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L’inconveniente del riarmo: le materie prime

L’inconveniente del riarmo: le materie prime

In Occidente si invocano investimenti nella Difesa, senza considerare le risorse necessarie per attuarli. Che sono sotto il controllo di «avversari geopolitici»: Russia e Cina.


Lungimiranza. Questa è, o dovrebbe essere, la parola d’ordine all’interno delle cancellerie europee per impostare la pianificazione economica del futuro prossimo. La Nato, infatti, intende passare dagli attuali 1.103 miliardi di dollari l’anno in investimenti nella difesa a quasi 2 mila miliardi l’anno. Mentre l’Italia passerà dai 25 miliardi attuali (68 milioni al giorno) fino a 38 miliardi (104 milioni al giorno), secondo i dati forniti dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini.

La guerra in Ucraina ha messo a nudo le mancanze dei governi quanto a capacità di previsione sull’impostare una filiera sostenibile per l’industria pesante, e sulla programmazione di acquisti, data l’evidente scarsità di materie prime nel territorio europeo, in particolare dei metalli (imprescindibili per i sistemi d’arma).

E c’è un ulteriore problema, tutt’altro che di poco conto. Molte di queste risorse sono rarissime: quelle considerate rilevanti per le applicazioni di difesa sono circa 37, 18 delle quali sono però oggi concentrate quasi esclusivamente in Cina e in altri 14 Paesi con cui Pechino ha forti relazioni diplomatiche ed economiche, come Russia e Paesi della «Bri», ovvero la Belt & Road initiative (cioè la Nuova Via della seta).

Poiché la Cina è il produttore mondiale di ben il 58% delle materie identificate come strategiche per le applicazioni di difesa (droni, carri armati, navi, missili…), il rischio di interruzioni nell’approvvigionamento o di rialzo smisurato dei prezzi è direttamente proporzionale allo stato delle relazioni diplomatiche con il gigante asiatico.

Le pratiche commerciali sleali e le sovraccapacità della Cina, lo hanno imparato gli americani per primi, minacciano di sopraffare la restante base industriale europea per la produzione di metalli in diverse aree strategiche, che si assottiglia sempre più (si pensi al caso dell’ex Ilva di Taranto per l’acciaio).

Per sostenere l’industria metallurgica nazionale, la Cina ha sovvenzionato in modo aggressivo l’estrazione interna di metalli e altri materiali strategici attraverso il piano industriale «Made in China 2025», sviluppando sovraccapacità per diversi metalli, in particolare alluminio, silicio, tungsteno e piombo, con ulteriori attese in futuro. Grazie a ciò, già oggi può determinare l’andamento del mercato globale.

Pertanto, senza adeguati strumenti di difesa commerciale e altri per affrontare le distorsioni commerciali e la carenza di approvvigionamento nel mercato dell’Ue, esiste il rischio reale che l’Europa perda non solo l’indipendenza (parola magicamente tornata in auge come conseguenza della crisi ucraina) ma anche un’adeguata capacità di produzione di materie strategiche nel prossimo decennio.

Alcuni metalli cinesi – esempio, indio e gallio – sono sempre più importanti per la realizzazione di semiconduttori, una pietra miliare delle industrie high tech di oggi: «I semiconduttori e la loro fabbricazione sono sempre più considerati come un imperativo geopolitico» rileva Giovanni Brussato, ingegnere minerario e autore del libro Energia verde? Prepariamoci a scavare (edizione Montaonda). «Il destino dei semiconduttori e delle terre rare è intrecciato e legato a questa crescente corsa globale per la tecnologia e la leadership industriale. Non è un caso che, nel 2019, il presidente cinese Xi Jinping abbia minacciato di tagliare le importazioni di terre rare come rappresaglia contro l’opposizione degli Stati Uniti a Huawei e la disputa in corso sui semiconduttori, accelerando in ultima analisi le contromisure di Washington per ridurre la propria vulnerabilità».

Alcuni esempi nel settore della difesa: cobalto e nichel sono utilizzati il primo nei motori elettrici e sensori, il secondo nelle superleghe a base di nichel, indispensabili nelle applicazioni aeronautiche. Pure in questo caso, «la filiera produttiva è controllata in larga parte dalla Cina attraverso accordi con i governi della Repubblica democratica del Congo e dell’Indonesia, dove peraltro è stato introdotto il bando alle esportazioni del minerale arricchito.

Anche la Russia controlla importanti quote della filiera produttiva di nichel e cobalto a livello globale». Il caso del gallio è ancora più esemplare: «Il nitruro di gallio è la base in molte applicazioni nel settore della difesa come comunicazioni, visione notturna, radar e satelliti. La Cina produce oltre il 95% del gallio grezzo del mondo e solo l’azienda di telecomunicazioni Huawei ha depositato più di 2.000 brevetti per applicazioni di nitruro di gallio» sottolinea Brussato.

Questo dimostra come anche nelle tecnologie militari la Cina abbia ormai un vantaggio quantitativo in termini di brevetti rispetto agli Stati Uniti. «Il nitruro di gallio è un vero “game changer” – un asso nella manica – per le comunicazioni aerospaziali e militari, nei radar e nei dispositivi per la guerra elettronica. I vantaggi offerti rispetto al silicio sono una maggiore efficienza a una tensione più elevata, perché si tratta di un semiconduttore in grado di amplificare in modo efficiente segnali a radiofrequenza ad alta potenza per migliorare la portata di un sistema d’arma». Insomma, meno elettricità e più efficacia.

Così come è molto richiesto il germanio per i sistemi di visione notturna, per specifiche applicazioni nei sistemi radar e negli spettroscopi a infrarossi. «Il principale produttore è ancora Pechino, con circa il 60%, mentre l’Ue se ne procura il 51% dalla Finlandia, che ne detiene il 10% delle intere risorse mondiali. Il restante è importato principalmente dalla Cina».

Discorso a parte meritano le terre rare, e soprattutto le «terre rare magnetiche» come neodimio, praseodimio, terbio e disprosio. È soprattutto nelle tecnologie militari che questi elementi trovano ampio utilizzo: «Ne servono oltre 400 chilogrammi per un caccia F-35 e oltre quattro tonnellate per un sommergibile della classe Virginia» conferma Brussato. «L’utilizzo di questi magneti è fondamentale in settori come la robotica e nel volo autonomo mediante i droni, per visori notturni e armi a guida di precisione». Nove volte su dieci, di nuovo, sono materie importate dalla Cina.

Da ultimo, il tungsteno, in cima alla lista dei minerali strategici con il più alto rischio di esaurimento: è utilizzato come lega nella costruzione di corazze per aerei ed elicotteri da combattimento, carri armati e missili, oltre che in ambito navale. Ed è indispensabile nella costruzione di cariche cave, proiettili progettati per penetrare armature e scudi protettivi. La maggior parte del tungsteno, neanche a dirlo, viene estratto dalle miniere in tutta l’Asia e la Cina ha il dominio sulla fornitura globale.

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