Due teli da mare, apparentemente insignificanti, sono spariti nel nulla. Eppure, potrebbero custodire uno degli indizi più inquietanti del delitto di Garlasco.
Sono le 14.30 del 21 giugno 2008. Rita Preda, madre di Chiara Poggi, è seduta davanti al capitano Gennaro Cassese, comandante della Compagnia dei carabinieri di Vigevano. Due mesi prima, il 16 aprile, lei, il marito Giuseppe e il figlio minore Marco erano finalmente potuti rientrare nella villetta di via Pascoli 8, dissequestrata dopo mesi d’indagini.
Quel giorno, come riportato da Il Giorno, Rita firma un verbale di ben trentatré pagine. Dieci giorni prima, mentre riordinava una cassettiera nella taverna-cantina dell’abitazione, si è accorta della sparizione di due teli di spugna. Il primo, azzurro, era quello usato da Chiara nei suoi momenti di relax: lo stendeva aperto su una sedia a sdraio, nell’angolo destro del porticato. Sul telo, al centro, erano stampati mazzolini di fiori colorati. Il secondo, verde acqua, anch’esso con disegni floreali, aveva le stesse dimensioni del primo: 90 per 150 centimetri.
Rita è categorica: quei teli c’erano. Ne ha un ricordo nitido. Prima di partire con la famiglia per le vacanze in Trentino, il 5 agosto 2007 – otto giorni prima del delitto – li aveva visti con certezza nel terzo cassetto della cassettiera.
Prima di rivolgersi ai carabinieri, ha perlustrato l’intera abitazione, da poco ripulita e tinteggiata. Ha controllato ogni stanza, dalla lavanderia alle camere da letto. Solo quei due teli sono spariti. Gli altri, ordinatamente piegati, erano al loro posto.
Non c’è margine per una dimenticanza. Rita esclude che siano stati presi in una delle visite consentite durante il sequestro dell’abitazione, quando la famiglia poteva accedere per recuperare indumenti. Ha chiesto anche al marito e al figlio: “Risposte negative”, annota il verbale. E aggiunge che neppure nel locale lavanderia ha trovato traccia dei due teli. Chiara, infatti, non aveva ancora lavato i panni che la madre le aveva lasciato prima di partire.
Ed è qui che cominciano le domande.
La cantina in questione è accessibile solo dall’interno della casa, scendendo una scala ripida. È proprio lì, sul nono dei tredici gradini, che viene ritrovato il corpo senza vita di Chiara, con la testa appoggiata contro uno dei gradini.
Se i due teli sono davvero stati presi da lì, l’assassino non solo doveva conoscere l’esistenza della cassettiera, ma anche sapere cosa contenesse. Possibile che, nel pieno di un omicidio, si sia messo a cercare due asciugamani nascosti in un cassetto in cantina?
E ancora: se ha davvero sceso quella scala per prelevarli, com’è possibile che non abbia lasciato alcuna traccia delle scarpe insanguinate sui gradini? Tracce invece ben visibili sulla scena del delitto?
Tutto questo porta a una seconda ipotesi: e se i teli non fossero stati presi dopo il delitto, ma fossero già fuori dal cassetto? Magari Chiara li aveva usati nei giorni precedenti, lasciandoli a portata di mano. Ma perché due? Perché non solo quello azzurro, il suo preferito?
Domande che restano sospese nel mistero. Ma una certezza resta: quei teli non sono mai più stati trovati.
