Annarita Briganti (credits: Marina Alessi)
Lifestyle

Senza perdere la leggerezza

Con la cultura non si mangia, come disse qualche anno fa Giulio Tremonti. Con la legge 40 non si vive, come ti raccontano schiere di donne emotivamente e fisicamente devastate dal tentativo di diventare madri.

È tra queste due verità apparentemente distantissime, e nel tentativo di ribaltare quei due terribili “non”, che si muove l’esistenza di Gioia, protagonista di un romanzo d’esordio sorprendente, basato su una storia vera che l’autrice - invece di indugiare nel mieloso memoirismo - ripercorre con un ritmo quasi cinematografico: 50 capitoli snelli, 50 giornate, 50 titoli azzeccati e leggeri (Mai abbassare il livello di glamour, Pasticcini, Piccole confusioni di letto) che finiscono invece per comporre il diario di un anno complicato.

Gioia è una giornalista freelance, perfetto archetipo della generazione TQ odierna alle prese con un quadro in rapido sgretolamento: impieghi precari, relazioni precarie, case precarie, famiglie precarie. Vive e lavora in una Milano che sembra il clone di quella descritta più di mezzo secolo fa da Luciano Bianciardi nella Vita agra, con qualche smartphone e molto disincanto in più. Dopo un aborto spontaneo e la scoperta di un utero “difettoso”, Gioia e il suo compagno Uto inaugurano un percorso doloroso e purtroppo noto a centinaia di migliaia di coppie italiane, anche se mai indagato così a fondo in un testo di fiction.

Percorso al termine del quale nulla sarà più come prima, né nel corpo della protagonista né nella sua testa, e neppure nel mondo un po’ alla Sex and the City che continua, imperturbabilmente uguale a se stesso, a muoversi intorno a lei: amori, feste, viaggi, uomini che faticano ad essere bastradi e donne che faticano a essere amiche. Più un coprotagonista ombra, chiamato a grattare via con efficacia la patina chick-lit dalle pagine del diario di Gioia/Annarita: la legge 40 sulla fecondazione assistita, che nei dieci anni appena trascorsi dalla sua nascita è stata smantellata da numerose sentenze della Corte Costituzionale ma è ancora lì, come un orpello “obsoleto dal punto di vista medico e morale, che causa, soprattutto a noi donne, una quantità scandalosa di dolore nel corpo e nell’anima”.

Non è facile trasmettere al lettore la complessità di certe cure invasive, non è facile rendere in poche pagine la solitudine dell’ottimismo, non è facile penetrare l’intimità dei sentimenti che si impossessano di una donna costretta a iniettarsi ormoni tra un appuntamento mondano e l’altro dove le domande di rito Sei ingrassata? e Quando lo fai un figlio? diventano stiletti d’acciaio. Non è facile ma Briganti, nonostante sia al suo primo libro, ci riesce. Con uno stile asciutto che sta in equilibrio tra rosa e nero senza scadere nel cliché né risparmiarsi le citazioni brillanti (da Proust a Laura Pausini), e un finale che non riveleremo ma grida inequivocabilmente al sequel.

Annarita Briganti

Non chiedermi come sei nata

Cairo

Pag. 200, 11 euro

YOU MAY ALSO LIKE