E se i mercati finanziari si fossero trasformati in un grande spettacolo, simile a un reality show televisivo? È uno spettacolo guardato con molta partecipazione migliaia di persone che sperano di arricchirsi comprando e vendendo frazioni di bitcoin con il semplice movimento del pollice sullo schermo dello smartphone. Negli Stati Uniti questo fenomeno viene definito “gamification”, un termine che suggerisce di trattare l’intera faccenda come un gioco. Ed in effetti questa settimana è sembrato veramente di assistere ad un gigantesco videogame che migliaia di miliardi che apparivano e sparivano come fossero fantasmi digitali. 5.200 di dollari bruciati dal giorno del “Liberation day” titolavano i giornali prima del grande recupero di ieri. In gran parte si tratta di perdite e di guadagni virtuali. Se non vendi quando mercato cade non perdi nulla. Altrettanto se tieni i titoli in cassaforte quando sale non guadagni nulla. Tutto virtuale tranne per i soliti noti che conoscevano in anticipo le decisioni della Casa Bianca. Il cerchio magico del presidente Trump è pieno di miliardari (a cominciare da Elon Musk) o di ex gestori di fondi hedge come il segretario al Tesoro Scott Bessent che in gioventù è stato anche socio di George Soros. Come escludere che i loro patrimoni siano un po’ più robusti di una settimana fa?
Quello di ieri è stato davvero pazzesco: Donald Trump ha annunciato nel bel mezzo di una seduta a Wall Street che avrebbe rinunciato per 90 giorni alla maggior parte dei dazi annunciati una settimana prima, aumentando invece quelli sulla Cina al 125%. Questa notizia bomba ha provocato un’orgia rialzista a Wall Street. Il Nasdaq ha chiuso in rialzo del 12% e l’S&P 500 del 9,5%. Per una volta, il proverbio si è invertito: la caduta ha preso le scale saltando qualche gradino, ma l’ascesa ha preso un ascensore con gli steroidi.
L’amministrazione Trump ha cercato di presentare le sue azioni come una strategia calcolata, un’abile manovra per mettere all’angolo la Cina. Tuttavia, in un raro momento di candore, lo stesso Donald Trump ha ammesso di aver adottato un approccio più pragmatico, spinto dalla crescente ansia dell’opinione pubblica. Naturalmente, ha comunque dichiarato la vittoria: certe cose non cambiano mai. Carsten Brzeski, capo economista di ING, paragona ironicamente questo cosiddetto trionfo alla celebrazione della vittoria della nazionale di calcio contro San Marino. “Senza offesa per San Marino”, ironizza, “ma rende l’idea”. Nonostante la mancanza di negoziati con partner commerciali chiave come Messico, Canada, Cina e Unione Europea, la danza della vittoria dell’amministrazione sembra un po’ prematura.
Più seriamente, questa mattina ci sono centinaia di articoli nella stampa finanziaria e generale sulle ragioni di questa inversione di tendenza. Personalmente non ho informazioni particolari. Ragionevole pensare che le pressioni dirette di Elon Musk e degli ambienti economici, il dissenso interno e il rapido deterioramento di alcuni settori del mercato abbiano indotto la Casa Bianca a fare marcia indietro. Il fatto che l’annuncio sia stato fatto nel bel mezzo della sessione borsistica non è stato proprio il massimo dell’eleganza.
Stamattina i mercati europei sono partiti alla carica: Milano e Francoforte più 6%, Parigi più 5%, Londra più 4%.
Nello specifico, dobbiamo abbandonare le strategie prudenti che hanno riempito le reti, il web e la stampa negli ultimi due mesi? Probabilmente no. Dopo tutto, la tensione rimane alta e lo stallo con la Cina si è notevolmente inasprito. Anche con negoziati a oltranza, l’ordine economico e politico globale è già stato profondamente sconvolto e i dazi restano in vigore: 10% per tutti e 25% su auto, acciaio e alluminio. Il futuro delle relazioni con la Cina sta tornando a essere un tema centrale e può tendere a due estremi: tutto è possibile, da un compromesso commerciale a conseguenze nefaste per il futuro di Taiwan.