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(Ansa)
Salute

Monoclonali tra certezze e dubbi della scienza

L'Italia ha dato il via libera all'utilizzo degli anticorpi monoclonali come terapia anticovid. È questo uno degli ultimi decreti del Governo Conte firmato dal ministro Speranza che autorizza: "la temporanea distribuzione dei medicinali a base di anticorpi monoclonali per il trattamento di Covid-19, privi di una autorizzazione all'immissione in commercio nel territorio europeo e nazionale"

Per finanziare gli anticorpi verrà utilizzato il fondo di 400 milioni di euro istituito dalla Legge di Bilancio per l'acquisto di vaccini e farmaci anti SARS-CoV-2 praticamente un quarto di tutto il budget per la ricerca scientifica Italiana. I farmaci approvati sono: bamlanivimab e la combinazione bamlanivimab-etesevimab dell'azienda Eli Lilly e il cocktail casirivimab-imdevimab della farmaceutica Regeneron/Roche. Il costo per ogni singolo trattamento si aggira intorno ai mille/duemila euro a fiala e dovrebbe far risparmiare sui ricoveri ospedalieri.

La cura usata anche da Trump è per una categoria limitata di pazienti immunodepressi che sono agli esordi dell'infezione ma ad alto rischio di evoluzione della malattia. Una scelta che ha sollevato molte perplessità nel mondo scientifico.
«Io credo che questa decisione sia per 75 per cento politica e per il 25 per cento scientifica, un modo per rimediare sulla questione dei vaccini, di cui l'Italia è ancora sprovvista - ci spiega il prof. Francesco Menichetti Infettivologo all'Università di Pisa - Le perplessità nascono dalla troppa enfasi sugli anticorpi monoclonali che non sono stati ancora autorizzati dall'Ema. Tutti si riferiscono a questa terapia come fosse un'arma contro il Covid, una pallottola d'argento per sconfiggerlo. Non è la cura per Il Covid o per i malati gravi ma una terapia profilattica per chi ha l'infezione in forma più lieve. Non sono favorevole a questo scenario e sono sorpreso di come si sia deciso di impiegare delle risorse così rilevanti, parliamo di 500 milioni di euro. C'è tanta strada da fare ancora sui monoclonali ma qui sono state suonate le trombe di Gerico in modo improvvido. Noi abbiamo condotto uno studio sul plasma su 500 pazienti di cui aspettiamo gli esiti. Si parla di una terapia meno costosa di 200 euro contro i mille, duemila euro dei monoclonali a fiala».
Anche il parere del Cts ha destato stupore perché nonostante riconosca la mancanza di dati e l'incertezza sul beneficio del farmaco ne approva comunque il trattamento.

«Pur considerando l'immaturità dei dati e la conseguente incertezza rispetto all'entità del beneficio offerto da tali farmaci, ritiene, a maggioranza, che in via straordinaria e in considerazione della situazione di emergenza, possa essere opportuno offrire comunque un'opzione terapeutica ai soggetti non ospedalizzati che, pur avendo una malattia lieve/moderata risultano ad alto rischio di sviluppare una forma grave di COVID-19 con conseguente aumento delle probabilità di ospedalizzazione e/o morte. Si tratta, in particolare, di un setting a rischio per il quale attualmente non è disponibile alcun trattamento standard di provata efficacia. Sulla base di tali considerazioni, pur rilevando l'esistenza di prove di efficacia ancora preliminari, si ritiene che i suddetti farmaci (previa verifica della loro effettiva disponibilità) possano essere resi disponibili con procedura straordinaria e a fronte di una rivalutazione continua sulla base delle nuove evidenze disponibili, dell'arrivo di nuovi anticorpi monoclonali o altri farmaci, e delle eventuali decisioni assunte in merito da EMA."
Inoltre a quanto viene riportato sulla stampa anche negli Usa c'è stata difficoltà logistiche nella somministrazione della terapia monoclonale e parte delle dosi di anticorpi acquistati oltre 600mila sarebbero rimasti nei frigoriferi.

«Non abbiamo nessuna evidenza di efficacia su questi farmaci - commenta l'immunologo Alberto Beretta - Finanziare 400 milioni significa acquistare milioni di dosi per un farmaco senza conoscerne l'efficacia e i rischi. Gli anticorpi monoclonali inoltre sono difficili da somministrare ed il 90 per cento di qui ha questo infezioni lievi evolve in maniera spontanea. C'è anche il rischio documentato di selezionare varianti che va verificato con grande attenzione. Abbiamo a disposizione un farmaco, quello della Eli Lilly, che non ha nessuna efficacia sulla carica virale e la cui efficacia sugli eventi clinici è a dir poco irrisoria e un altro farmaco, quello della Regeneron che riduce di molto la carica virale ma che non ha nessun impatto sugli eventi clinici. Pare evidente che siamo solo all'inizio di una lunga storia e che ancora molta ricerca andrà fatta per capire se, come e quando utilizzare questi farmaci. Non abbiamo nessuna idea di come impiegarli in un contesto clinico reale, non quello dei trial clinici in cui tutti i parametri e le difficoltà logistiche sono presi in considerazione e gestiti al meglio (cosa impossibile da fare su pazienti domiciliari con forme paucisintomatiche)».

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