti non sarebbero una risposta adeguata alla situazione straordinaria che il settore sta vivendo. L’impressionante cavalcata delle materie prime sta mettendo in seria difficoltà le imprese di costruzioni impegnate nella realizzazione di commesse, sia pubbliche, sia private, aggiudicate nei mesi precedenti ai rincari stessi.
E getta un’ombra sui nuovi lavori da iniziare. «La grande preoccupazione che avvertiamo, e che abbiamo esternato a tutti i ministri interessati, è che questo aumento dei prezzi dei materiali possa pregiudicare fin da adesso la realizzazione delle opere sia in corso sia future» dice Gabriele Buia, presidente dell’Ance. «Per i contratti in corso, che naturalmente non tenevano conto di un aumento dei costi così straordinario, l’impresa può mettere in pericolo la propria continuità aziendale; per le prossime opere, in particolare quelle pubbliche, chi si è aggiudicato un contratto magari un anno fa, basato su prezzi vecchi, potrebbe rinunciare a fare i lavori. Il risultato è doppiamente negativo: molte aziende potrebbero non farcela e molte opere infrastrutturali già appaltate non potranno iniziare».
Sul fronte dei privati, e in particolare delle ristrutturazioni edilizie che beneficiano dei vari bonus, le richieste delle imprese di adeguare i preventivi ai nuovi prezzi potrebbero essere interpretate in modo errato, come un tentativo di lucrare. «Mi auguro che i committenti privati e pubblici comprendano che questi aumenti non dipendono dalla volontà delle imprese» aggiunge Buia.
Certo è che le imprese di costruzioni non sono particolarmente fortunate: prima si sono beccate la crisi del 2010 con la stretta dei finanziamenti da parte delle banche, il rallentamento delle costruzioni e il blocco degli investimenti pubblici. Quando finalmente vedevano la luce alla fine del tunnel con l’arrivo delle nuove opere pubbliche e il superbonus del 110 per cento, gli è piombato addosso l’aumento delle materie prime.
«Abbiamo centrato tutte le peggiori congiunture astrali che ci potevano capitare» ammette sconsolato Buia. «Dalla crisi del 2010 abbiamo visto chiudere 130 mila imprese del settore delle costruzioni registrate nelle Camere di commercio. La mazzata più forte ha colpito le aziende medie, quelle dai 10 ai 50 dipendenti. E dopo anni di difficoltà i bilanci delle imprese di costruzioni più grandi non sono particolarmente floridi: per le aziende che realizzano opere pubbliche la redditività è pari allo 0,1 per cento del fatturato».
Alle difficoltà delle imprese di costruzioni si aggiungono quelle denunciate dalla società dell’arredamento: la Federazione legno e arredo riferisce che legnami, vetro, vernici, metalli, poliuretani, ferramenta continuano a rincarare, e il timore è che così vengano vanificati tutti gli effetti positivi legati agli incentivi varati dal governo.
Ma è una fiammata che presto si spegnerà o il balzo delle materie prime durerà a lungo? Secondo Stefano Valente della società svizzera di investimenti Abalone, siamo all’inizio di un nuovo periodo di prezzi alti: «Negli ultimi 100 anni abbiamo assistito a quattro cosiddetti super cicli delle materie prime. L’ultimo è iniziato nel 1996 e ha raggiunto il suo apice nel 2008, dopo 12 anni di espansione. La crisi finanziaria iniziata nello stesso anno, ha poi determinato un lungo e graduale declino del settore. Nonostante la richiesta di materie prime non sia mai calata, a causa della continua espansione della domanda asiatica, i prezzi hanno vissuto un periodo di contrazione importante». Oggi invece «ci troviamo di fronte all’inizio di un nuovo super ciclo delle materie prime».
Previsione che trova conferma, almeno per quanto riguarda l’acciaio, nel documento «European Steel review» di aprile firmato dalla società britannica di analisi Meps: si ipotizza un andamento crescente delle quotazioni fino alla prima metà del 2021, cui seguirà un ridimensionamento a partire dalla seconda metà.
Ma i prezzi resteranno comunque ancorati a livelli molto elevati. Insomma, anche la carta «probabilità» non è molto incoraggiante per i costruttori.