Il Governo approva le novità sulle concessioni balneari, tra unanimità e forti tensioni

Via libera all’unanimità alla riforma delle concessioni balneari, unico punto all’ordine del giorno del consiglio dei ministri di oggi. A partire dal primo gennaio 2024 terminerà il regime di proroga delle concessioni e l’arenile italiano verrà spartito dopo la vittoria di bandi di gara pubblica.

Finisce così l’anomalia tutta italiana del far west delle concessioni balneari che venivano rinnovate senza la stipula di un impegno a effettuare migliorie e investimenti in barba alle norme europea.

Da una parte, dunque, le ragioni dell’Europa e del libero commercio, dall’altra la protesta degli imprenditori del settore balneare che temono che, con le novità in arrivo da parte del Governo, si finirà per cedere i nostri arenili a investitori stranieri col rischio di snaturare una delle peculiarità italiane dei lidi a gestione famigliare come sottolineato da Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari che, ad Adnkronos ha spiegato:“Il cdm sospeso per valutare il testo è assurdo. E’ questo il modo di presentare dei provvedimenti dove gli stessi componenti del governo non conoscono quello che devono andare ad avallare? Mi un modo di fare non condivisibile, siamo ai limiti dei principi democratici”. “Noi siamo estremamente sorpresi circa il modo e l’approccio che si è avuto per gestione della vicenda relativa alle concessioni dei balneari. Siamo stati convocati dal governo per ben tre volte con tre tavoli dove c’è stato un monologo da parte delle associazioni invitate, ma dall’altra parte non c’è stata nessun tipo di confronto dialettico“.

Molto dura anche Giorgia Meloni che ha parlato di «primo atto di esproprio del Governo verso 30 mila imprese». Più possibilista la Lega che parla di un testo già migliorato in cdm rispetto al momento della sua presentazione e che in aula, durante l'iter di approvazione, verrà cambiato ulteriormente «per tutelare i sacrifici di imprenditori e lavoratori»,

Licordari fa riferimento al clima di tensione che si è respirato per tutto il pomeriggio in Consiglio dei Ministri. Riunione sospesa un paio di volte per dare la possibilità ai ministri di esaminare nel dettaglio un provvedimento che a quanto pare non conoscevano e con la maggioranza impegnata a sciogliere tutti i nodi e a trovare un accordo che mettesse, da una parte, fine al caos della proroga delle concessioni e, dall’altra che tutelasse la maglia della PMI, tessuto connettivo dell’economia italiana era tutt’altro che semplice.

Il Consiglio di Stato del 20 ottobre scorso aveva infatti stabilito che dal 1 gennaio 2024 le concessioni balneari per la gestione dei lidi saranno messe a gara e quindi il rinnovo non sarà più automatico.

Condicio sine qua non per poter mantenere l’impresa aperta o poterne creare una nuova è quella di stanziare investimenti per migliorare la qualità dei servizi e interventi ad hoc contro il 'caro-ombrelloni', con prezzi più equi e meno divari tra le varie zone d’Italia.

L’obiettivo sarebbe quello di spingere gli investimenti in modo da abbassare i prezzi e migliorare i servizi attraverso stanziamenti che influiscano a una maggiore qualità delle spiagge. Un libero mercato che, però, fa paura ai proprietari dei piccoli lidi che temono di vedersi togliere la concessione a fronte di imprenditori dal portafogli più grande e dal maggiore potere d’investimento.

La realtà è che la riforma delle concessioni balneari era una spada di Damocle che pendeva sull’Italia da molti anni. Ora la riforma dovrebbe essere introdotta con un emendamento al disegno di legge delega sulla concorrenza, attualmente all’esame del Senato.

Una delle misure nel pacchetto della riforma prevede che le concessioni, rilasciate secondo procedure selettive (avviso pubblico di evidenza pubblica) e nel rispetto delle regole Ue, resteranno efficaci fino alla scadenza fissata, cioè anche oltre il 2023. Il Governo, ora, avrà sei mesi per adottare i decreti con le nuove regole di gara e dare il via ai bandi.

All’interno del pacchetto ci dovrebbero essere anche dei sostegni per i piccoli imprenditori, una sorta di paracadute per traghettare nel nuovo sistema coloro che hanno mutui da sostenere e investimenti recenti da ultimare e che rischiano di vedersi sottratta l’unica fonte di reddito famigliare a causa delle nuove normative.

La bozza, secondo indiscrezioni di stampa, prevede “clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato nell’attività del concessionario uscente”. In sintesi ci si dirige verso una sorta di cassa integrazione per chi va a perdere le concessioni o l’assorbimento nella nuova struttuta.

Altro nodo chiave è quello dell’accesso gratuito al mare. Diritto sacrosanto che l’Europa ha dovuto ribadire a fronte degli abusi che spesso si verificano sui lidi nostrani. Il mare, infatti, è gratis e di tutti, ma spesso in Italia viene vietato l’accesso tramite il lido a pagamento a bagnanti che non hanno ombrelloni e sedie a sdraio pagate. Nella bozza si legge che dovrà essere garantita «la costante presenza di varchi per il libero e gratuito accesso e transito».

Altro abuso tutto italiano che la nuova legge dovrebbe evitare è quello del cosiddetto caro ombrellone: un far west di aumenti di costi per ombrellone e lettini che ogni anno pesa sulle tasche degli italiani in maniera ingente con grandi differenze da località a località e picchi che superano i 100 euro per un giorno sul bagnasciugna. A tutela dei consumatori la libera assegnazione dei prezzi non sarà più possibile.

Ogni investimento, infine, dovrà essere dichiarato e documentato in maniera trasparente spiegando come il denaro investito andrà a beneficio del servizio finale.

La speranza è quella che il libero mercato e la diversificazione degli investimenti apra a nuovi imprenditori e a un miglior servizio. Il timore è quello che i piccoli lidi vengano svenduti a investitori esteri che producano un franchising delle vacanze lontano dallo spirito del mare italiano.

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