Alto tradimento. Se fosse possibile, John Elkann andrebbe “processato” e dovrebbe rendere conto di questa sua “colpa”. Alto tradimento nei confronti degli italiani, dello Stato, del fisco, degli operai e impiegati, dei tecnici e di chi ha lavorato in Fiat, dei miliardi pagati dall’Inps per la cassa integrazione e dal governo per contributi a fondo perduto per stabilimenti chiusi e oggi avvolti da polvere e ragnatele, per rottamazioni e leggi ad hoc, per la politica delle autostrade. Alto tradimento. Mentre invece il finale potrebbe avere un altro titolo: «Prendi i soldi e scappa». Glielo ha consigliato (non richiesto e con una certa ruvidezza) l’ingegnere Carlo De Benedetti che di queste cose ne intende. Aggiungendo le ragioni per cui John Philip Jacob Elkann dovrebbe al più presto togliere il disturbo dall’Italia: «È nato negli Stati Uniti, ha il passaporto americano. Se ne andrà anche lui, trasferendo sé stesso all’estero così come ha fatto con gran parte di ciò che ha ereditato e di cui si è disfatto. Ha problemi con la giustizia. Metta un oceano tra sé e i pubblici ministeri italiani». Quale località consiglia al suo collega Ingegnere, Jaki, colui che si auto-definì la «tessera numero 1 del Pd» con residenza fiscale in Svizzera (un precursore di Elly Schlein)? «Andrà a vivere a New York. Aspettate e vedrete». Nel frattempo, l’Ingegnere rivela qualche talento del suo giovane collega: «È bravo negli investimenti finanziari. È bravo quando non deve gestire nulla. Fa soldi vendendo. E investendo nel web». E qui dà una preziosa dritta: «Ad esempio ha investito sull’israeliana Via, un’azienda fantastica che gli ha fruttato tanto».
New York o Parigi, la fuga possibile
L’alternativa a New York sarebbe andare a vivere a Parigi. La consorte di Jaki, la principessina Lavinia Borromeo Arese Taverna, molto più pragmaticamente (dato che così come i tre figli non ha il passaporto americano) insiste da alcuni anni per ristrutturare il loro appartamento di Rue Fabert 46 nel VII arrondissement che venne “portato via” a Margherita Agnelli fin dal 2004, senza che sua madre Marella l’avesse informata.
Lavinia detesta Torino, la freddezza di certi ambienti, l’ipocrisia sabauda delle locali Madamine (a cominciare dalla sempre sgomitante Evelina Christillin), in primis il giro di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo che invano da cinque anni sta cercando di “catturare” la signora Elkann e di prendere il posto dell’inarrivabile Marida Recchi, vedova del grande imprenditore e madre di Gianna che, a quanto pare, era la moglie di Gianluigi Gabetti (le loro nozze sarebbero state iscritte nel registro segreto dell’Arcivescovado custodito nella cassaforte dell’attuale Cardinale Roberto Repole). Fino ad oggi la scelta di trasferirsi nella capitale francese è stata sponsorizzata anche dal migliore e unico amico di John, l’architetto e ingegnere Carlo Ratti, torinese, 54 anni, grande urbanista e professore al Mit di Boston.
I figli, la Juventus e le promesse mancate
A “impedire” la fuga da Torino finora sono stati i tre figli di Jaki e Lavinia: Leone Mosè (19 anni), Oceano Noah (18) e Vita Talita (13) giocano nelle giovanili della Juventus e in famiglia sono i veri e unici appassionati della squadra bianconera e forse la ragione vera per cui John ha detto di non voler vendere il club. L’allenatore Luciano Spalletti trema al solo pensiero che dall’alto gli arrivi l’imposizione di far giocare Leone Mosè o di portarlo in panchina …
L’ultimo appello di John sul club bianconero («Non venderemo mai. La Juventus fa parte della storia, della tradizione della nostra famiglia») suona come una delle moltissime promesse non mantenute. A parte aver offeso i giornalisti di Repubblica e Stampa che si sono sentiti «dimenticati», «emarginati» e presi in giro dopo che un paio di mesi prima erano state smentite da John trattative per una vendita che era già praticamente conclusa con l’imprenditore Theodore Kyriakou del gruppo greco Antenna, un uomo d’affari molto più interessato alle emittenti radiofoniche di Gedi che ai futuri destini e agli stipendi di Michele Serra, Corrado Augias, Concita De Gregorio, Massimo Giannini e compagnia cantante o dell’appoggio al Pd e alla Cgil di Maurizio Landini.
Repubblica, La Stampa e l’“esame” dell’editore greco
Solo l’attuale direttore di Repubblica, Mario Orfeo, uomo dalle mille risorse ed esperto navigatore anche nei mari più procellosi, potrà, se lo vorrà, essere un partner abile nel “trattare” con l’armatore greco. Una cosa è certa: nessuno darà dimissioni spontanee (a meno di lauti “scivoli” o buonuscite). E sarà curioso vedere quali “esami” dovrà superare l’invasore ellenico per dimostrare di essere – come si diceva ai tempi del Messaggero venduto da Ferdinando Perrone a Edilio Rusconi – «democratico-laico-antifascista» nel proprio Dna. A Torino stanno tremando ancora di più poiché il greco proprio non vuole saperne della Stampa che, al contrario della bella di Torriglia, nessuno «la vuole e nessuno se la piglia».
Offerte rifiutate, superbia e reputazione
E pensare che John, nel ginepraio in cui si è andato imprudentemente a mettere, ha messo in mostra una sorta di “razzismo”. Anche e perfino di fronte a chi era pronto a versargli un bel po’ di soldi. Ha liquidato con uno spregiativo «ragazzo» Leonardo Maria Del Vecchio, uno degli eredi dell’impero Luxottica che gli ha offerto la stessa cifra dell’armatore greco. In tal modo ha rifiutato perfino di prendere in considerazione l’offerta di un giovane imprenditore italiano che sicuramente avrebbe garantito a Michele Serra & C. di passare notti più tranquille e li avrebbe tolti dal precariato.
Fa specie la superbia di Jaki nel dare pagelle agli altri. Così come è avvenuto con Giancarlo Devasini, il multimiliardario inventore della criptovaluta Tether, che ha presentato un’offerta ufficiale di 1,1 miliardi per rilevare le quote di Exor nella Juventus. Si racconta che, prima di questa offerta, i due si siano incontrati per “annusarsi” ma John abbia subito inasprito i rapporti parlando di reputazione. La replica è stata durissima. Dopo di che, Devasini si è alzato e se n’è andato.
Juventus, gestione e ombre giudiziarie
Eppure, non c’è bisogno di fare molti sforzi: basta vedere come era stata gestita la Juventus del dopo-Calciopoli, la Serie B, la mancata difesa nei tribunali, la messa al bando di dirigenti come Antonio Giraudo, l’assunzione di autentici incompetenti come Jean-Claude Blanc e, anni dopo, l’emarginazione del cugino Andrea Agnelli, nonostante nove scudetti vinti. Oggi Jaki si affida di nuovo ai francesi, come Damien Comolli, nominato plenipotenziario e amministratore delegato.
Jaki si crede e si comporta da “impunito”, illudendosi che a Torino non sia ancora finito il rispetto e il potere che suo nonno incarnava. Ma la diligenza con cui la Procura ha condotto le indagini contro John, Lapo e Ginevra Elkann e contro il commercialista Gianluca Ferrero ha portato all’imputazione di truffa ai danni dello Stato e dichiarazione infedele.
Il tutto su denuncia della madre Margherita Agnelli, che si considerava derubata e defraudata dell’eredità. John, per chiudere il fronte fiscale, ha sborsato 183 milioni di euro all’Agenzia delle Entrate. I suoi avvocati hanno sostenuto che «ciò non costituisce il riconoscimento di alcuna colpa». Hanno chiesto anche una messa alla prova presso una struttura dei Salesiani, poi rifiutata dal Gip.
Ha osservato De Benedetti: «Andrà a fare il tutore per ragazzi problematici. Sarebbe lui ad averne bisogno». Ma ciò che lascia stupefatti è che un’istituzione seria come quella fondata da San Giovanni Bosco si sia prestata a un’iniziativa così lontana dagli scopi e dalla regola salesiana.
