Kenya: quali saranno le prossime mosse degli Shebab

La strage di Garissa

Alcune ragazze scampate alla strage dell'università di Garissa. EPA/DANIEL IRUNGU

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Lo strazio dei famigliari delle vittime della strage arrivate a Nairobi per l'identificazione dei corpi, 5 aprile 2015

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Tony Karumba /AFP/ Getty Images
Un gruppo di giovani sopravvissuti al massacro riuniti a Nairobi, 4 aprile 2015

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Veglia di preghiera e ceri accesi nella Chiesa Anglicana di Garissa, 5 aprile 2015

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Veglia di preghiera nella Chiesa Anglicana di Garissa, 5 aprile 2015

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Some of the Garissa University students who were rescued, comfort each other at the Garissa military camp, in Garissa town

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epa04690739 University staffs who survived previous day's attack arrive at Garissa University College to inspect the aftermath in Garissa town, located near the border with Somalia, some 370 km northeast of the capital Nairobi, Kenya, 03 April 2015, the day after the gunmen attacked the university in which the government said 147 have been killed and many have been injured. Islamist militant group al-Shabab from Somalia claimed responsibility for the attack. EPA/DAI KUROKAWA

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Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Militari davanti all'università EPA/DANIEL IRUNGU

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Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Assistenza agli studenti sopravvissuti alla strage all'università EPA/DANIEL IRUNGU

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Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Assistenza agli studenti sopravvissuti alla strage all'università EPA/DANIEL IRUNGU

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Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Studenti sopravvissuti alla strage all'università EPA/DANIEL IRUNGU

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Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Assistenza agli studenti sopravvissuti alla strage all'università

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Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Studenti sopravvissuti alla strage all'università EPA/DANIEL IRUNGU

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Soldati davanti alla Garissa University in Kenya, 2 aprile 2015. EPA/DAI KUROKAWA

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Soldati davanti alla Garissa University in Kenya, 2 aprile 2015. EPA/DAI KUROKAWA

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Mohammed Mohamud, considerato la "mente" dell'attacco islamista all'università di Garissa, in Kenya

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Una dei superstiti al massacro dell'università di Garissa, in Kenya EPA/DAI KUROKAWA

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epa04690738 University staffs who survived previous day's attack arrive at Garissa University College to inspect the aftermath in Garissa town, located near the border with Somalia, some 370 km northeast of the capital Nairobi, Kenya, 03 April 2015, the day after the gunmen attacked the university in which the government said 147 have been killed and many have been injured. Islamist militant group al-Shabab from Somalia claimed responsibility for the attack. EPA/DAI KUROKAWA

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Ansa
"Il Kenya non è piegato": il titolo del quotidiano invita a reagire alla violenza dell'attacco al Garissa University College

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Veglia di preghiera nella Cattedrale di Nairobi, 5 aprile 2015 Nairobi

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I corpi dei sospetti terroristi all' obitorio di Garissa, 4 aprile 2015

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I corpi dei sospetti terroristi all' obitorio di Garissa, 4 aprile 2015

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Una donna in pianto nella Chiesa Anglicana di Garissa, 5 aprile 2015

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Si commemorano le vittime in una chiesa di Garissa, 5 aprile 2015

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Si piange e si prega per le vittime in una chiesa di Garissa, 5 aprile 2015

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Un cero per le vittime del massacro. Garissa, 5 aprile 2015

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Lo staff dela Croce Rosa assiste una donna devastata dal dolore. Nairobi, 6 aprile 2015

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Un militare davanti alla Garissa University in Kenya, 2 aprile 2015. EPA/DAI KUROKAWA

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La strage di Garissa


Di Marta Pranzetti per Lookout news

A dispetto dell’attacco al campus universitario di Garissa dello scorso 2 aprile, l’“età dell’oro” di Al Shabaab in Somalia è ormai tramontata. L’epoca attestata tra il 2007 e il 2010, quando i “giovani” (dall’arabo Shabaab) qaedisti somali controllavano una vasta porzione di territorio – la più ampia che Al Qaeda ha mai rivendicato in Africa – ha lasciato il posto ad azioni spettacolari per lo più condotte al di fuori della Somalia.

 Dopo l’attentato al centro commerciale Westgate Mall di Nairobi (settembre 2013, 70 morti) e dopo l’attacco nella località turistica kenyota di Mpeketoni (giugno 2014, una cinquantina di vittime), come detto è stato l’attentato del 2 aprile nel collegio di Garissa (nel sud-est del Kenya) a richiamare l’attenzione internazionale sul gruppo jihadista somalo. Oltre 140 i morti accertati per una strategia che deve essere ancora del tutto delineata.

Chi sono i miliziani di Al Shabab

Al Shabaab ieri e oggi

Se tra il 2007 e il 2010 Al Shabaab in Somalia è arrivato a controllare anche la capitale Mogadiscio, il principale porto del sud del Paese di Kismayo e altri porti minori come quello di Brava – sfruttandone le risorse per trarne profitti economici e amministrando i territori attraverso la rigida imposizione della Sharia islamica – oggi la realtà è ben diversa. Perduti tutti i suoi principali avamposti e ridottosi a operare intorno alla località meridionale di Jilib, il gruppo degli Al Shabaab deve fare i conti con la sempre più evidente mancanza di finanziamenti provenienti da Al Qaeda oltre che dai suoi traffici clandestini.

 Ma non sono queste le uniche caratteristiche che emergono dal confronto delle strategie operative utilizzate nel presente rispetto al passato dall’organizzazione qaedista somala. Durante gli anni dei grandi attentati a Mogadiscio, la leadership di Al Qaeda aveva criticato l’“eccessivo” massacro dei musulmani da parte di Al Shabaab (la Somalia è quasi interamente musulmana). Anche in questa ottica si spiega il ripiegamento degli Shabaab in Kenya.

 Oltre a rappresentare uno dei Paesi con il maggiore contingente militare all’interno delle forze dell’Unione Africana che operano in Somalia (AMISOM), il Kenya – che confina con la porzione di territorio rimasta sotto il controllo delle milizie islamiste – è un Paese a maggioranza cristiana (82% contro uno scarso 11% di musulmani). Sia nel caso del Mall di Nairobi che del collegio di Garissa, è stata l’élite urbana e cristiana del Kenya a essere colpita. E in entrambi gli attentati – come anche nel massacro degli oltre 30 minatori “infedeli” avvenuto nel dicembre del 2014 vicino a Mandera al confine con la Somalia – i miliziani islamisti hanno accuratamente separato i cristiani dai musulmani. Una prova evidente della capacità dell’organizzazione di rinnovarsi nonostante l’apparente declino territoriale ed economico.


Anche Al Shabaab in rotta verso lo Stato Islamico?
Adesso resta da verificare se il messaggio della disfatta di Al Qaeda, lanciato la scorsa settimana da Ayman Al Zawahiri, sgancerà l’organizzazione somala dal brand qaedista per segnare la sua virata verso quello che oggi rappresenta il più allettante marchio della jihad globale, lo Stato Islamico.

 Dopo la conferma, giunta nelle scorse settimane dalla leadership di ISIS, dell’affiliazione dei miliziani islamisti nigeriani di Boko Haram al Califfato di Al Baghdadi, è verosimile ipotizzare che l’ingresso degli Al Shabaab nelle fila dello Stato Islamico possa contribuire a smantellare anche le vestigia di AQIM (Al Qaeda nel Maghreb islamico) nell’Africa settentrionale, nel Sahel e nel Corno d’Africa.

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