Una lettera e due detenuti sembrano in grado di riscrivere la storia dell’omicidio di Chiara Poggi. Prima di tutto Flavius Savu, cittadino romeno di 43 anni detenuto nel carcere di Torre del Gallo a Pavia dopo anni di latitanza, sta scontando una condanna a cinque anni per estorsione a sfondo sessuale nei confronti di don Gregorio Vitali, ex rettore del Santuario della Madonna della Bozzola di Garlasco: un ricatto di decine di migliaia di euro ai danni del sacerdote, minacciandolo di diffondere video compromettenti che lo ritraevano in rapporti sessuali. Ma è quanto emerge dalle sue recenti dichiarazioni a interessare di più: l’omicidio di Chiara Poggi.
Non è solo Savu a parlare: anche il nipote, Cleo Kolundra Stefanescu, detenuto nello stesso carcere per un omicidio a Vigevano, entra prepotentemente nel caso con una lettera pubblicata da Il Tempo.
La paura di una fine annunciata
Stefanescu, nella lettera, riporta quanto lo zio gli aveva confessato circa gli affari del Santuario: Savu aveva scelto la latitanza spinto dalla paura di fare la stessa fine di Chiara Poggi.
Secondo Stefanescu, lo zio aveva confidato di ritenere che Chiara Poggi avesse scoperto qualcosa di «molto grave» riguardo a presunti scandali sessuali legati al Santuario della Bozzola, e che questa conoscenza ne aveva causato la morte. Nella lettera racconta: «Un giorno per curiosità chiesi a mio zio quanti soldi era riuscito a prendere da don Gregorio e lui mi disse: con tutti i soldi che girano al Santuario non ho preso nemmeno le briciole!».
Il nome di Sempio e le lettere minacciose
Particolarmente significativo è il riferimento ad Andrea Sempio che, secondo le parole di Savu, era coinvolto nelle attività legate al Santuario, sebbene Sempio lo neghi categoricamente. A questo si aggiungono delle lettere dal tono minaccioso dirette alla madre di Sempio, spedite utilizzando proprio il timbro postale delle Bozzole, circostanza che, se verificata, collegherebbe materialmente il Santuario alle dinamiche dell’omicidio.
Le denunce ignorate e le omissioni investigative
Nelle sue rivelazioni, il nipote solleva anche pesanti dubbi sulla gestione del caso. Stefanescu fa notare come già nel 2006 don Francesco Cervio, parroco di Albonese, avesse denunciato pubblicamente la presenza di scandali sessuali all’interno del Santuario, eppure don Gregorio Vitali non è mai finito nel mirino degli inquirenti, mentre Savu è stato arrestato per estorsione.
Inoltre, secondo il memoriale, un maresciallo dei carabinieri aveva formalmente intimato a Savu di tenersi lontano dal Santuario e di non fare ritorno a Garlasco, con lo scopo di impedirgli di raccogliere ulteriori prove compromettenti.
L’immagine scomparsa e i sospetti sul Santuario
Ad alimentare i sospetti sul presunto collegamento tra la morte di Chiara Poggi e i festini c’era una foto della ragazza insieme ad Alberto Stasi in gita in bicicletta al Santuario. Ma l’album in cui era contenuta l’immagine, sequestrato da casa di Stasi, è poi scomparso nel nulla durante la prima indagine del 2007.
Tuttavia, la credibilità di queste fonti resta tutta da verificare, considerando le loro attuali posizioni giudiziarie. La Procura di Pavia mantiene infatti un atteggiamento di cautela, ma è innegabile che stia valutando la possibilità di sentire formalmente Savu, a cui può aggiungersi il nipote.
Resta quindi da capire se si tratti di racconti strumentali oppure di elementi decisivi per le indagini. Intanto, quel che è certo è che a chiudere la lettera sono le parole di Savu: «Io faccio la stessa fine di Chiara Poggi».




