Pensando al delitto di Garlasco, la prima cosa che viene in mente sono senza dubbio gli errori, sia quelli nelle indagini che quelli giudiziari. Ed è proprio su questi si è concentrata la puntata di «Zona Bianca» di martedì 30 dicembre. La trasmissione ha rimesso al centro della scena i punti deboli dell’inchiesta e nuove inquietanti rivelazioni sulle prove digitali. Tra voci autorevoli e documenti emersi negli ultimi mesi, il caso sembra oggi più intricato di quanto non sia mai apparso.
Gli errori che hanno segnato il delitto di Garlasco
Nel corso della trasmissione, il conduttore Giuseppe Brindisi ha ricordato come siano stati individuati circa settanta errori nelle indagini. Un’affermazione che ha suscitato la pronta reazione dell’avvocato di Alberto Stasi, Antonio De Rensis: secondo lui, quegli sbagli hanno inciso in modo decisivo sulla costruzione del caso: «Se certe cose fossero emerse subito – ha dichiarato – forse la dottoressa Muscio (la pm che aveva interrogato Stasi) avrebbe fatto un’altra ricostruzione».
L’ex magistrato Simonetta Matone ha evidenziato che «l’errore più grave è stato scoprire che Stasi aveva una finestra temporale di 23 minuti libera, e su quella costruire il processo. Si è fatto l’esatto contrario di quello che andava fatto, ovvero trovare una serie di elementi per arrivare all’identificazione del responsabile».
La criminologa Simona Ruffini ha parlato di «visione a tunnel», un errore tipico delle grandi inchieste. Una volta imboccata una pista, si tende a cercare solo ciò che la conferma, ignorando tutto il resto. A questo si aggiunge la dissonanza cognitiva, che porta a distorcere la realtà pur di non ammettere di aver sbagliato. In questo contesto, anche l’ipotesi della presenza di più persone nella villetta quella mattina assume un peso diverso, aprendo scenari mai davvero esplorati in profondità.
Le ombre sulle prove informatiche
Uno dei capitoli che suscita più scandalo riguarda i computer sequestrati subito dopo il delitto. Le perizie recenti hanno rivelato una manipolazione estesa dei dati: oltre il 70% dei file risulta alterato. Copie, cancellazioni, accessi non tracciati e persino lo svuotamento del cestino hanno compromesso l’integrità delle prove.
Secondo alcuni esperti, non si tratterebbe di semplici errori tecnici, ma di una vera e propria manomissione volontaria. Il fatto che materiale sensibile, come video e file personali, sia stato visionato e copiato prima delle analisi ufficiali solleva interrogativi sulla credibilità di tutto il filone informatico dell’indagine.
Il primo computer a essere analizzato — e quello su cui si intervenne in modo più invasivo — fu il portatile di Alberto Stasi. Alcuni documenti vennero duplicati, compresa la sua tesi di laurea, mentre vari filmati furono aperti e visualizzati direttamente. All’interno di una cartella chiamata «militare» furono individuati quattro file: uno a contenuto pornografico e tre con immagini private della coppia. Contenuti simili, seppur archiviati in modo differente, erano presenti anche sul computer di Chiara Poggi, un elemento che all’epoca gli inquirenti considerarono rilevante nella costruzione di un possibile movente di natura sentimentale.
Nuove piste e vecchie tensioni
Anche sul piano umano emergono elementi che meritano attenzione. Un video scolastico sul computer fisso della famiglia Poggi, in cui compariva Andrea Sempio, è riemerso dopo anni di oblio inspiegabili. E un messaggio che Chiara avrebbe inviato alla cugina Paola Cappa poco prima dell’omicidio riporta in primo piano possibili attriti familiari. Secondo il settimanale Giallo, infatti, Chiara era preoccupata per la situazione di Paola, che aveva interrotto un percorso terapeutico. Si sarebbe poi rifiutata di procurarle il Contramal, richiesto dalla cugina, un farmaco oppioide che andrebbe assunto esclusivamente sotto controllo medico. A quel rifiuto sarebbero seguiti silenzi e tensioni mai chiariti, fino al tragico epilogo pochi giorni dopo.
Il delitto di Garlasco deve essere riaperto, senza indugi
Tra perizie incerte, indagini contestate e nuove rivelazioni, il delitto di Garlasco continua a rimanere un terreno estremamente scivoloso. Il medico legale Vittorio Fineschi, a Zona Bianca, lo ha riassunto con una frase netta e molto efficace: «Lo scenario è tutto da riscrivere».
Che Alberto Stasi sia colpevole o innocente, una cosa appare chiara: la ricerca della verità non può prescindere dalla trasparenza e dal coraggio di rimettere in discussione ciò che sembrava definitivo.
