Dalle selve del Brandeburgo alla Schwarzwald, il patrimonio naturale del Paese è minacciato dagli effetti del cambiamento climatico. Ed ecco che Berlino corre ai ripari con rimboschimenti miliardari.
Pensate a Hänsel e Gretel persi nella foresta, a Cappuccetto rosso che incontra il lupo nel bosco o a Biancaneve trascinata fra gli alberi dal cacciatore col compito di strapparle il cuore. E ora immaginate di togliere i tronchi, i rami e le foglie: le ombre, il mistero, la paura, la magia, insomma, sparirebbero. Dalla Battaglia della selva di Teutoburgo, che nel 9 d.C. segnò la vittoria delle tribù germaniche sulle legioni di Publio Quintilio Varo fino ai pezzi per pianoforte Waldszenen composti da Robert Schumann fra il 1848 e 1849, il tema della foresta è uno dei pilastri della storia e della cultura tedesche.
Sopravvissuto a due guerre mondiali e ridimensionato dalle piogge acide fra il 1980 e i primi anni 2000, il simbolo più antico della Germania è di nuovo in pericolo. A danneggiare il patrimonio boschivo ha contribuito in primo luogo la siccità: a un 2017 segnato da un’estate più asciutta del solito sono seguiti due anni siccitosi. La quasi totale assenza di precipitazioni nei mesi estivi del 2018 e del 2019 associata a temperature sopra la media ha ucciso centinaia di migliaia di alberi, nelle foreste come in città.
«A Berlino 50 litri d’acqua costano 10 centesimi: non è molto se si può aiutare una pianta a superare la siccità». Con questo appello lanciato in anni recenti, l’amministrazione di Berlino ha chiesto ai cittadini di dissetare uno dei 430.000 alberi che abbelliscono viali e parchi della capitale. In Germania però circa 11,1 milioni di ettari (ossia un terzo della superficie del Paese) sono coperti di boschi: né nel cuore della Foresta nera, la Schwarzwald a sud-ovest né nei boschi brandeburghesi a nord-est vi sono esseri umani pronti ad accorrere con secchi e annaffiatoi. E gli alberi muoiono. O sopravvivono indeboliti, diventando preda dei parassiti che finiscono per ucciderli; altri soccombono alle tempeste sempre più violente che segnano la fine dei periodi di gran secco.
Negli ultimi tre anni, come diretta conseguenza della siccità, delle tempeste e della massiccia invasione da bostrico dell’abete rosso (Ips typographus, un coleottero degli scolotidi), «171 milioni di metri cubi di legname sono stati danneggiati e 277.000 ettari sono da riforestare» riferisce a Panorama una portavoce del ministero federale per l’Alimentazione e l’Agricoltura. «Le chiome di quattro alberi su cinque si sono diradate». L’80% delle piante è in sofferenza e un quarto di queste ha prematuramente perso gli aghi o le foglie. «Chiunque attraversi le foreste si accorge dell’entità del danno», ha dichiarato la ministra dell’Agricoltura Julia Klöckner nel presentare un piano straordinario per i boschi da 1,5 miliardi di euro in fondi del governo e dei Länder. Ottocento milioni saranno messi a disposizione dei proprietari di foreste per piantumare e 700 sono impegnati per la sostenibilità dell’industria di silvicoltura e legname.
Il settore è azzoppato sia dai danni alla materia prima sia dal crollo del prezzo dei prodotto a seguito dell’epidemia da coronavirus. Ai proprietari dei boschi danneggiati andranno 100 euro per ogni ettaro riforestato secondo i criteri Pefc o Fsc fino a un massimo di 500 milioni. I restanti 200 milioni sono destinati a investimenti nell’industria di settore e per promuovere l’edilizia con il legno. Perché le foreste non sono solo un patrimonio dell’ambiente e della cultura ma hanno un importante risvolto per l’occupazione: in Germania, i boschi, l’industria del legno e della carta impiegano un milione e centomila addetti contro gli 800 mila dell’automotive.
Il rimboschimento è la chiave per salvare gli alberi, tentando al tempo stesso di tenere sotto controllo il micidiale coleottero tipografo. «Non è però un insetto alieno nemico dei boschi: la sua proliferazione è il sintomo di un ambiente malato» spiega a Panorama Peter Biedermann, docente di Entomologia e Protezione forestale all’Università di Friburgo. Dalle pendici della Foresta nera, l’accademico ricorda che «il problema reale è il cambiamento climatico» che crea le condizioni ideali per il bostrico dell’abete rosso. «In genere i coleotteri si nutrono di legno di alberi morti ma il bostrico tipografo attacca anche gli abeti vivi. Se questi sono in buona salute sanno difendersi, espellendo il parassita».
Le due siccità consecutive del 2018 e 2019 – una successione devastante di cui non si aveva notizia dal 1766 secondo un’analisi del Centro Helmholtz per la ricerca sull’ambiente (Ufz) di Lipsia – hanno invece indebolito le piante. Abeti che raggiungono i 40 metri cedono agli agenti fungini inoculati dai morsi del bostrico e muoiono in poche settimane. Riforestare dunque ma con oculatezza: «Dobbiamo diversificare, anche con specie che non hanno bisogno di troppa umidità». In base allo studio citato da Biedermann, entro il 2070 le temperature medie in Germania centrale saranno quelle dell’Italia d’oggi. Se il ripetersi di estati aride non si interromperà o, anziché in un’ombrosa foresta di felci e conifere, il principe azzurro del futuro rischia di trovare la sua bell’addormentata in un asciutto e nodoso bosco di querce da sughero.