Chi si proclama «fragile» o caregiver, chi si finge farmacista: milioni di «furbetti», da Nord a Sud, compresi magistrati, politici, monsignori. Tutti in corsia di sorpasso per farsi vaccinare e ottenere l’agognato Green Pass.
C’è chi ha dichiarato il falso per saltare la fila e chi ha cercato la classica raccomandazione. Fatto sta che in quasi ogni regione le Procure stanno lavorando, muovendosi tra le acque limacciose delle interpretazioni giuridiche, per smascherare chi ha fatto un salto in avanti nel tentativo di schermarsi contro il Covid. Le ipotesi di reato per medici, funzionari Asl e cacciatori di dosi assortiti sono varie: truffa, abuso d’ufficio, omissione e persino peculato.
Si è stimato che oltre due milioni di cittadini abbiano utilizzato le «vie prioritarie» per accedere all’immunizzazione. Ma basta qualche calcolo per capire che i conti non tornano: le persone con invalidità in Italia sono 1 milione e 600 mila, cui corrispondono altrettanti «caregiver», che si prendono cura di loro. A maggio, in queste due categorie erano stati già vaccinati in 4.607.780. Con Sicilia e Campania ai primi posti di questa classifica poco virtuosa.
Per ora i carabinieri del Nas hanno denunciato 1.500 «furbetti» in tutta Italia. Ovvero la punta dell’iceberg. Palermo è da record e, da sola, sfiora i 150 casi. Sommando le segnalazioni arrivate alle Procure siciliane da Asl e da carabinieri del Nas, si superano i 500 denunciati. Trapani, Messina e Ragusa contano oltre 300 posizioni da controllare. E tra chi ha sgomitato ci sono amministratori locali, prelati, perfino ex magistrati. Il caso che ha fatto più discutere è quello della giunta comunale di Corleone. Il sindaco Nicolò Nicolosi, superando la fila, ha sfidato tutti: «La mia è una scelta che rivendico. Non possiamo essere avamposto dello Stato a convenienza». Ma è finito comunque nel mirino dei carabinieri…
Risalendo lo stivale, Procura dopo Procura, nomi e cognomi dei profittatori dell’inoculazione finiscono sul registro degli indagati. Si prenda la Calabria, in particolare Castrovillari. Qui i pubblici ministeri ipotizzano l’abuso d’ufficio, ritenendo che i non aventi diritto abbiano ottenuto la dose grazie ad amici negli hub vaccinali. A Cariati, provincia di Cosenza, le toghe si sono concentrate su una sessantina di 18enni che ha ottenuto, non si sa come, il vaccino prima dell’esame di maturità. A meno di 200 chilometri, in Basilicata, gli elenchi dei vaccinati, su disposizione del procuratore Francesco Curcio, sono stati acquisiti dalla Squadra mobile di Potenza, che ha già spedito cinque avvisi di garanzia a funzionari dell’Asl. A Potenza, inoltre, aveva viaggiato «in corsia di soprasso», già a gennaio, l’arcivescovo Salvatore Ligorio. Il caso non è finito in Procura ma sui social, perché il monsignore si era fatto fotografare durante la somministrazione. L’unica indagine l’ha aperta la Regione Basilicata, per individuare il sanitario che autorizzò la vaccinazione.
In Puglia, i furbetti identificati sono una cinquantina. Se ne occupa la Procura di Bari, che ha cercato di scoprire come hanno ottenuto la dose alcuni noti imprenditori, tra i quali Domenico De Bartolomeo, già presidente di Confindustria Puglia, e il sindaco pentastellato di Noicattaro Raimondo Innamorato.
A Napoli non poteva mancare un fascicolo aperto dal pm Henry John Woodcock, che con altri magistrati ha delegato accertamenti per scoprire chi si è iscritto sulla piattaforma regionale come «caregiver» senza averne i requisiti, o come soggetto vulnerabile ma senza alcuna patologia. In Campania c’è già qualche primato da assegnare ai finti diabetici. In totale, nella regione governata da Vincenzo De Luca, un centinaio di indagati. A Campobasso, in Molise, invece, è scoppiato il caos quando si è scoperto che alla clinica privata, proprietà del parlamentare europeo Aldo Patriciello, erano state consegnate 900 dosi Pfizer e AstraZeneca dalla cabina di regia della Regione. I vaccini, si è ipotizzato, sarebbero stati usati anche per i dipendenti di altre aziende dello stesso gruppo, compresa una tv privata.
In Abruzzo, forse per deferenza istituzionale, la Regione, nella seconda fase della campagna, prima di molti ottantenni ha deciso di far immunizzare il personale di Procure e Tribunali. Lì, quindi, le toghe hanno saltato la fila per volontà della politica. E, strano ma vero, nessuna inchiesta è stata aperta. Tuttavia, la cosa è diventata clamorosa, tanto che gli avvocati sono scesi in campo per sottolineare la «forte perplessità per un’iniziativa che ha anteposto la tutela di pochi a quella dei più fragili». Ma, come avrebbe sentenziato Totò, «la casta è casta e va, sì, rispettata».
Sulla vicenda è andato all’attacco il leader della Lega Matteo Salvini: «Si devono mettere in fila come tutti gli altri. L’unico criterio che deve esistere è quello dell’età e della malattia». Peccato però che nel Lazio 15 studenti, fingendosi professori, si sono presentati in un hub e hanno tentato di farsi inoculare. Gli è andata male.
Dal Centrosud al Centronord e oltre… In Umbria, a Perugia, gli investigatori hanno rastrellato gli elenchi. Di denunce ne sono scattate quattro. In un caso, una funzionaria dell’università, quando la Asl le ha chiesto di fornire i codici fiscali del personale da immunizzare, ha inserito pure quello di suo marito, imprenditore calzaturiero.
D’altronde, nel catalogo dei «prima io» ogni regione fa la sua parte. Nelle Marche, la Procura di Ascoli Piceno ha aperto un’inchiesta sulla campagna vaccinale di gennaio. Pare che, prima che le Asl corressero ai ripari, una lunga lista di finti fragili abbia ottenuto l’iniezione. I magistrati sono molto abbottonati e, al di là di qualche notizia sulla stampa locale, l’inchiesta sembra essersi inabissata. In Toscana c’è chi è riuscito a infilarsi tra le maglie larghe dei centri vaccinali: sulla piattaforma per la prenotazione, grazie alla voce «altre categorie», ci ha provato almeno un migliaio di persone. L’elenco è in fase di verifica, ma nel frattempo la Procura di Firenze ha aperto un’inchiesta e ha delegato i carabinieri che hanno fatto subito una puntatina in Regione.
A Parma qualcuno ha fatto girare via chat un link riservato dell’Asl per le categorie protette. Una decina di non aventi diritto ha tentato di approfittarne. In cinque ce l’hanno fatta. Ma l’Arma si è accorta di loro e se ne sta occupando. In Liguria i magistrati di Genova hanno fatto acquisire le liste dei vaccinati, concentrandosi sui «troppo giovani» e su chi si è dichiarato «fragile». L’indagine è in corso, con decine di posizioni da approfondire. In Piemonte è diventata famosa un’inchiesta di Biella, dove si è accertato che in 24 hanno dribblato le prenotazioni. E la Procura sta già per chiederne il rinvio a giudizio. Tra gli indagati, persino il primario emerito delle Molinette Carlo Marinone, nipote del fondatore del centro, e l’avvocato Carlo Boccacino; quest’ultimo, al momento di prenotarsi, avrebbe barrato la casella riservata alle «farmacie», dichiarando – secondo il pm – il falso, ovvero di collaborare con la farmacia della moglie… Non bastasse, ci sono funzionari Asl accusati di omissione dei doveri d’ufficio e l’ex commissario dell’azienda sanitaria Domenico Poggio, per omessa denuncia.
Omissioni e peculato pure ad Aosta, dove tra gli indagati figurano alcuni politici e due sanitari. Ma è in Lombardia che c’è stato un autentico boom: in 220 hanno tentato di farsi vaccinare nell’Azienda socio sanitaria degli ospedali milanesi San Paolo e San Carlo. Anche qui qualcuno è entrato nel link interno riservato al personale medico,fissando il proprio nome tra gli aventi diritto.
Non è rimasto indenne neppure il Veneto. Un’indagine, per ora senza indagati, ha controllato un centro vaccinale di Vicenza. È stato un giudice di pace a presentare un esposto, lamentando percorsi preferenziali a discapito delle categorie a rischio. In Trentino si segnalano pochi casi. Ma uno, lo scorso marzo, è eclatante. A saltare la fila sarebbe stata un ex giudice del Tar, moglie del dirigente del servizio socio assistenziale Enrico Nava, che si è subito dimesso. In Sardegna, a Oristano, l’indagine per ora ha fatto flop: un giudice per le indagini preliminari ha stabilito che i pm non sono riusciti a dimostrare che i «disonesti» hanno ottenuto il vaccino prima dei sanitari. E ha fatto carta straccia delle accuse.
Indenne, per ora, il Friuli-Venezia Giulia. Con un episodio quasi comico: una fotografia scattata il 27 dicembre scorso, a Palmanova, durante il Vaccin Day per i sanitari, aveva messo alla berlina sui social il vicegovernatore Riccardo Riccardi, Forza Italia, accusato da un utente di aver preso la scorciatoia. Nella foto lanciata su Twitter il «furbetto» avava una certa somiglianza con il politico. Si è però scoperto che Riccardi non era nell’hub vaccinale. Si trattava di uno scambio di persona.
Su un altro fronte, si muove il commissario straordinario anti-Covid Francesco Paolo Figliuolo, che ora cerca di stanare i 200 mila insegnanti non ancora vaccinati. Perché a scuola, si è deciso, si entrerà solo col Green Pass. Nonostante le contraddizioni di questo strumento voluto dal governo Draghi stiano venendo a galla. Le rubriche delle lettere dei giornali sono piene di lamentele dei cittadini.
C’è chi vive a Trieste e ha fatto il vaccino russo Sputnik, con cui non otterà mai la carta verde. C’è chi, medico lombardo in servizio in Calabria, non riesce a ottenerla perché le piattaforme regionali non «si parlano» tra loro. Una dottoressa che ha ricevuto l’iniezione di Astrazeneca del famoso lotto ritirato (perché aveva causato alcuni decessi), non si sa per quale oscura ragione, non riesce a ottenere la certificazione. E ancora: chi per gravi patologie non può fare la seconda dose e non sa chi dovrà certificarglielo, chi ha fatto Pfizer negli Usa ma in Italia viene trattata come una reproba No vax.
Inefficienze a parte, le storture sono evidenti. Per partecipare a qualsiasi evento all’aperto occorre il Green Pass, che però non è richiesto per consumare all’aperto in bar e ristoranti. Per gli hotel e gli annessi ristoranti il passaporto vaccinale non è necessario, ma lo è se ci si vuole concedere una Spa. Camerieri e personale non hanno l’obbligo della vaccinazione, i clienti sì. Da settembre chi non ha fatto almeno la prima dose non potrà salire su aerei, treni e bus a lunga percorrenza, ma potrà viaggiare su bus urbani e treni regionali, che a spesso coprono anche tratte più lunghe. Partecipare alle attività sportive all’aperto non richiede il documento, obbligatorio però per accedere agli spogliatoi. Così come non è previsto nei centri commerciali, dove tuttavia non si potrà consumare al bar o al ristorante. Com’era prevedibile, i furbetti si sono organizzati anche per la carta verde. Sul canale Telegram fino a qualche giorno fa era possibile ottenerne uno (falso, e spesso subito smascherato nei controlli) pagando tra 150 e 500 euro in criptovaluta. È scattata un’inchiesta. La prima, è probabile, di una lunga serie.
