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L’Istat: l’effetto Superbonus porta il deficit all’8% nel 2022

L’Istat: l’effetto Superbonus porta il deficit all’8% nel 2022

I bonus edilizi pesano come spesa pubblica direttamente nel primo anno di avvio, senza essere invece spalmati nell’arco degli anni previsti dalla detrazione

I crediti d’imposta legati ai bonus edilizi devono essere contabilizzati come spese nell’anno in cui vengono generati. La decisione di Eurostat e Istat ha dunque cambiato il trattamento contabile dei crediti fiscali derivanti dal Superbonus 110% e dal bonus facciate che devono essere considerati come indebitamento netto a carico del bilancio dello Stato per il 2020 e il 2021. Modifiche metodologiche che hanno portato ad un aumento dell’indebitamento di 2.738 milioni per il 2020 e di 32.308 milioni per il 2021. Conseguenze anche nel rapporto deficit/Pil che è passato dal 9,5 al 9,7% nel 2020 e dal 7,2 al 9% nel 2021. Cambiamento che rappresenta dunque un’importante novità dato che nelle precedenti stime entrambe le agevolazioni erano state registrate come minor gettito nell’anno di utilizzo del credito, il che coinvolgeva anche l’anno in corso e dunque la capacità di spesa dell’attuale governo. Motivazione che ha spinto l’Esecutivo ha bloccare, da un giorno all’altro la cessione dei crediti e lo sconto in fattura. Decisione, che nonostante il contesto dipinto in precedenza da Istat ed Eurostat, non rappresenta una motivazione sufficiente, secondo a dg di Confindustria, Francesca Mariotti, per “validare le modalità con cui è stato attuato il repentino blocco delle operazioni di sconto in fattura e cessione”. Far venir meno “in poche ore una disciplina, già in parte depotenziata nelle aliquote agevolative e su cui facevano affidamento numerose famiglie, prima ancora che numerose imprese, non è una buona prassi”. Sicuramente precisa Confindustria l’urgenza dell’intervento normativo è stata motivata da una preoccupazione per la dimensione economica assunta dai bonus. Alla data del 31 dicembre 2022, i crediti di imposta derivanti dalle opzioni di sconto in fattura e cessione del credito ammontano già a circa 105 miliardi di euro e si prefigura un loro possibile incremento. I dati, sottolinea, Mariotti vanno però esaminati nella loro complessità. “Questi crediti d’imposta hanno agevolato lavori che in larga parte non sarebbero stati eseguiti e hanno portato nelle casse pubbliche entrate fiscali derivanti da queste attività”. Risvolti positivi ci sono poi stati, secondo la relazione di Mariotti, sia “in termini di occupazione nel settore edilizio che sull’occupazione in generale: +213 mila occupati in più nel 3 trimestre 2022 rispetto a fine 2019”.

Dati importanti che fanno capire il peso del settore dell’edilizia sulla crescita complessiva dell’Italia e su cui il governo sta ragionando. Le ultime due settimane sono infatti state caratterizzate dai primi incontri tra Mef e associazioni del settore per cercare di risolvere, come primo step, il problema dei crediti incagliati pari a 19 miliardi che, sottolinea l’Ance, se non pagati mettono a rischio 115.000 cantieri di ristrutturazione, oltre 32.000 imprese e 170.000 lavoratori. Attenzione la si sta dando anche ai nuclei familiari con redditi bassi (15.000 euro l’anno) e per la ricostruzione post terremoto. Categorie per la quale si sta pensando di reintrodurre la cessione del credito. Spazio infine, precisa il Mef, sarà dato anche ai bonus edilizi minori (bonus mobili, ecobonus, sisma bonus, bonus acqua e verde): “L’idea è quella di andare a riformare in modo sistematico tutti i bonus edilizi in modo da dare certezza e sicurezza alle imprese”. Lavori su cui il governo non ha intenzione di tornare indietro. Il Mef ha infatti fatto sapere di prendere atto delle decisioni di Istat ed Eurostat ma di non voler ritornare sui propri passi in merito allo stop alla cessione del credito e lo sconto in fattura. “Il governo con trasparenza, coerenza e responsabilità è impegnato ad assicurare un’uscita sostenibile da misure non replicabili nelle medesime forme”. La correzione delle norme sui bonus edilizi “è stato l’indispensabile presupposto a tutela dei conti pubblici per il 2023, invertendo una tendenza negativa certificata oggi dall’Istat”. Parimenti il governo è al lavoro con tutti i soggetti interessati per risolvere il grave problema di liquidità finanziaria delle imprese ereditato da imprudenti misure di cessione del credito non adeguatamente valutate nei loro impatti al momento della loro introduzione”, conclude la nota.

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