C’è un luogo dove tutti possono acquistare reni, polmoni, cornee e, volendo, un cuore. Panorama è entrato nel mercato nero di «ricambi» umani, destinati ai trapianti, che si svolge in Rete.
Se pensate che il traffico di organi sia una leggenda metropolitana. Che non ci siano indagini in corso a conferma di questi fatti. Che in fondo la questione faccia parte delle suggestioni che vogliono mafie e criminalità organizzata al centro di ogni umana cosa, sappiate che non è così. Chi lo afferma non conosce a fondo la materia o è in malafede. Lo possiamo affermare con buona certezza, avendo navigato per giornate intere nel «Dark web», la parte più segreta della Rete, dove, al netto delle non poche truffe, si trova un mercato purtroppo enorme di possibilità concrete per chi cerca di acquistare un organo umano compatibile con le proprie esigenze. Qui abbondano i venditori e i relativi listini prezzi, con tanto di fotografie correlate a schede degli organi in vendita, e istruzioni per avviare la pratica. Il Dark web è nient’altro che un gruppo di siti sommersi nella Rete formato da pagine non indicizzate dai motori di ricerca a scopi meramente illegali, dove come noto è possibile scambiare di tutto tra utenti teoricamente anonimi, pagando con monete digitali (bitcoin, etc.) per ogni servizio. Bisogno di un fegato o di un rene? Per «soli» 25 mila dollari è possibile riceverlo comodamente a casa, «indicando l’indirizzo di consegna. Consegna garantita e massima discrezione», neanche fossimo su Amazon. Cuori e polmoni sono in genere più costosi, mentre ossa, un orecchio o una cornea si possono ottenere «a prezzi concorrenziali». Il buon fine della compravendita non è ovviamente assicurato, tuttavia basta fare un giro anche solo superficiale nei meandri della Rete sommersa per comprendere come il fenomeno sia terribilmente in voga. I siti meno attendibili sono quelli che richiedono un anticipo: di solito, intorno ai duemila dollari da trasferire su Wallet, ovvero portafogli digitali irrintracciabili. Un interlocutore con un nickname vi assiste e vi orienta nella scelta, chattando con frasi fatte e fredda professionalità, ma sempre con tono rassicurante. Risposta garantita in meno di un’ora.
Peccato che nella realtà non sia possibile ricevere un organo «ancora fresco» e farselo trapiantare in salotto. Ecco perché i veri trafficanti, nel fornire le istruzioni da seguire, indicano anche il luogo dove avverrà lo scambio: una clinica connivente, nove volte su dieci ubicata in Africa o in Asia centrale. Il mediatore indica le tempistiche, quindi si acquista il biglietto aereo e, condivise le informazioni, «sarete ricevuti in aeroporto e trasferiti direttamente nella clinica a nostre spese». Più in generale, abbiamo scoperto che lo schema dell’espianto avviene attraverso tre modalità: organi comprati, venduti e trapiantati nel Paese del donatore; organi trapiantati nel Paese del ricevente; organi trapiantati in un Paese terzo, scelto per la sua legislazione tollerante e per la presenza di medici compiacenti. Ma la costante è che «il traffico di organi va in una sola e specifica direzione, i Paesi più poveri sono i donatori, e quelli più ricchi i riceventi. Le mafie gestiscono il mercato criminale e fanno da ponte tra le parti coinvolte» ha affermato in proposito il criminologo Vincenzo Musacchio.
Questo mercato si avvantaggia infatti delle debolezze dei Sistemi sanitari nazionali dove, come noto, le liste di attesa per le richieste di trapianti sono talmente lunghe che, per i malati gravi e per tutti coloro che hanno bisogno urgente di organi, rivolgersi al mercato nero diventa quasi una strada obbligata. «Il traffico richiede un’organizzazione malavitosa articolata con intermediari che collegano le persone che forniscono l’organo con i potenziali destinatari. Sono indispensabili medici e funzionari corruttibili. Occorre negoziare il prezzo e avere la disponibilità delle strutture mediche in cui è possibile eseguire il trapianto» precisa il criminologo. Gestire il traffico di organi è stato a lungo appannaggio della mafia nigeriana, particolarmente crudele e cruenta; di quella cinese, russa, indiana e pakistana; e persino della mafia albanese, nella veste di intermediario. Ma oggi sempre più organizzazioni criminali locali, anche di piccolo calibro, sono entrate nel commercio degli organi umani. Perché? Le guerre espongono le persone alla mutilazione e offrono loro feriti e cadaveri in quantità spropositate, sufficienti o talvolta persino eccessive rispetto alla richiesta. Ed ecco come Afghanistan, Iran, Siria, Kosovo, Ucraina siano diventate le nuove mete dello «shopping di organi».
In Pakistan, considerata una «centrale di smistamento e intervento» grazie alla competenza dei medici locali (spesso anche di origine indiana), nel 2023 sono state arrestate otto persone riconosciute colpevoli di aver rimosso chirurgicamente reni da centinaia di pazienti per persone benestanti che necessitavano di un trapianto. Il leader della banda, identificato come «Dr. Fawad», è accusato di aver condotto almeno 328 operazioni per rimuovere organi umani e di averli venduti a clienti per 10 milioni di rupie pakistane (34 mila dollari) ciascuno. Ed è proprio la componente pakistano-indiana che emerge dalle ricerche nel Dark web, di solito nella veste di un medico o sedicente tale che offre le proprie competenze e vi spiega modalità, durata e riabilitazione, suggerendo persino la dieta idonea da seguire nei giorni che precederanno l’operazione di espianto. Può capitare che vi venga chiesta la cartella clinica, «ma non è indispensabile». Anche perché chi traffica in questo genere di commerci non si fa certo scrupoli sulla salute del paziente. Figurarsi sul donatore.
Il Global Financial Integrity, think tank di Washington, stima che il valore annuale del traffico di organi mondiale oscilli tra gli 840 milioni e i due miliardi di dollari. Il che significa che, ogni anno sul pianeta vanno a buon fine almeno 12 mila trapianti illegali: reni e fegato i più richiesti e disponibili sul «mercato degli organi», cui seguono polmoni, pancreas, persino il cuore. Ma ogni mese emergono nuovi canali di vendita e parti del corpo umano richieste: ovuli, pelle, embrioni e plasma sanguigno, per esempio. Le indagini Interpol e le inchieste più serie hanno rivelato come la maggior parte dei «donatori» siano maschi di età compresa tra i 20 e i 30 anni. E i siti di vendita lo confermano indirettamente: «Il fegato è di un giovane caucasico ventenne» sembra una risposta standard, per rassicurare il malato che richiede tali organi, qualora avesse pregiudizi razziali. Molti di questi «caucasici» sono in realtà rifugiati in fuga dai conflitti, costretti a pagare parte del viaggio per raggiungere l’Europa vendendo al loro aguzzino un organo senza il quale si può sopravvivere, di solito un rene. La stessa tratta di persone a scopo di prelievo di organi è ormai certificata come una pratica diffusa in tutto il mondo, con numeri più elevati che si registrano in Nordafrica, Medioriente, Asia meridionale e sudorientale, America centrale e più raramente in Europa.
Spesso il traffico d’organi con espianto forzato coincide con la tratta di esseri umani lungo le principali rotte migratorie verso i Paesi occidentali: secondo il Counter-Trafficking Data Collaborative, nel 2021 la questione ha riguardato 156 mila casi in 189 Stati: su tutti, Libia, Egitto, Libano, Kosovo, Afghanistan, Cina, Africa subsahariana, Sud-est asiatico. Molti di questi «casi» non arrivano comprensibilmente a buon fine: perché, date le condizioni igieniche e di contesto dove avviene l’intervento, il paziente muore, oppure l’organo non è utilizzabile perché mal conservato, quando non incompatibile. Nel marzo 2023 ha fatto scalpore l’arresto del politico nigeriano Ike Ekweremadu e di sua moglie Beatrice Ekweremadu, condannati insieme a Obinna Obeta a 9, 4 e 10 anni, per aver tentato di organizzare un viaggio di un 31enne da Lagos a Londra, allo scopo di prelevare i suoi organi direttamente nel Regno Unito. Ma già nel 2020, il ricercatore Sèan Columb aveva rivelato nel suo libro Trading Life, come numerosi migranti africani in stato di assoluta povertà siano abituati a vendere i propri reni, più spesso al Cairo, nella speranza di utilizzare i guadagni per pagare i trafficanti affinché questi ultimi li conducano dal Mediterraneo verso l’Europa, in cambio di qualcosa come mille dollari e una motocicletta. È così che il trentenne keniota Joseph Japiny si è potuto permettere un mototaxi che oggi usa per guadagnarsi da vivere.
Japiny ha riferito di essere stato contattato da un intermediario che reclutava giovani tra le città di Eldoret, Busia e Nairobi, e che lo ha convinto a sottoporsi all’espianto in cambio di 984 dollari come acconto subito e altrettanti «a cose fatte». Il ragazzo è stato così portato in una clinica privata per esami preliminari, gli è stato fornito cibo e alloggio, gli è stata affidata una badante, e dopo il check up finale è stato trasferito in una clinica attrezzata dove ha subito l’asportazione di un rene. Rimasto sotto osservazione per tre giorni e altre tre settimane in albergo, ha ricevuto controlli regolari da un medico indiano che non parlava swahili. Poi gli è stata effettivamente consegnata una moto (usata) ed è stato rimandato per la sua strada senza il rene. L’organo di Japiny è uno dei 150 mila che vengono asportati ogni anno e che finiscono nei listini prezzi del Dark web. Per soddisfare una domanda che, almeno a giudicare dal numero di siti e disponibilità immediate, è altissima.
