Home » Attualità » Esteri » Nelle parole di Biden la debolezza di un presidente (forse) al passo d’addio

Nelle parole di Biden la debolezza di un presidente (forse) al passo d’addio

Nelle parole di Biden la debolezza di un presidente (forse) al passo d’addio

Il presidente Usa nel suo messaggio dallo studio ovale ha giustamente messo in relazione la crisi ucraina con quella mediorientale. Il problema però resta la sua politica irresoluta nei confronti dell’Iran

La crisi ucraina e quella mediorientale sono due dossier interconnessi. È questo il succo dell’ultimo discorso che Joe Biden ha tenuto alla nazione. “Il gruppo terroristico Hamas ha scatenato il male più puro al mondo. Ma purtroppo il popolo ebraico sa, forse meglio di chiunque altro, che non c’è limite alla depravazione delle persone quando vogliono infliggere dolore agli altri. In Israele ho visto un popolo forte, determinato, resiliente e anche arrabbiato, sotto shock e con un dolore profondo”, ha detto l’inquilino della Casa Bianca. “Hamas e Putin rappresentano minacce diverse, ma hanno un punto in comune: entrambi vogliono annientare completamente una democrazia vicina, annientarla completamente”, ha proseguito Biden. “Hamas: il suo scopo dichiarato di esistere è la distruzione dello Stato di Israele e l’assassinio del popolo ebraico”, ha continuato, per poi aggiungere: “Nel frattempo, Putin nega che l’Ucraina abbia o che abbia mai avuto una vera statualità. Sostiene che l’Unione Sovietica ha creato l’Ucraina”.

“So che questi conflitti possono sembrare lontani. Ed è naturale chiedersi: perché questo è importante per l’America?”, ha proseguito il presidente americano. “Permettetemi quindi di spiegarvi perché garantire il successo di Israele e dell’Ucraina è vitale per la sicurezza nazionale americana. Sapete, la storia ci ha insegnato che quando i terroristi non pagano un prezzo per il loro terrore, quando i dittatori non pagano un prezzo per la loro aggressione, causano più caos, morte e più distruzione. Continuano ad andare avanti, e i costi e le minacce per l’America e per il mondo continuano ad aumentare”, ha argomentato il presidente americano, per poi aggiungere: “Non possiamo lasciare che una politica meschina e rabbiosa ostacoli le nostre responsabilità di grande nazione. Non possiamo e non permetteremo che vincano terroristi come Hamas e tiranni come Putin. Mi rifiuto di lasciare che ciò accada”. “Domani invierò al Congresso una richiesta urgente di bilancio per finanziare le esigenze di sicurezza nazionale dell’America con lo scopo di sostenere i nostri partner più importanti, tra cui Israele e Ucraina”, ha anche detto.

Ora, ci sono senza dubbio alcuni punti condivisibili in questo discorso. Che le due crisi in atto siano collegate è senz’altro vero. Sia la Russia sia l’Iran sono potenze revisioniste, così come è mossa da intenti revisionisti la stessa Cina. Senza poi dimenticare che proprio Teheran rappresenta il principale anello di congiunzione tra i due dossier: non solo gli ayatollah spalleggiano storicamente Hezbollah e Hamas, ma il regime khomeinista fornisce droni a Mosca, che vengono poi utilizzati dai russi contro Kiev. Il presidente americano non quindi torto quando chiede al Congresso di agire rapidamente, anche in considerazione del caos repubblicano che si sta ormai trascinando da settimane alla Camera dei rappresentanti sull’elezione del nuovo Speaker. Va infine riconosciuto a Biden il merito di aver cercato di coniugare due esigenze nell’ambito della crisi mediorientale in corso: aiutare, cioè, Israele a ripristinare la deterrenza e, al contempo, cercare di evitare un allargamento del conflitto.

Ciò detto, l’attuale presidente americano continua a scontrarsi con un grosso limite: la sua politica iraniana. Appena entrato in carica, Biden ha tentato di ripristinare il controverso accordo sul nucleare con l’Iran. Inoltre, il mese scorso, aveva concordato uno scambio di prigionieri con Teheran che, mediato dal Qatar, prevedeva di sbloccare sei miliardi di dollari di asset iraniani. È stato solo dopo le pressioni dei repubblicani (e di alcuni senatori dem) che Biden si è deciso, vari giorni dopo il brutale attacco di Hamas del 7 ottobre, a ricongelare quegli asset. Eppure, l’attuale Casa Bianca non sembra ancora convinta a ripristinare la vecchia politica trumpiana della “massima pressione” su Teheran: un’azione che sarebbe necessaria proprio per indebolire contemporaneamente Putin, Hezbollah e Hamas ma che invece Biden pare restio ad adottare. È proprio sulla postura americana nei confronti di Teheran che potrebbe essere in gran parte decisa la sorte delle crisi in Ucraina e in Medio Oriente. Sta alla Casa Bianca rendersene urgentemente conto.

TUTTE LE NEWS DAL MONDO

© Riproduzione Riservata