Chi ci guadagna dall'uscita di scena di Monti

L'uscita di Monti da Scelta Civica ha soprattutto il significato di porre un sigillo a quello che a tutti gli analisti politici era chiaro da tempo: il fallimento di Scelta Civica come progetto politico.

Esordio non brillante con il premier uscente che "sale in campo", locuzione che sapeva di copiatura, di già visto, a gennaio la nuova formazione veniva data dai sondaggi attorno al 10%. Gli errori politici e di comunicazione occorsi in campagna elettorale - più che il cagnolino, Monti dovrebbe accusare se stesso per aver permesso a Fini e Casini presentare li propri simboli al pari del suo, o di aver dichiarato, all'indomani della sua entrata in politica, di voler abbassare le tasse (tema di riconosciuta pertinenza di Berlusconi), portarono Scelta Civica al modesto risultato elettorale dell'8,3%.

Da quel momento, una costante discesa verso il basso che non si era mai vista nella Seconda Repubblica. Numeri alla mano, il partito è riuscito a scivolare più ripido di Fli. Calcolando una media tra i principali istituti demoscopici, si rileva: 7,5% a Marzo 2013; 6,3% ad Aprile; 5,4% a Maggio; 4,8% a Giugno. Pausa estiva. 4% alla ripresa e 3% questa settimana.  

Ma da dove arrivavano i voti di Monti? E dove stanno andando ora?

Arrivavano nella misura del 30% da chi nel 2008 aveva votato Pd; attorno al 20% da chi aveva votato Pdl e Udc; il 10% dalla Lega e qualcuno da Di Pietro.

Non stanno però tornando nella stessa direzione. Escludendo i pochi che ancora oggi voterebbero Scelta Civica, otteniamo l'8% di voti che andrebbero al Pd - un saldo negativo di 22 punti, quindi - il 10% all'Udc (la metà di quelli che sono partiti); il 19% al Pdl, in linea con il 2008; il 7% ai grillini, formazione al tempo non presente. Il 56% agli indecisi.

Insomma, gli unici ad "esserci andati in pari" sono stati quelli del Pdl. I voti della Lega sembrano essere stati sostituiti dai 5 Stelle e tutti gli altri hanno perso.

Ad oggi, più della metà del tesoretto di Monti è lì, a disposizione, e nessuno se lo è ancora preso.

Probabilmente quei voti aspettano qualche buona idea. Con il fallimento di Futuro e Libertà, infatti, c'è un fattore comune. Quello della totale assenza di proposta politica. Monti, come Fini, ha goduto di un grandissimo credito di fiducia iniziale; ma oltre la presunta solidità istituzionale (in campo economico il primo, politico il secondo), con tempistiche del tutto opportune per poterlo fare, non è arrivato nessun risultato concreto. Ciò lo ha reso, li ha resi, non credibili agli occhi del cittadino-elettore, che esercita l'unico potere che gli rimane, quello di mettere o togliere la crocetta. 

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