Nel 2020, i cinque del Big tech hanno fatturato, in totale, oltre mille miliardi di dollari. Mentre in Cina la produzione industriale è cresciuta del 42 per cento. Ma anche in Italia, per tanti settori è stata un’ottima annata.
Ventiventi, una splendida annata. Nel primo anno della pandemia cinese, i Big tech, ovvero Apple, Amazon, Google, Facebook e Microsoft, hanno fatto il pieno di utili e tutti insieme hanno sfondato il muro dei mille miliardi di dollari di fatturato. Da marzo dello scorso anno a oggi, il drappello dei 10 uomini più ricchi del pianeta, guidato da Elon Musk, Jeff Bezos e Bill Gates, ha visto crescere il proprio patrimonio del 62 per cento a quota 1.181 miliardi di dollari. Che per inciso vale quanto il Pil del Messico, con i suoi 126 milioni di persone.
E mentre in Italia svanivano 444 mila posti di lavoro (fonte Istat), Amazon assumeva 427 mila persone, arrivando a quota 1,2 milioni di dipendenti in tutto il mondo. Quanto alla Cina, da dove tutto è partito, si è già ampiamente ripresa e da dicembre a febbraio scorso la sua produzione industriale è salita del 42,4 per cento. Per chi non crede ai complotti, o è allergico all’impostazione neomarxista in base alla quale il Covid-19 altro non sarebbe che la scusa per una ristrutturazione del capitalismo su base mondiale, questa pandemia è semplicemente una variabile impazzita che ha tagliato le gambe alcuni settori e ne ha lanciati, o rilanciati, degli altri. L’importante è capire dove tira il vento.
Mentre l’Italia vive il secondo lockdown, è impossibile ignorare che ci sono tanti ambiti della nostra economia che, per fortuna, vivono una splendida stagione. Dal risparmio gestito alla grande distribuzione organizzata, dagli oggetti per la casa agli elettrodomestici. L’Italia reclusa protesta poco e si adatta molto, come sempre.
Il mercato della prudenza. La nuova incertezza è un mix di sfiducia nel governo di turno e di speranza di essere vaccinati. Paura per nuovi tagli delle pensioni, ansia da patrimoniale e consapevolezza, se si ha un esercizio pubblico, che in attesa dei famosi sostegni o ristori ce la devi fare da solo. Sui conti correnti di cittadini e imprese cresce di mese in mese una montagna di denaro che preferisce non andare da nessuna parte. L’ultima rilevazione dell’Abi, l’associazione delle banche, segnala che a febbraio lo stock di denaro custodito in liquidità è aumentato del 10,2 per cento rispetto a gennaio e di 161 miliardi rispetto a un anno fa. Ormai siamo a quasi 2 mila miliardi di euro. L’11 marzo, un titolone di Repubblica parlava di «bomba sociale» e di prossima esplosione del problema di «questo denaro che resta fermo in attività improduttive». Dopo il contante, arriverà presto anche la demonizzazione dei soldi in banca.
Eppure, la pandemia sembra aver fatto bene anche al risparmio gestito (i famosi «soldi che si muovono»), che ha conosciuto record poco pubblicizzati, forse perchè poco utili alla narrazione allarmista dei «soldi fermi». Secondo Assogestioni, nel 2020 il patrimonio gestito ha toccato il massimo storico a quota 2.421 miliardi di euro: 1.220 miliardi investiti nelle gestioni di portafoglio e 1.201 in quelle collettive. E la raccolta netta di gennaio è stata positiva per 12,5 miliardi. Per il resto basta sbirciare i listini di Piazza Affari e controllare come sono andati in un anno i titoli dei big del settore: Banca Generali +53,7 per cento; Finecobank +87,4; Banca Mediolanum +42,1; Azimut +38,5; Anima holding +75,5. Senza dimenticare Poste italiane, che non fa solo quello, ma è comunque salita del 57,4 per cento.
Mangiare, si deve sempre. Seguire la giornata media di un italiano in tempi di zone rosse è un valido sistema per vedere dove vanno i soldi. Dei consumi online, si sa tutto e i nuovi record di Big tech sono ben pubblicizzati. Invece, per l’auto nel 2020 sono stati spesi solo 157,4 miliardi di euro, con una flessione del 20,5 per cento (fonte, osservatorio Promotec). Ma anche nei momenti peggiori, uscire di casa per fare la spesa è sempre stato consentito, anche per tenerci su di morale. E allora, nell’intero 2020, secondo Mediobanca, la grande distribuzione ha chiuso con un aumento di fatturato del 5 per cento. E tra il 7 febbraio e il 3 maggio, durante il primo lockdown, le vendite dei supermercati hanno fatto un balzo del 12 per cento. Interessante ciò che osservano gli analisti di Piazzetta Cuccia: «Il 2020 ha rappresentato un anno drammaticamente anomalo che per la Gdo ha costituito una sorta di bolla. Il comparto ha tratto vantaggio in molte sue componenti dalle restrizioni imposte al canale alberghi, ristoranti e bar, dal ricorso allo smart working e dalla diffusione di atteggiamenti di accumulazione da parte dei consumatori», anche se «limitati alla fase iniziale della pandemia». E le limitazioni a bar e ristoranti, anche secondo i dati dell’osservatorio Ismea-Nielsen, hanno favorito negozi grandi e piccoli, tanto che il 2020 verrà ricordato come un’annata record per gli acquisti di cibi e bevande, con una spesa delle famiglie salita del 7,4 per cento. E il 2021 è già partito a razzo, con un +10 per cento di gennaio.
Se l’aumento della propensione al risparmio si è riflesso in una minor spesa delle famiglie (-11,3 per cento nel 2020, secondo Prometeia), dover passare più tempo tra quattro mura ha premiato singoli segmenti dell’offerta in modo selettivo. Per esempio, il mercato dei grandi elettrodomestici (lavatrici, frigoriferi) l’anno scorso è sceso del 5,5 per cento, ma quello dei piccoli elettrodomestici (cucina e cura della persona) ha fatto un salto del 9,5 per cento (fonte, Osservatorio Findomestic).
Tutti a depilarsi e a fare centrifugati? Non solo. Mentre si sono ridotti gli acquisti di tv e cellulari (ma non online), tablet, pc, monitor e periferiche varie hanno fatto segnare un rialzo del 23,5 per cento e la spesa totale ha superato i 2,4 miliardi. Insomma, ci si è attrezzati per non sentirsi «al 41 bis».
Lucidare il mattone. Se l’edilizia mostra solo adesso qualche segnale di ripresa, grazie a incentivi green e ristrutturazioni, a vedere i dati di Assovernici (+10 per cento nel 2020, e +400 per cento di acquisti online) sembra che da marzo scorso molti italiani si siano messi a pitturare casa. Ma non solo. Negli ultimi mesi sono aumentate le vendite di materiali da costruzione, a cominciare dagli isolanti, e anche di componenti elettrici. Gli ultimi dati dell’Osservatorio immobiliare dell’Agenzia delle entrate, nell’ultimo trimestre 2020, hanno intercettato un aumento dell’8,8 per cento delle compravendite di abitazioni, con un boom di cantine, posti auto e soffitte, segno di una volontà di stare più comodi. E per tornare alle case, l’effetto Covid ha privilegiato i piccoli comuni (+11,8 per cento) rispetto ai capoluoghi (+2,9), con quotazioni in ripresa in montagna, dalla Valle d’Aosta al Trentino-Alto Adige. Abitare in zone meno inquinate è diventato un obiettivo di molti.
Tutti numeri e tendenze che si possono interpretare in vario modo e in questo, si sa, la politica è maestra. Ma confermano che la pandemia cinese è come tutte le altre grandi crisi sistemiche: più che bruciare ricchezza, la sposta. E un ottimo modo per «votare» è orientare meglio i propri consumi.