Il futuro dello streaming video dipende dalla pubblicità

Dopo Netflix e Disney+ anche Amazon annuncia l'arrivo degli spot sul proprio servizio di streaming, Prime Video. Seguendo quanto già successo negli Stati Uniti e poi nel Regno Unito, in Germania, Francia e altri paesi, dal 9 aprile la novità sarà attiva in Italia e per questo la compagnia ha iniziato a inviare una email agli abbonati per avvisare del cambio di rotta. Nella comunicazione viene specificato che «film e serie tv includeranno un numero limitato di annunci pubblicitari», senza definire in che misura, ma aggiungendo che saranno una quantità «significativamente inferiore di interruzioni rispetto alla televisione lineare e ad altri servizi di streaming», e giustificando la scelta con l'obiettivo di «continuare a investire in contenuti di qualità». Chi non vorrà sorbirsi gli annunci potrà farlo pagando 1,99 euro ogni mese, con l'iscrizione che si rinnova in automatico e si può cancellare in ogni momento.

In attesa di scoprire se la modalità sarà in linea con i 4-5 minuti di spot per ogni ora di visione che propone Netflix, la mossa di Amazon conferma la nuova strategia intrapresa dai colossi del settore. Per quanto unica sia l'offerta di Prime Video – servizio inserito all'interno del più ampio elenco di vantaggi garantiti dalla sottoscrizione al pacchetto Amazon Prime da 49,90 euro l'anno (o 4,99 euro al mese) che prevede consegne rapide e gratuite, Amazon Music per ascoltare brani e podcast, Prime Reading per eBook e fumetti e spazio illimitato su Amazon Photos – la richiesta di un supplemento per evitare la versione che include la pubblicità non sorprende affatto, in quanto è sinonimo di maggiori profitti per le compagnie dedite allo streaming video. Come dimostrato i conti di Netflix, gli introiti crescono più con l'arrivo del denaro degli inserzionisti rispetto a quanto garantiscono gli abbonamenti più costosi.

Sembra paradossale, ma Netflix e i suoi competitor sono interessati a far lievitare gli abbonamenti dal prezzo minore, che grazie agli annunci sono stati ribassati in confronto alla quota minima necessaria in passato per guardare film e serie tv. Restando all'Italia, il piano base da 7,99 euro al mese è stato eliminato per far posto all'abbonamento Standard con pubblicità, che consente di guardare i contenuti del catalogo in Full HD su due dispositivi, include il download e costa 5,49 euro ogni mese. Lo stacco rispetto alle altre due opzioni è netto, perché il piano Standard costa 12,99 euro mensili, mentre per il Premium con visione in 4K servono 17,99 euro. Poiché da un singolo abbonato statunitense alla versione con gli spot Netflix ricava più di 8,50 euro (il costo del piano in Usa è di 6,99 dollari al mese), ottenendo margini più alti se paragonati a quanto assicurano gli altri due piani di abbonamenti (il piano senza annunci costa 15,49 dollari), la compagnia fondata da Reed Hastings e guidata dalla coppia Ted Sarandos e Greg Peters ha sposato una strategia diversa rispetto al passato.

Il nuovo corso è partito con l'eliminazione del piano più economico privo di spot, è proseguito con i costanti progressi in termini di visione e supporto alla sottoscrizione che include gli annunci ed è passato dal blocco delle condivisioni delle password e dal supplemento da 4,99 euro al mese per singoli utenti che si aggiungono a un piano Standard o Premium. Nell'aria, inoltre, c'è anche la possibilità di staccare i giochi per dispositivi mobili, oggi inclusi in tutti i piani di abbonamento, con una ulteriore sottoscrizione da fare a parte. Ecco perché Disney+ e Amazon Prime Video, pur con tempi e sfumature differenti, stanno imboccando la stessa direzione. La necessità di incrementare i ricavi, trovare nuovi abbonati e mantenerli nel tempo obbliga i grandi player del mercato a cercare espedienti e nuove formule, anche se il ricorso agli inserzionisti ricorda la dinamica della televisione generalista. Se non fosse per la possibilità di guardare ciò che interessa quando e dove si desidera, sembrerebbe un salto indietro nel tempo.

YOU MAY ALSO LIKE