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Parigi, l'Isis e il vero obiettivo delle stragi

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Una donna piange davanti al Bataclan a Parigi - 15 novembre 2015
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I parigini rendono omaggio alle vittime degli attentati di Parigi davanti al Bataclan - 15 novembre 2015
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Lo scrittore francese Marek Halter (il quarto da sinistra), l'Imam della Moschea di Drancy Mosque, Hassene Chalghoumi (sesto da sinistra), rappresentanti delle comunità ebraiche e musulmane di Parigi rendono omaggio alle vittime degli attentati di Parigi davanti al Bataclan - 15 novembre 2015
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Fiori nei fori lasciati dai proiettili dei terroristi al ristorante Le Carillon di Parigi - 15 novembre 2015
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Parigi, 14 novembre 2015: l'omaggio di Bono e del gruppo degli U2 alle vittime dell'attentato al teatro Bataclan
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Parigi, 14 novembre 2015, fiori e candele davanti al teatro Bataclan
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Parigi, 14 novembre 2015, il tributo alle vittime degli attentati terroristici: fiori e candele in Place de la Republique
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Parigi, 14 novembre 2015, fiori e candele davanti al teatro Bataclan
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Parigi, 14 novembre 2015, il tributo alle vittime degli attentati terroristici: fiori e candele in Place de la Republique
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Parigi, 14 novembre 2015, fori di proiettile sulla vetrina di un bar
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Parigi, 14 novembre 2015, fiori all'ingresso del ristorante Le Carillon, uno degli obiettivi degli attacchi dei terroristi
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Una donna posa una candela davanti al bar Le Carillon di Parigi - 14 novembre 2015
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Un abbraccio tra due amiche davanti al bar Le Carillon a Parigi - 14 Novembre 2015
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Una donna piange davanti al Carillon cafe a Parigi - 14 novembre 2015
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Alcune persone depongono fiori e candele in ricordo delle vittime degli attentati di Parigi in Place de la Republique a Parigi - 14 novembre 2015
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La prima pagina di un giornale a Parigi con il titolo "L'orrore" tra candelel e fiori - Parigi, 14 novembre 2015
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La ricerca degli scomparsi viaggia sui social network
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Il silenzio davanti al Carillon cafe a parigi - 14 novembre 2015
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Alcune persone in sillenzio davanti al Carillon cafe a parigi - 14 novembre 2015
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Una vittima degli attentati di Parigi - 14 novembre 2015
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Il dramma dei superstiti agli attentati di Parigi - 14 novembre 2015
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Le bandiere dell'Unione europea
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Sydney, Australia, 14 novembre 2015, manifestazione per le vittime degli attentati a Parigi
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Fiori e candele davanti al Carillon bar a Parigi, uno dei luoghi degli attentati che hanno colpito la città
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Sydney, Australia, 14 novembre 2015, manifestazione per le vittime degli attentati a Parigi
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Una donna deposita fiori a Parigi dopo gli attentati da parte dell'Isis - 15 novembre 2015

Otto terroristi hanno provocato 129 morti e messo a ferro e fuoco una grande capitale europea e mondiale. Basterebbero queste cifre a dare il senso di una sproporzione che in gergo tecnico si chiama “asimmetria” militare.

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La guerriglia cittadina di un gruppo di miliziani non è neanche lontanamente paragonabile allo sforzo bellico di un’intera e altamente tecnologica coalizione internazionale che comprende paesi occidentali e paesi arabi.

Tuttavia, il coordinamento delle diverse squadre di terroristi pronti anche al “martirio”, e la successione di attentati in uno scacchiere mondiale che va dalla Tunisia al Sinai, dalla Turchia a Parigi, dimostrano che dietro la paradossalmente micidiale “debolezza” dell’Isis ci sono menti criminali, terribilmente lucide.

L'arma dell'Isis: il terrore

Il terrore è l’arma fondamentale delle bande nere dell’Isis. Il terrore nei confronti delle popolazioni conquistate, come in Siria e in Iraq. Il terrore nei confronti delle popolazioni da conquistare, in Europa e nei paesi arabi moderati.

Il terrore è l’arma atomica dell’Isis. Un’arma la cui efficacia abbiamo potuto vedere in Europa, in altri anni e altri scenari, con i musulmani di Bosnia, vittime della bonifica etnica (un giorno bisognerà anche ragionare sulle conseguenze di lungo termine di quell’orrore).

Il Califfato sa bene cosa vuole. Il grido di guerra è pure un manifesto politico: “Allah è grande”. Basta ragionare sui diversi Islam: non c’è dubbio che nella tradizione islamica c’è anche una porzione che non è riuscita a emanciparsi da una visione totalizzante, integralista, di proselitismo violento e conquista territoriale. È la visione che fa le stragi, che taglia le teste, che punta a scatenare la guerra nel cuore dell’Europa.

Il nemico interno e quello esterno

Forte di un senso d’appartenenza e di una pretesa d’affiliazione esclusiva delle fortissime minoranze islamiche nei diversi Paesi europei. Il nemico è interno, per quanto non si debbano criminalizzare tutti i musulmani.

Ma il nemico è anche esterno, perché il secondo fronte dell’Isis è quello che lo vede contrapporsi ai regimi arabi moderati, a cominciare dall’Egitto di Al-Sisi e dalla Giordania di Re Abdallah.

Il Califfo vuole che si sollevino le masse arabe e musulmane in Europa, milioni e milioni di appartenenti a ceti sociali generalmente bassi, mal integrati, disintegrati in sette, rabbiosi nelle fasce più sofferenti che hanno smarrito l’identità (le seconde e terze generazioni).

La paura deforma e supera la realtà, sempre. Il terrore offre una percezione deformata della storia che stiamo vivendo. Il problema è che di fronte alle idee tragicamente chiare dei bombaroli e kamikaze del Califfo, l’Occidente ha perso la sua unità di visione, il senso della propria cultura, l’orgoglio delle radici, verrebbe da dire la spavalderia della sua superiorità economica, tecnologica, militare.

Oggi c’è un solo modo per evitare una deriva che mette a repentaglio la sicurezza dei nostri figli: vincere la guerra che l’Isis ci sta facendo. E c’è un solo modo per vincere questa guerra, tutte le guerre. Farla. Abbandonare le chiacchiere e passare ai fatti.

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