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Trivelle, la rivolta delle regioni

Trivelle a rischio referendum entro il 2016. A meno che il governo non decida di mettere mano al "decreto sviluppo" e allo "sblocca Italia" per ritirare il via libera alle piattaforme petrolifere entro le dodici miglia dalle coste e riaprire alla concertazione delle regioni sulle regole da rispettare per la ricerca marina e terrestre di nuovi giacimenti energetici.

La consultazione popolare

I rappresentanti di dieci Consigli regionali, espressione di regioni quasi tutte governate dal Pd, hanno infatti depositato in Cassazione le delibere per la consultazione popolare sull'abolizione di sei norme, una del decreto sviluppo - quella sulle dodici miglia - e le altre cinque sulle procedure. In campo sono scese Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Calabria, Campania, Molise insieme a Liguria, l'unica guidata da Forza Italia, e Veneto, governato dalla Lega. Ora si attende che l'Ufficio referendum della Suprema Corte, entro un mese circa, attesti la correttezza formale dei quesiti e li inoltri alla Corte Costituzionale che ne valuterà l'ammissibilità rispetto al nostro sistema di norme.

Lontani dalle coste

"Diciamo 'no' alle trivellazioni entro le 12 miglia, cioé nelle acque nazionali, e che siano ripristinati i poteri delle Regioni e degli enti locali per mettere i cittadini al riparo dalla limitazione del loro diritto di proprietà perché lo 'sblocca Italia' prevede che per ben dodici anni possa essere concesso il permesso di ricerca sui terreni privati", ha spiegato Pino Lacorazza presidente dem del Consiglio regionale della Basilicata, capofila dell'iniziativa referendaria. "Crediamo - ha aggiunto - che la politica energetica dell'Italia debba raccordarsi con l'Unione europea: anziché trivellare, dobbiamo limitare i consumi energetici e costruire edifici evitando che disperdano calore".

Il ruolo delle Regioni

Il referendum interviene, ha spiegato il presidente del Consiglio regionale della Sardegna Gianfranco Ganau, "su alcune norme del Decreto Monti, quelle contenute nell'art. 35 che estendono il divieto di trivellazione in mare alle 12 miglia, riattivando contestualmente i procedimenti bloccati dal governo Berlusconi, 25 progetti che prevedono attività di ricerca ed estrazione entro le 12 miglia". "L'abrogazione di alcune norme dell'art. 37 del decreto Sblocca Italia - ha proseguito Garau - pone invece l'attenzione su un altro tema legato alla partecipazione delle Regioni, dei territori e delle popolazioni alle decisioni assunte dallo Stato su temi che li riguardano da vicino come la pianificazione di studi, la ricerca e l'estrazione di idrocarburi".

Un problema per il turismo

Il senso dell'azione referendaria, ha riassunto Garau, "è il blocco di tutti i progetti in essere e la sua approvazione farà sì che il divieto sia assoluto e non superabile, in quanto non potrà più essere introdotta alcuna norma che lo consenta". Il Veneto, già 'scottato' dalle trivelle non vuole fare il bis. "Abbiamo già subito i danni da trivellazione negli anni '50 e '60, in laguna e nel delta del Po, dove la costa in molti tratti era calata di due metri e mezzo, anche tre: abbiamo dovuto innalzare gli argini con una spesa che oggi sarebbe di due miliardi di euro", ha ricordato Roberto Ciambetti presidente leghista del Consiglio regionale del Veneto. "I 60 milioni di turisti che ogni anno arrivano a Venezia non vogliono certamente un paesaggio trivellato".

Iniziativa trasversale

La trasversalità dell'iniziativa referendaria è stata messa in luce da Giovanni Pastorino consigliere regionale ligure di 'Rete a sinistra': "indica quanto sia sentita la necessità di un riequilibrio dei poteri dello Stato, soprattutto per difendere il patrimonio ambientale italiano, un ambito per il quale non è assolutamente possibile spodestare le regioni del diritto a decidere". Anche la Campania, regione 'capofila' per numero di abitanti, si è fatta sentire. "È surreale che un governo che vuole che regioni e enti locali siano la 'seconda Camera', elimini la voce delle regioni su una scelta importante come le trivellazioni", hanno obiettato i consiglieri regionali Francesco Emilio Bonelli (verdi) e Antonella Ciaramella (Pd).


Sul piede di guerra anche il Molise che, con il consigliere regionale Nico Ioffredi di Sel, boccia il progetto trivelle "miope e non lungimirante sia dal punto di vista ecologico che economico: fra cento anni l'impresa ittica e quella turistica ci saranno ancora mentre gli idrocarburi, ammesso che ci siano nel nostro mare, hanno un orizzonte di vita di pochi lustri". "Questa iniziativa è importante - hanno aggiunto i consiglieri marchigiani Andrea Biancani dei dem e Sandro Bisonni di M5s - perché finalmente le regioni fanno parlare non per gli scandali di 'rimborsopoli' ma per temi che riguardano la vita dei cittadini". Plauso da Legambiente e da Roberto Speranza della minoranza dem.(ANSA).

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