Twitter passa ai cuori, ma perde la testa

È bastata una semplice modifica grafica, un cuore al posto di una stella, per mandare gli utenti Twitter su tutte le furie. Nelle scorse ore la storica piattaforma di micro-blogging ha sostituito l'icona a forma di stella dei “preferiti” con un'icona a forma di cuore e la dicitura “mi piace”.

Ora, l'utenza Twitter è nota per essere talvolta zuccona e conservatrice, e sarebbe facile liquidare la polemica come il piagnisteo di una cricca snob, se non fosse che dietro la mossa di Twitter si nasconde qualcosa di più sostanziale.

Il fatto è che negli anni gli utenti più assidui hanno cominciato a utilizzare i preferiti in un modo diverso da quello per cui erano stati ideati: cliccare su una stellina non significava tanto esprimere una preferenza per un contenuto, quanto introdurlo in una categoria di archiviazione. C'era chi metteva tra i preferiti dei link che non aveva il tempo di controllare in quel preciso momento, chi utilizzava le stelline per dare un feedback quando veniva citato in un tweet, e chi addirittura utilizzava il pulsante per esprimere disprezzo per il tweet in oggetto (a volte le dinamiche di Twitter sono imperscrutabili).

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Perciò, di fronte al chiaro tentativo di mettersi per l'ennesima volta sulla scia di Facebook, un nutrito quanto irrilevante gruppo di utenti ha cominciato a battersi il petto e a colare bava. Quell'icona a forma di cuore, e soprattutto quel “mi piace”, sono ovviamente rivolti a un pubblico neofita che ancora non ha capito come orientarsi nel minimale mondo di Twitter, e questo per l'utente di Twitter abituato a sentirsi più intelligente della media è uno smacco mica da poco.

La realtà è che Twitter ha una gatta piuttosto grassa da pelare, e i core-users che tanto si stanno scaldando perché la loro piattaforma preferita ha introdotto i cuoricini al posto delle stelle sembrano essere l'ultimo dei suoi problemi. Negli ultimi mesi le azioni Twitter sono calate, perdendo il 40% del loro valore da maggio a ottobre. Il problema principale è che la piattaforma non sta crescendo in maniera significativa (nell'ultimo trimestre si è registrato un misero +1,4%), questo scontenta gli azionisti e rende obbligatorio per i vertici di Twitter cercare strategie d'uscita.

Ma forse, dopo anni di infruttuosa rincorsa, sarebbe il caso di capire che emulare Facebook non paga.

Il successo di Twitter è legato principalmente alla sua capacità di differenziarsi dalle altre piattaforme del mondo social, e non è certo copiando una funzionalità che Facebook ha già abbandonando (ricordiamo che presto il vecchio Mi Piace si dividerà in una serie di bottoni emozionali) che può guadagnare terreno.

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