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SERGEI KARPUKHIN/AFP/Getty Images
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Panama Papers: i paradisi fiscali di Putin e degli altri grandi del mondo

Una gigantesca massa di denaro dirottata da studi legali internazionali e banche verso paradisi fiscali per conto di criminali, leader politici e funzionari d'intelligence. Lo denunciano milioni di documenti fatti trapelare sui media internazionali, già battezzati Panama Papers.

Fra i beneficiari di questi schemi ci sarebbero persone indicate come vicine al presidente russo Vladimir Putin, familiari del leader cinese Xi Jinping, del presidente ucraino Poroshenko, del re saudita, dei premier di Islanda e Pakistan.

Le rivelazioni sono state fatte trapelare da uno studio legale non molto noto, Mossack Fonseca, ma con sedi a Miami, Hong Kong, Zurigo e 35 altre località. Documenti passati al giornale tedesco Suddeutsche Zeitung e da questo condivisi poi con un pool di reporter investigativi di vari media internazionali fra cui i britannici Guardian e Bbc. Per l'Italia l'esclusiva è de L'Espresso.

Putin al centro dello scandalo
Il Guardian si concentra in apertura della sua edizione online solo su Putin, che viene ritenuto coinvolto indirettamente attraverso la figura di Sergei Roldugin: un musicista, indicato fra i migliori amici del presidente russo e padrino di una delle sue figlie, che sarebbe il terminale almeno nominale di uno spostamento di due miliardi di dollari partiti da Bank Rossya, un istituto di credito guidato da Yuri Kovalciuk, che gli Usa sostengono essere una sorta di banchiere del Cremlino, indirizzati verso Cipro e il paradiso off-shore delle Isole Vergini Britanniche.

Sospetti che peraltro il Cremlino respinge come una montatura, assicurando che Mosca ha i mezzi per difendere in sede legale la reputazione di Putin.

Gli altri coinvolti
Altri media coinvolti nella rivelazione di questi leaks allargano da parte loro il campo delle personalità al centro dei sospetti. Personalità fra cui figurano esponenti dello spettacolo e dello show business, accanto a criminali e trafficanti, ma anche altri leader politici o persone a loro vicine.

Haaretz, oltre a soffermarsi su businessman e personaggi pubblici israeliani, cita ad esempio aziende che secondo le carte dello scandalo farebbero riferimento ai capi di governo di Islanda e Pakistan. E inoltre somme sottratte al fisco da familiari di Xi Jinping, dal re dell'Arabia Saudita o da suoi figli, dalla famiglia del presidente filo-occidentale ucraino Poroshenko. Nei documenti anche società che sarebbero riconducibili a 33 sigle o individui inseriti nella lista nera degli Usa, per connessioni con i signori della droga messicani, con organizzazioni definite terroristiche come gli Hezbollah sciiti libanesi e con Stati come Corea del Nord o Iran.

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