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Terremoto senza fine

Terremoto senza fine

Il 24 agosto di quattro anni fa il sisma ha colpito 138 Comuni del Centro Italia. La ricostruzione, però, continua a procedere a rilento. Quattro commissari e 101 ordinanze, infatti, non sono riusciti ad accelerare la burocrazia che blocca i cantieri.


Il cartello di benvenuto nel centro storico di Arquata Del Tronto è coperto dai rovi. L’area è ancora zona rossa, si entra solo scortati dai vigili del fuoco, con il caschetto in testa. Tutto intorno è la desolazione delle macerie, monconi di case, tetti collassati. Il borgo è un relitto inghiottito dalla natura, è la metafora dell’abbandono. Giorni fa alcuni ragazzi delle frazioni vicine sono andati a ripulire i ruderi delle case dalla sterpaglia, a ridare dignità ai resti della devastazione del sisma. Chi passa deve ricordare e avere sotto gli occhi ciò che non è stato fatto, la disattenzione della politica.

Perché sono passati quattro anni, è il quarto anniversario del terremoto che ha distrutto 138 comuni tra Umbria, Marche, Abruzzo e Lazio. Da quel 24 agosto del 2016 poco è cambiato. Deve essere smaltito ancora il 30 per cento delle macerie, la ricostruzione privata va avanti con fatica e quella pubblica è praticamente ferma. Eppure si sono avvicendati quattro commissari straordinari e di contano 101 ordinanze. Una bulimia normativa alla ricerca della formula giusta per far aprire i cantieri. Ora tutti guardano al decreto Semplificazioni e all’ecobonus per una spallata ai vincoli burocratici che, dicono i sindaci, sono stati il vero freno ai lavori di recupero. E pare anche che il nuovo commissario, il dem Giovanni Legnini (dal dinamismo pari all’ambizione politica) sia animato da grandi propositi. Si vocifera di un Testo unico per la ricostruzione, un insieme di nome speciali per affrontare le emergenze, a cui Legnini sta lavorando insieme all’ex capo della Protezione civile e ora al vertice del Dipartimento Casa Italia, Fabrizio Curcio. Chissà poi che le Amministrative alle porte – a settembre si vota nelle Marche – non riescano a dare una scossa al torpore di questi anni.

Dalle macerie del terremoto sarebbe dovuto emergere un «Modello Amatrice», simile a quello del ponte di Genova: procedure veloci, poteri speciali, deroghe alle leggi ordinarie. Ma è stata una scommessa mancata. Le scosse hanno risvegliato la paura per l’illegalità, il terrore che meno burocrazia avrebbe aperto le porte alla malavita, e allora si è scelto di affrontare una situazione straordinaria con le norme in vigore e i relativi vincoli.

I risultati sono nei numeri del bilancio di questi quattro anni. Il sisma ha danneggiato, in modo più o meno grave, circa 79 mila edifici. Sono stati presentati appena 13.948 progetti, meno del 20 per cento, di cui approvati 5.325. Le case riparate sono 2.544. Tutta la filiera, dalla presentazione dei progetti, alle verifiche, all’apertura dei cantieri, procede con la massima lentezza. Quasi 8 mila sono in fase di lavorazione tra Comuni, professionisti e uffici speciali.

Guardando ai numeri forniti dalla struttura commissariale di Legnini, salta agli occhi l’esiguità delle domande per i contributi pubblici destinati a riparare i danni lievi: 9.678 sulle 30 mila attese. È come se i proprietari non avessero fretta. Va detto che i borghi non hanno tanti abitanti stanziali e molti immobili sono seconde case. Ma i numeri sono ugualmente sconfortanti. Guardando ora all’iter di approvazione di un progetto, ci si accorge che in questi anni i tempi non si sono accorciati. Superata la fase iniziale di caos, c’era da aspettarsi uno sprint, almeno negli ultimi due anni. E, invece, per i danni meno gravi, senza necessità di interventi profondi di ricostruzione, su 9.678 progetti presentati ne sono stati approvati 4.534, mentre in lavorazione ce ne sono 4.700. Circa 2 mila sono fermi negli uffici dei Comuni, un migliaio negli Uffici della ricostruzione e 1.656 sono in lavorazione dai professioni per le integrazioni. Riassumendo, in quattro anni meno di 10 mila progetti per interventi su danni lievi e appena 4.500 approvati. Ancora peggiore la situazione per gli immobili da demolire e ricostruire, con 4.261 progetti presentati, approvati 791 e in lavorazione 3.242.

Se il quadro dell’edilizia residenziale è sconfortante, quello degli edifici pubblici è drammatico. Le scuole avrebbero dovuto avere la priorità, invece passati gli annunci iniziali, le lezioni continuano a essere svolte in strutture provvisorie. Una situazione che ha spinto tante famiglie a lasciare i borghi. Su 250 edifici scolastici da ricostruire o riparare, i lavori si sono conclusi in 17 cantieri.

Allargando lo sguardo a tutte le opere pubbliche, le ordinanze hanno finanziato 2.357 interventi ma solo 186 cantieri sono stati chiusi. «Spesso è stato impossibile approvare i progetti. Nel centro storico ci sono una serie di vincoli artistici e paesaggistici, oltre al fatto che gli edifici crollati erano stati costruiti in base a norme superate. È un ginepraio leggi che speriamo di superare con il decreto Semplificazioni e con le ultime due ordinanze» conferma a Panorama il sindaco di Amatrice, Tonino Fontanella. Il centro storico della città è stato raso al suolo ed è zona rossa transennata. Manca ancora un piano di ricostruzione e, al di fuori di questa area, solo qualche cantiere è aperto. «A ottobre consegneremo 54 appartamenti, 23 tra ottobre e novembre e abbiamo ultimato i lavori di un palazzo con sei abitazioni». I residenti, circa 2 mila persone, vivono sparsi tra le Sae, le casette prefabbricate (560) e le case in affitto.

Le Sae e il Cas (il contributo pubblico) sono il rovescio della medaglia della lentezza nella ricostruzione. Gli sfollati con assistenza statale, secondo gli ultimi dati della Protezione civile, sono ancora 9.804, di cui 7.620 vivono nelle famigerate casette, 615 negli alberghi e 314 in alloggi realizzati per il terremoto del 2009 in Abruzzo e in altre strutture comunali. Poi ci sono 818 persone sistemate nei Mapre, cioè prefabbricati rurali. Tutte queste soluzioni erano state previste per l’emergenza ma, con i tempi della ricostruzione, rischiano di trasformarsi in abitazioni definitive soprattutto per gli anziani.

Oltre 30 mila persone (31.793) vivono in appartamenti in affitto per i quali ricevono l’assegno pubblico. Finora sono stati spesi circa 150 milioni l’anno in questa forma di assistenza. Soldi che potevano essere risparmiati se i lavori fossero andati avanti. Questi 900 euro al mese in molte situazioni stanno diventando un disincentivo a presentare i progetti. Ma all’Ufficio della ricostruzione delle Marche (la Regione che ha avuto il 62 per cento dei danneggiamenti dal sisma) spiegano che sta per arrivare un’accelerazione ai lavori, dato che entro il 20 settembre si devono presentare i progetti per i danni lievi altrimenti il Cas decade.

Nelle Marche i ritardi nella ricostruzione sono più evidenti. Erano attesi 35 mila progetti per altrettanti immobili danneggiati, ma finora ne sono arrivati 8.400, il 25 per cento; 3.611 cantieri aperti e 1.900 lavori ultimati. Solo il 6 per cento degli edifici colpiti dal terremoto è stato riparato. Con questo ritmo, facendo una proiezione, per completare la presentazione dei progetti servirebbe un decennio e per approvarli altri 25 anni. Ancora più indietro la ricostruzione delle opere pubbliche: a fronte di finanziamenti per 1,2 miliardi, sono stati impiegati appena 30 milioni di euro.

A Castelsantangelo sul Nera, uno dei borghi più colpiti delle Marche, mancano ancora i piani attuativi per stabilire come e dove ricostruire. Il sindaco Mauro Falcucci si lamenta: «Nel mio ufficio ho poche persone e tutte precarie con il contratto in scadenza. Così non vado avanti». Ad Arquata, epicentro del sisma, il vicesindaco Michele Franchi dice che «ci sono ancora 50 mila tonnellate di macerie da rimuovere». A Visso poche ristrutturazioni e un paio di case ricostruite. Un bed & breakfast ospita qualche turista. «Prima del sisma avevamo 200 camere tutte affittate. In estate facevamo il pieno» racconta il sindaco Gianluigi Spiganti Maurizi. «Qualcuno sta tornando, forse con il Covid qui ci si sente più sicuri perché lontani dalla folla». E sospira: «I borghi ricostruiti sarebbero stati la soluzione ideale per questa estate particolare». n

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