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Amazon dice addio ai droni in Italia: perché il Paese non è pronto (e cosa perdiamo)

Amazon dice addio ai droni in Italia: perché il Paese non è pronto (e cosa perdiamo)

Il gigante statunitense annuncia che Prime Air smetterà ogni attività in Abruzzo per trasferirsi in un’altra nazione dell’Unione. Forse dove ottenere l’ok a procedere è meno complicato. O dove certe innovazioni vengono sostenute

Povera Italia, non è un Paese per giovani ma neppure per droni. Scordiamoci quindi di ricevere un pacchetto recapitato al volo fino in giardino. Il colosso del commercio elettronico Amazon ha infatti comunicato di voler chiudere i programmi di sperimentazione delle consegne effettuate con mezzi volanti a pilotaggio remoto (Prime Air) che erano in corso presso il centro logistico di San Salvo (Chieti).

Stop alle consegne con droni: Amazon chiude Prime Air in Abruzzo

La decisione è stata motivata con la definizione di “revisione strategica” ma di fatto segna una ritirata neppure troppo strategica dai cieli abruzzesi nonostante l’azienda statunitense avesse da poco annunciato di aver ricevuto dall’ente Nazionale Aviazione Civile (Enac), il certificato di operatore di droni (Luc, da Light Uas Operator Certificate), documento indispensabile per poter effettuare questo tipo di operazioni.

La notizia suscita stupore tra gli operatori italiani, in quanto un tale colosso avrebbe fatto da apripista per molti altri, ma a quanto si apprende stupisce la stessa Enac che in un comunicato riferisce: «Preso atto dell’inattesa notizia di Amazon che, pur confermando un indiscusso apprezzamento del proficuo lavoro svolto insieme all’Ente, per motivi di policy aziendale e come conseguenza delle recenti vicende finanziarie che hanno coinvolto il Gruppo, ha ritenuto di avviare il lancio delle operazioni commerciali e la richiesta di certificazione come operatore in un altro Stato membro dell’Unione Europea». Ma non è stato specificato quale sia questa nazione.

Le motivazioni ufficiali e quelle ufficiose

Stando a quanto si apprende da persone vicine a questa iniziativa ormai cancellata ci sarebbero invece problemi tali da far decidere alla dirigenza italiana di Amazon di rinunciare al progetto per mancanza di generiche “condizioni necessarie per gli obiettivi di lungo periodo”.

Nell’ambiente Unmanned italiano la faccenda ha scatenato reazioni negative, in quanto molti operatori che stanno lavorando per arrivare al traguardo che Amazon aveva già raggiunto si chiedono come faranno a ottenerlo se anche un tale colosso delle consegne ha dovuto rinunciare.

U-Space: uno spazio aereo che resterà inutilizzato

Anche perché con il nuovo anno entrerà in vigore una porzione di spazio aereo protetta e riservata ai droni di Amazon (tecnicamente si definisce U-Space della località San Salvo), che nessuno userà ma che giocoforza limiterò le operazioni di altri attori del cielo.

L’istituzione di tale spazio aereo era stata salutata come la prima in Europa di tale tipologia e come esempio di grande collaborazione tra gli enti italiani preposti (Enav, Enac e D-Flight), una trentina di istituzioni locali (un numero assurdo in realtà), e una società privata come quella di Bezos, che però proseguirà le operazioni di volo nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

Iper-regolazione e freno allo sviluppo

Il settore italiano dei droni commerciali soffre da sempre di iper-regolazione e di limitazioni spesso insensate. Di fatto nel nostro Paese nel 2013 si è voluto normare, e poi grazie all’Europa ri-normare nel 2019, un settore che non si era ancora sviluppato, ma che con le regole attuali ha ben poche speranze di farlo.

Anche perché l’approccio regolamentare che a livello comunitario viene definito “proporzionale al rischio”, da noi è interpretato in modo che nessuno a oggi sia potuto andare oltre qualche (timida) sperimentazione.

Il mercato c’è, ma le autorizzazioni no

Eppure il mercato ci sarebbe, sia perché certe zone rurali sarebbero più facilmente servite, sia perché esiste una domanda nel settore medicale per il trasporto e trasferimento di medicinali urgenti e campioni biologici dagli ospedali verso località non facilmente raggiungibili con le strade.

Le vie autorizzative si dimostrano sempre troppo farraginose e complesse, i tempi necessari per poter cominciare un servizio si dimostrano troppo lunghi per chi decide di investire in questo settore. E se a mollare è un gigante come Amazon, forse a livello governativo sarebbe bene porsi qualche domanda.

Forse Bezos non ha gradito la richiesta di 511 milioni di euro che la fiscalità italiana ha concordato con la società per risolvere un contenzioso.

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