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Il money transfer del terrore

Il money transfer del terrore

Tramite versamenti frazionati – per un importo totale di oltre un milione di euro – quattro giovani disoccupati di Andria, in Puglia, ora agli arresti, inviavano denaro a foreign fighter islamisti (replicando un metodo già sperimentato in Francia per sostenere i combattenti siriani). Al cuore della rete, un misterioso finanziatore che organizzava i bonifici. La cui identità è ancora da scoprire…


Alle spalle della monumentale cattedrale di Andria, sede della curia arcivescovile e luogo simbolo per i cattolici del Sud, si incontravano quattro giovani disoccupati per far partire, dal money transfer di via Giovanni Bovio, i fondi per finanziare jihadisti e foreign fighter. Destinazione Serbia, Turchia, Germania, Emirati Arabi, Albania, Russia, Ungheria, Giordania e Thailandia. E senza che nessuno chiedesse il motivo di quelle spedizioni verso destinatari con nomi e cognomi da fratello musulmano.

La segnalazione alle autorità italiane è arrivata dalla Francia il 10 gennaio 2017, dopo due trasferimenti da 950 euro ciascuno fatti a tre minuti di distanza l’uno dall’altro a un libanese, Marc Haddad che, dicono gli inquirenti, «è considerato un collettore di denaro a disposizione dei foreign terrorist fighter».

Si è scoperto che per 5 anni Walter Lopetuso, «segnalato in passato per spaccio e per essersi accompagnato a pregiudicati», si legge negli atti dell’inchiesta, Gianmarco Valente e Vincenzo Terlizzi «che nella loro vita», spiegano gli investigatori, «hanno sempre percepito redditi annui di modesta entità», e Pasquale Petruzzelli, «che non ha mai presentato una dichiarazione dei redditi, risulta aver attivato e disattivato ben 28 schede telefoniche e su Facebook vanta amicizie con jihadisti e fiancheggiatori della guerra contro l’Occidente», si sono dati appuntamento in quella stradina raccolta tra due file di palazzi con negozi.

Dal piccolo ufficio per spedizione pacchi e denaro, gestito dalla signora Piera, è partito oltre un milione di euro tramite mille versamenti verso 42 «collettori stranieri» del terrorismo, replicando un meccanismo già usato in Francia dai parenti dei combattenti in Siria. «Oggi è 4 del mese… e ogni 4 del mese ti danno 50 euro (…) tu prendi un foglio e scrivi (…) zitto zitto, non dire niente a nessuno» spiegava al telefono Valente, considerato il reclutatore. Perché il giro si era fatto grande e in quattro a mandare meno di mille euro a spedizione, per evitare le segnalazioni antiriciclaggio, ormai erano pochi.

Le transazioni, alle verifiche dello Scico della Guardia di finanza, reparto specializzato in criminalità organizzata e terrorismo, sono risultate avere quasi tutte le stesse caratteristiche: importi artatamente frazionati, stessi beneficiari, stesse date e agenzia di money transfer di partenza, ricorso a prestanome. I quattro, convinti che su di loro non si sarebbe mai fermata l’attenzione delle autorità, chiacchieravano al telefono senza ansia. Stando attenti a un solo dettaglio: non parlare mai di Mister X, l’uomo che li riforniva dei contanti da inviare agli islamisti, e del codice Iban su cui versare.

Nelle intercettazioni, vagliate dai magistrati della Procura di Bari, coordinati dal procuratore aggiunto Roberto Rossi, quando gli indagati parlano del banchiere dei foreign fighter fanno riferimento a «quello». Anche quando sono scattate le perquisizioni: «È venuta la Finanza a casa. Dove sta quello?» si allarma Petruzzelli. E Valente risponde: «Quello adesso lo chiamo». Ma tra le chiamate di quest’ultimo non c’è traccia del nome dell’uomo con la valigetta di banconote da trasformare in bonifico per i terroristi.

Gli investigatori hanno però scoperto che era Terlizzi a mantenere il rapporto col Mister X e a fornire agli altri il denaro da inviare. E anche i tre avevano la loro rete di prestanome: una mamma, una sorella o un amico. Da loro si facevano dare i documenti e «le firme», ha spiegato il gip del Tribunale di Bari Angelo Salerno, che ha privato i quattro della libertà, «erano apocrife» sulle distinte recuperate dagli investigatori nel money transfer.

Per gli indagati è scattata un’accusa pesantissima: «Finanziamento con finalità di terrorismo». La caccia al banchiere misterioso che una volta al mese arrivava ad Andria per consegnare i fondi e pagare i suoi scagnozzi non è ancora terminata. E i quattro disoccupati al servizio dell’islamismo, anche durante l’interrogatorio davanti al giudice hanno taciuto sulla sua identità.

Ma tra i contatti di Petruzzelli ci sono uomini che mostrano fucili da guerra, magnificano Saddam Hussein e contribuiscono alla propaganda del terrore. L’analisi delle relazioni da social network e dei nominativi dei destinatari dei bonifici, però, potrebbe contenere la segnaletica per la pista giusta. E l’inchiesta di Andria presto potrebbe allargarsi.

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