Caro Umberto Galimberti, Dio non può essere messo sul lettino

L’avvenimento cristiano, sostiene Umberto Galimberti in Cristianesimo (Feltrinelli, 448 pagine, 18 euro), ha esaurito la sua spinta propulsiva. E ha svuotato il cielo, contribuendo a desacralizzare l’Occidente. D’altra parte, che senso ha insistere ancora con un Dio di luce, di bene e di giustizia, che invece di incarnare anche il male e l’ombra (come gli antichi dei) li ha vinti e redenti con il sacrificio sulla croce? Così si chiede il filosofo in un’interpretazione psicoanalitica del fatto cristiano. Eppure, basterebbe rileggere La violenza e il sacro di René Girard per vedere di quali delizie il sacro è capace senza la croce, ma tant’è.

Per Galimberti il cristianesimo è un’ideologia, il cattolicesimo un’agenzia etica. E pazienza che la Chiesa continui a generare santi, missionari e martiri, mentre il laicismo continua a pestare il mortaio della tarda scolastica nietzschiana. E a proposito di cieli vuoti, si guarda bene Galimberti dal citare, nel suo saggio, il Teilhard de Chardin che parla di "amorisation" per significare che l’intera natura è permeata dell’amore di Cristo. O, per esempio,Introduzione al cristianesimo, un saggio scritto nel 1968 da un giovane professore di Tubinga, tal Joseph Ratzinger, dove la visione di Teilhard, che influenzerà tutto il Concilio Vaticano II, è costantemente utilizzata per manifestare la teologia dell’incarnazione nella sua dimensione cosmica. Oltre che storica. Sono cose che accadono quando ci si costruisce un bersaglio polemico a propria misura.

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