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Scuola, chi ci guadagna con il caro-libri

Scuola, chi ci guadagna con il caro-libri

Anche nel 2023 la spesa per I testi scolastici è sempre più elevata: ogni studente spende in media 500 euro per quelli obbligatori (con un + 4 per cento rispetto all’anno precedente). Peccato che, per giustificare i «nuovi» volumi, ci si limiti spesso a pochi ritocchi grafici o a qualche trovata tecnologica senza cambiare sostanzialmente il contenuto. È un mercato editoriale da circa un miliardo di euro in mano a pochi gruppi, contro il quale si stanno muovendo consumatori e famiglie.


Come sempre, puntuale a ogni autunno, si ripresenta il tema del caro libri scolastici. Colpa non solo dell’aumento del costo della carta e dell’inflazione. Da quando nella scuola sono entrate le nuove tecnologie, la vita dei testi si è accorciata. Fino a qualche anno fa bastava una modifica alla grafica o qualche illustrazione in più per giustificare una nuova edizione. Ora gli editori cavalcano la moda digitale e sfornano prodotti dalla veste sempre più accattivante. Il contenuto che in molte materie è immutabile (la storia dell’antica Roma è sempre la stessa), sembra passare in secondo piano. Si è cominciato con i dischetti allegati al libro, da inserire nei computer, sostituiti da codici digitali per una lettura anche su tablet o smartphone.

In tutto ciò, non mancano stravaganze. È il caso dei libri per l’educazione fisica. Le scuole cadono a pezzi, le palestre sono spesso inagibili, ma qualche insegnante sente la necessità di far acquistare alla classe un libro sulla ginnastica. Amazon ha un ampio catalogo, segno che c’è mercato. Un testo molto adottato è Let’s move – star bene insieme con «espansione online» è precisato, destinato alle medie. Ai ragazzi si propone «un corso incentrato sull’esperienza e la scoperta di sé stessi, delle proprie capacità e limiti», la conoscenza del «linguaggio del corpo come modalità comunicativo-espressiva». Prezzo: 18 euro. Quanti lo leggeranno?

Angela Nava, presidente del coordinamento Genitori democratici, punta il dito contro il continuo rinnovo di uno stesso libro. «Gli editori dovrebbero spiegare perché ogni anno c’è una nuova edizione quando, spesso, cambiano solo gli esercizi». E, come sottolinea, sono facilmente assecondati dagli insegnanti: «I testi sono fatti in modo da agevolare sempre di più i docenti». Mentre in passato il professore doveva preparare la lezione nel dettaglio, esercizi compresi, ora la trova in gran parte pronta. Federconsumatori ha calcolato per ogni studente una spesa media attorno a 500 euro (alle superiori si superano i 695 euro) per i testi obbligatori più due dizionari, con un aumento rispetto al 2022 del 4 per cento. Paolo Notaringola, coordinatore nazionale della Rete degli studenti medi, osserva che «anche se tendenzialmente gli aumenti sembrano pochi, circa due euro a testo, si moltiplicano e vanno a impattare sulle famiglie già colpite dal caro-vita». Fa alcuni esempi. Alle medie, un saggio di scienze, che nel 2022 costava circa 22 euro oggi è aumentato di tre euro. Così i libri di italiano sono passati da 18 a 20 euro e quelli di storia dell’arte da 26,80 a 30,5.

E le statistiche non tengono conto, precisa Nava, che oltre ai volumi obbligatori, «ci sono quelli facoltativi, ma caldeggiati dai docenti, e quelli per le vacanze». L’Associazione italiana editori (Aie) si difende: «Gli aumenti sono sotto l’inflazione. Per i testi delle medie è +3,04 per cento e per quelli delle superiori +3,42 rispetto all’anno precedente». Eugenio Franti, responsabile Hoepli scuola, afferma che «le nuove edizioni si cambiano per le necessità che vengono dal mondo della scuola, come la modifica di linee guida delle materie o per aggiornamenti tecnologici. Hoepli in particolare, editore leader nel settore tecnico e professionale, deve seguire l’evoluzione delle tecnologie». I tetti di spesa sono definiti da un Decreto ministeriale (numero 781) del 2013 e da allora non sono stati più aggiornati. Il limite vigente per le superiori è a 294 euro per la prima classe, 117 per la classe seconda e 132 euro per la terza classe. L’eventuale superamento del tetto è consentito entro il limite massimo del 10 per cento, ma dev’essere approvato dal collegio docenti (il «parlamentino» della scuola).

Di norma i testi non dovrebbero essere cambiati prima di sei anni ma, come spiega Claudia Di Pasquale, presidente dell’Age, Associazione italiana genitori, il turnover dei docenti è frequente e il nuovo arrivato ci tiene ad adottare qualcosa di diverso. «La soluzione sarebbe la totale gratuità dei testi» afferma. Come accade in Francia, dove sono a carico dell’istituto. L’editoria scolastica è un settore ricco. Conta un giro d’affari di circa un miliardo di euro, quasi un terzo dei tre miliardi del comparto librario complessivo, secondo i dati pubblicati dalla stessa Aie. Mondadori, dopo l’acquisizione a dicembre 2021 della diretta concorrente De Agostini Scuola, e avendo al proprio interno altre due solide case editrici di settore quali Mondadori Education e Rizzoli Education, è leader indiscussa dei libri di scuola. Il comparto è in mano a pochi gruppi che gestiscono tra il 75 e l’80 per cento dei volumi destinati a medie e superiori. Dopo la casa di Segrate troviamo Pearson Italia e Zanichelli. Il meccanismo di vendita è diverso da quello dell’editoria generalista. Non si fanno campagne pubblicitarie e la scelta non è in mano a chi paga, ovvero le famiglie, ma sono gli insegnanti che valutano i cataloghi presentati dai fornitori editoriali, sorta di agenti di commercio.

L’Antitrust (Agcm) nel dicembre 2020 ha ricostruito questa concentrazione del mercato, accendendo i riflettori sulle cosiddette «clausole di gradimento», che secondo il Garante sarebbero state applicate dalle quattro principali case editrici scolastiche, De Agostini Scuola, Mondadori Education e Rizzoli Education, Pearson Italia e Zanichelli negli accordi con i promotori. Queste attribuivano all’editore la facoltà di autorizzare o meno l’agente di commercio a rappresentare una casa differente da quella con cui aveva un contratto. L’esito fu che l’Aie e l’Anarpe (Associazione agenti rappresentanti promotori editoriali) nel 2021 abrogarono in modo spontaneo, nell’Accordo collettivo del 2017, il divieto di concorrenza a carico del promotore editoriale scolastico.

Dall’analisi dell’Antitrust emerge un mercato caratterizzato da «scarsa dinamicità ed elevata concentrazione», con un numero di operatori stabile nel tempo e con le stesse quote di mercato. Dal 2018 al 2020 i primi quattro gruppi sono rimasti inchiodati rispettivamente a: 25-30 per cento Zanichelli, 20-25 per cento il Gruppo Mondadori, 10-15 per cento Pearson e altrettanto De Agostini Scuola. L’Agcm rileva che le scarse potenzialità di crescita della domanda, a causa del crollo demografico, «sono meramente riconducibili alla scelta degli insegnanti di sostituire i testi in uso». Quindi cambiare le edizioni è il cuore del business. Questo mercato che sforna «novità» ogni anno e con insegnanti così attenti alle innovazioni didattiche, dovrebbe produrre una generazione di studenti super preparati. Peccato che, come lamentano tanti docenti universitari, talvolta i ventenni abbiano serie difficoltà persino ad analizzare un testo.


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