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Economia

Il potere dei marchi americani

C'è chi sostiene che gli Stati Uniti abbiano definitivamente perso il loro appeal: hanno problemi politici, economici e sociali come tutte le altre nazioni del mondo; non riescono più ad esercitare il loro leggendario soft power in ogni angolo del paese, ne' sono riusciti a mantenere vivo (e reale) il mito del sogno americano. Chi condivide questo punto di vista ritiene anche che, presto, riusciremo a capire quale sarà il paese che li sostituirà in qualità di nuovo leader mondiale. A dire il vero i candidati in lizza sono tanti: Cina, India, Brasile, Germania, ma prima di affermare che gli Stati Uniti hanno definitivamente perso il loro carisma, sarebbe bene considerare se, invece, sono semplicemente cambiati i modi in cui un paese può esercitare la sua influenza al di là dei propri confini.

In base all'ultima classifica sul peso dei marchi su scala globale pubblicata dagli esperti di Millward Brown , infatti, i cinque brand più influenti del mondo sono americani: Google, Apple, IBM, Microsoft e McDonald's. I secondi cinque? Ebbene, anche questi sono americani: Coca-Cola, Visa, at&t, Malboro e Amazon.com. A dire il vero, anche nell'undicesima, dodicesima e tredicesima posizione ci sono aziende statunitensi, e nella top 25 ne compaiono addirittura 19. Considerando le prime cento posizioni, infine, sono basate negli Usa poco meno della metà (46) delle aziende classificate.

Cosa vuol dire tutto questo? Si è posto la stessa domanda The Daily Beast , uno dei principali aggregatori di opinioni statunitense, arrivando alla conclusione che solo i brand americani sono stati capaci di investire in maniera costante e mirata in pubblicità e marketing, costruendo così un impero che permetterebbe loro di vivere di rendita. Come Malboro, che pur avendo dovuto scontare le conseguenze delle nuove limitazioni alla sua libertà di investire in questo campo per la campagna anti fumo lanciata da Washington qualche tempo fa resta ancora il nono brand più influente del mondo.

La classifica di Millward Brown, infatti, non prende in considerazione soltanto il valore economico delle aziende, ma anche il modo in cui i consumatori di tutto il mondo si rapportano alla stessa. E il vantaggio degli Stati Uniti consiste nel fatto di avere un mercato talmente competitivo da assicurare il successo mondiale per tutti quei marchi che riescono ad emergere all'interno dei confini nazionali. Al contrario, per la maggior parte degli altri paesi la concorrenza vera comincia soltanto quando queste ultime iniziano a immaginare il proprio lancio globale.  

Ancora, a dispetto del millantato declino, sono stati di nuovo gli americani ad emergere sui cosiddetti nuovi mercati, come dimostrato dall'invidiabile posizionamento di Google e Apple. Infine, alla luce di questa classifica l'unica vera minaccia per gli Stati Uniti sarebbe la Cina, visto che l'unico altro paese che si posiziona, anche se con risultati nettamente inferiori, sotto l'America è la Repubblica popolare. Eppure, le performance certamente significative di Tencent (14esimo posto), China Mobile (15esimo) e Industrial and Commercial Bank of China (17esimo) dipendono più dalla forza di queste ultime sul mercato interno che da una leadership mondiale ancora tutta da costruire. Perché se il successo di un'azienda a livello globale va calcolato in base all'appeal esercitato dalla stessa sui consumatori stranieri, ancora una volta sono gli Stati Uniti ad avere questo primato, con colossi come McDonald's, Coca-Cola e Microsoft in grado di accumulare all'estero profitti per una quota che oscilla tra il 70 e l'80 per cento.

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