MotoGp, il pagellone della stagione 2015: Rossi super, Marquez flop

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Valentino Rossi (Yamaha), voto 8. Dodici podi di fila, con quattro vittorie, due medaglie d'argento e sei di bronzo. L'anno giusto per tornare a guardare tutti dall'alto, si diceva, perché meglio non poteva andare. Le premesse dicevano gloria: Lorenzo non ingranava, Marquez crollava spesso e volentieri e Pedrosa aveva marcato visita per il problema al braccio. Insomma, Rossi c'era e c'era sul serio. Vorace e determinato come non gli capitava da tempo, si è caricato sulla schiena le attese di un popolo, quello in giallo, che non vedeva l'ora di intonare il canto per il decimo titolo. La migliore conclusione possibile per il più grande campione di sempre sulle due ruote. Poi, le accuse in diretta tv sulla (presunta) combine tra Marquez e Lorenzo, l'errore da cartellino giallo di Sepang, la rimonta ai limiti del possibile di Valencia. Un errore, forse due, in una stagione intera. Meravigliosa, eppure non indimenticabile.
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Marc Marquez (Honda), voto 6. L'ha riconosciuto anche Valentino: il 22enne pilota spagnolo è il futuro della MotoGp, il campione che per almeno un paio di lustri si giocherà il titolo mondiale. Già, ma dal prossimo anno. Perché nella stagione appena conclusa, Marquez ha alternato momenti entusiasmanti, dove pareva non avere rivali, a salti nel vuoto da matita rossa, vedi le tante cadute che ne hanno condizionato la corsa in classifica. Poi, il duello infinito con Rossi tra piccole e grandi bugie che hanno stravolto la stima che gli addetti ai lavori (e i tifosi, anche spagnoli) avevano nei suoi confronti. Al netto del patto di Andorra e di tutte le sue possibili declinazioni, nessuno riuscirà mai a convincerci che a Valencia non avesse i numeri per passare Lorenzo.
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Daniel Pedrosa (Honda), voto 7,5. Pronti e via e Dani fa un passo indietro. Colpa di quel dolore insostenibile all'avambraccio destro che lo costringe a entrare in sala operatoria e a guardare dalla tv tre gare tre. Quando torna in pista, il 17 maggio a Le Mans, fa fatica a ritrovare il ritmo dei migliori. Gli altri corrono, lui pedala. Poi, al tramonto del campionato, sul cemento del Motorland di Aragon, il rilancio che sa di benedizione. Pedrosa sgomita per guadagnarsi un posto al sole e ci riesce. Vince in Giappone e in Malesia. Vorrebbe farlo anche a Valencia, ma una partenza così così e il compagno di squadra Marquez non glielo permettono. Che il 2016 sia l'anno buono?
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Andrea Iannone (Ducati), voto 8. La "prima" del pilota abruzzese sulla Ducati ufficiale è da standing ovation. In Qatar, la Desmosedici va che è un piacere e lui non si fa scappare l'occasione. Finirà terzo sul podio alle spalle dell'altro Andrea, di Borgo Panigale, Dovizioso, che pareva destinato a fare la chioccia al rookie tuttopepe che mancava di continuità. E invece, il capitombolo. Iannone prende per mano la Ducati nel mezzo di una tempesta non prevista che dura trequarti di stagione e la conduce in un porto sicuro, nell'attesa di novità più o meno determinanti. Iannone ottimo e abbondante. Peccato soltanto per i tre ritiri negli ultimi quattro gran premi. La troppa esuberanza, il limite sul quale lavorare.
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Andrea Dovizioso (Ducati), voto 5. Un'altra occasione mancata. Il Dovi inizia la stagione col vento in poppa. Tre volte secondo nelle prime tre gare. Ci siamo, si dice tra i box, sarà il campionato del rilancio, del ritorno tra i primi della classe dopo un biennio da comprimario. E invece, no. Tra cadute, ritiri, piccoli infortuni e gare quasi mai davvero esaltanti, il pilota di Forlimpopoli si fa mettere sotto anche dal suo compagno di squadra al primo anno sulla Ducati ufficiale. Coraggio, Andrea, non può piovere per sempre.
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Nicky Hayden (Honda), voto 7. Voto alla carriera in occasione del suo passaggio alla Superbike dopo 13 anni di battaglie nella MotoGp. Nicky l'americano, Kentucky Kid per gli amici, non aveva più voglia di improvvisare miracoli con una moto, la Honda del team spagnolo Aspar, che poteva poco o nulla. A 34 anni era ora di cambiare aria, per affrontare nuove sfide e rinnovare stimoli ed entusiasmi. Dalla sua, quel titolo conquistato nel 2006 dopo un testa appassionante con Valentino Rossi. L'unico grande acuto di una vita da mediano.
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Danilo Petrucci (Ducati), voto 8. Mission accomplished, Danilo! Bravo, bravissimo per tutta la stagione ai comandi di una Desmosedici del team Pramac che è spesso riuscito ad accompagnare là dove nessuno pensava potesse arrivare. Battagliero, preciso e regolare. Ecco in sintesi le qualità di un pilota che meriterebbe di salire già dalla prima gara del prossimo anno sulla Gp16. Petrucci immenso. Altro che chiacchiere. Il secondo posto a Silverstone è la ciliegina su una torta da leccarsi i baffi.
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Bradley Smith (Yamaha), voto 7. Al terzo anno di MotoGp, il britannico dai modi simpatici si toglie la soddisfazione di portare la sua Yamaha del team Monster Tech 3 al vertice del primo gruppo di inseguitori. Dietro ai soliti noti e spesso alle Ducati, che sul rettilineo sono poco meno che imbattibili, approfitta del grande caos di Misano per salire sul secondo gradino del podio, fin qui il migliore risultato della sua carriera.
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Maverick Viñales (Suzuki), voto 8. Anni 20, spagnolo di Figueres, a due passi dalla Francia, ha in comune con un suo illustre concittadino, tal Salvador Dalì, la capacità di allestire paesaggi immaginari con il piglio del fuoriclasse visionario. Arrivava dal terzo posto finale nella Moto2, un altro mondo rispetto alla MotoGp. Eppure, si aggrappa alla nuova Suzuki e trova il modo di fare benissimo. Talvolta anche meglio del suo compagno di squadra, il più navigato Aleix Espargarò. Un ottimo debutto. Anzi, di più.

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