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Conti correnti: a chi fanno gola 1.900 miliardi di depositi

Conti correnti: a chi fanno gola 1.900 miliardi di depositi

La liquidità che gli italiani tengono ferma in banca continua a crescere. Così come il timore di una patrimoniale per finanziare il boom del debito pubblico.


Borse in rialzo da quasi un anno, aziende quotate che fanno a gara a ricomprarsi le azioni, oro ai massimi storici, spread ai minimi dal marzo 2016, conti correnti che esplodono di liquidità. Gennaio 2021, benvenuti nel migliore dei mercati possibili. Si ricomincia da dove si era terminato, nonostante i governi parlino apertamente di fase 3 per la pandemia cinese e navighino nettamente a vista.

Ma c’è qualcosa che non torna, quando i mercati finanziari vanno alla grande e l’economia reale soffre. Mentre gli italiani che fanno? Come tante formichine, aumentano i soldi fermi sul conto corrente, pronti a fronteggiare in contanti qualunque emergenza o calamità venga annunciata in tv dal Duo disgrazia, Giuseppe Conte e Rocco Casalino. Peccato che così crescano gli appetiti sui loro risparmi, a cominciare dal governo e dai partiti della sinistra, che aspettano il momento propizio, tra un Dpcm e l’altro, per piazzare la zampata finale della tassa patrimoniale. Il tutto, è facile prevedere, preceduto da una campagna furbetta contro la liquidità «egoista», la nuova frontiera del politicamente corretto dopo «la lotta al contante».

Il mondo alla fine del mondo, cioè il Giappone. L’anno nuovo è iniziato con un paradosso. I Buoni del Tesoro a 10 anni del Portogallo hanno fatto segnare interessi negativi (ma era già accaduto a dicembre), nonostante un debito pubblico al 136% del Pil, inferiore solo a quelli della Grecia (che marcia verso il 200%) e dell’Italia (166%). Nel 2020, il prodotto interno del Portogallo è sceso dell’8,8% (dice Fitch), eppure i titoli del debito pubblico di Lisbona sono evidentemente considerati dai mercati più sicuri dell’oro, bene rifugio per antonomasia che nel 2020 è salito del 13,5%.

Ci avevano insegnato che quando le Borse vanno male, l’oro sale e viceversa. Qui invece, da marzo in poi, stanno risalendo tutti gli indici, da Milano a Wall Street, passando ovviamente per i furbetti di Pechino. Gran parte di questi fenomeni, almeno in Europa, è spiegata con gli acquisti massicci di titoli pubblici e privati da parte della Bce, che sta iniettando liquidità nel sistema anche sotto la guida di Christine Lagarde, dopo averlo fatto in grande stile con Mario Draghi.

Ma se guardando all’Era Covid verrebbe da dire che l’ombra della Cina si sta allungando sull’Europa, basta mettere in fila segnali come inflazione bassa, tassi a zero o negativi, stagnazione economica, aumento dei soldi «fermi», crescita della diseguaglianza economica e rafforzamento delle élite, per ribattere che invece stiamo diventando come il Giappone, da oltre 20 anni ostaggio della famosa «trappola della liquidità» spiegata da John Maynard Keynes.

Il prezzo della paura. Nel novembre del 2011, con Silvio Berlusconi che non voleva mollare Palazzo Chigi, lo spread con la Germania sfondò quota 550 punti. Nell’agosto del 2019, quando Giuseppe Conte sostituì la Lega con il Pd per tenersi la poltrona, schizzò immediatamente oltre i 220 punti. In queste settimane di fibrillazione politica, con Matteo Renzi che ha fatto traballare il Conte bis, il differenziale di rendimento tra i Btp a 10 anni e gli omologhi Bund tedeschi galleggia ad appena 110 punti. Se si arriva indenni al Festival di Sanremo, è andata anche questa.

Eppure, produzione industriale e consumi sono nuovamente in stallo e il famoso «debito pubblico più alto del mondo» non ha fatto che crescere, passando dai 1.842 miliardi che ci ha lasciato il Cavaliere ai 2.587 miliardi sui quali dorme il sedicente avvocato del popolo. E nel pieno di un secondo lockdown che il governo allunga di settimana in settimana, mentre gestisce la campagna di vaccinazioni più lenta d’Europa, quella ventina di milioni di italiani che lavora nel privato (15,7 milioni) e non ha il posto fisso (4,6 milioni di partite Iva) o la pensione, disinveste e tiene i soldi fermi sul conto. Non sia mai che toccasse chiedere un prestito, nonostante i tassi a zero.

Secondo i dati di Banca d’Italia, alla fine di un annus horribilis la ricchezza di famiglie e imprese sui conti correnti era pari a oltre 1.900 miliardi. Con i 122 miliardi in più che famiglie e imprese hanno lasciato fermi in banca tra settembre 2019 e settembre 2020 si sarebbero potute fare tre sonore pernacchie (3,38 per la precisione) ai 36 miliardi del Mes con i quali il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e gli ex premier in cerca d’autore Matteo Renzi, Paolo Gentiloni ed Enrico Letta, non vedono l’ora d’incaprettare i futuri governi italiani ai voleri di Bruxelles.

E visto che i famosi 200 miliardi del Recovery fund arriveranno in comode rate annuali e a partire da chissà quando, Dio solo sa quanto farebbero comodo al governo anche solo quei 122 miliardi di euro. Per carità, basta guardare le stime di crescita dei grandi gestori di patrimoni, come Banca Generali, Fineco o Mediolanum, per capire che questi soldi non fanno gola solo a Conte e Gualtieri.

Ma c’è una piccola differenza: depositi amministrati e gestioni professionali sono frutto di libere scelte, non di pubbliche confische. La tentazione di sempre. Il colpo di mano sui patrimoni sopra i 500.000 euro (case comprese) è solo rimandato, in attesa di tempi più propizi. L’emendamento alla legge di Bilancio spuntato il 3 dicembre, firmato da Nicola Fratoianni (Leu) e Matteo Orfini (minoranza Pd), ma in linea con altre proposte simili avanzate anche da Pierluigi Bersani e Guglielmo Epifani, è stato ritirato solo dopo le polemiche sui giornali.

Movimento 5 stelle e Pd si sono affrettati ad affermare che l’emendamento non rispecchiava la posizione del governo, ma basta rileggere che cosa dichiarava in tempi non sospetti, il 23 novembre scorso, il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta (Pd, ex Cisl), grande esperto di giochi e tabacchi. Per Baretta, sempre in sella con Letta, Renzi, Gentiloni e Conte, «dobbiamo assolutamente evitare una patrimoniale. Siamo in grado di farlo nella misura in cui questo eccesso di liquidità venga impiegato, muovendo gli investimenti». Insomma, se ci comportiamo bene, forse la scampiamo.

Visionari o previdenti? Certo, la liquidità in eccesso è spesso un fenomeno negativo. Alla vigilia di Natale, su Lavoce.info, gli economisti Rony Hamaui e Tommaso Di Tanno hanno spiegato come la patrimoniale, dal punto di vista teorico, abbia «indiscutibili vantaggi» perché «la ricchezza è distribuita in una maniera molto più iniqua del reddito». Ma hanno anche sottolineato come all’atto pratico si scontrerebbe con «gravi difficoltà di accertamento». Un esempio per tutti sono le partecipazioni societarie in Italia e all’estero, a cominciare dal dilemma di come attribuire un valore oggettivo a un dato pacchetto azionario.

Ma anche con questa spada di Damocle, gli italiani restano liquidi. Sono regrediti ai tempi della nonna che teneva i risparmi sotto il materasso? Non esattamente. Innanzitutto c’è sempre il timore di una stretta creditizia in arrivo, anche per il terrorismo di marca covidiota. E lo dicono i banchieri. Nel 2021 rischiano di scattare nuove norme europee su conti in rosso e l’obbligo, per le banche, di mettere subito a sofferenza i crediti un minimo problematici («calendar provisioning»). L’allarme lo ha lanciato l’11 settembre Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, in un’audizione alla Camera nella quale ha avvertito che «il “calendar provisioning”, nell’era post Covid, è come una bomba atomica». E Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, negli ultimi mesi ha ripetuto una dozzina di volte che le nuove norme Ue sono «un boomerang».

E poi ci sono le pensioni… Oltre alla paura di dover chiedere anche un solo euro in più alle banche, pesa la minaccia sempre latente di un ennesimo intervento sulle pensioni, timore che deprime i consumi. Dunque ci sono milioni di cittadini che tengono sul conto anche solo 20.000 euro per possibili spese sanitarie, oltre al fatto che con questo mercato immobiliare dover vendere un appartamento rischia di rivelarsi un bagno di sangue. E ancora, chi non ha la fortuna di un reddito fisso da lavoro o da pensione, per non finire in rosso con la banca deve avere 5-10.000 euro sul conto, in modo da ammortizzare i consueti ritardi nei pagamenti di fatture, stipendi e perfino ammortizzatori sociali.

La soglia di povertà, oltre la quale sono già cinque milioni e mezzi di italiani (fonte: Caritas), fa paura a quel che resta del ceto medio. Insomma, l’eccesso di liquidità sembra un cane che si morde la coda, ma in realtà è un gigantesco voto di sfiducia degli italiani a chi li governa.

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