«Giorgia Meloni non è una donna», il solito vizio delle femministe di sinistra

Ho passato una vita a difendere le donne, ma che delusione. Purtroppo debbo constatare che non pensano....”.

Lo disse l’antropologa, filosofa e accademica Ida Magli e non riesco a non subire il flusso di questo provocatorio sfogo nel fronteggiare la nuova frontiera cui si è spinta la delegittimazione politica - tutta femminile - che attende la prossima, probabile, Premier.

Ad ora, Giorgia Meloni è in testa nei sondaggi con il suo partito e con la coalizione di centro-destra che oggi sfiora il 50% delle preferenze, così da porre una serissima ipoteca sull’esito delle imminenti elezioni del 25 settembre e sulla scelta del prossimo Presidente del Consiglio.

Salvo sconquassi sempre in agguato, la leader di Fratelli d’Italia verrà incaricata di formare il primo governo repubblicano con a guida una donna il che, per il nostro Paese, sarebbe un inedito assoluto nella storia, un evento epocale in un contesto mondiale dove l’Italia è fra le poche nazioni a non aver mai attribuito un tale potere ad un esponente del gentil sesso.

Ci sono già passate l’Inghilterra con la Thatcher, la Germania con la Merkel, la Spagna, la Francia, tutti i paesi scandinavi, persino l’India e il Pakistan e, più di recente, la Tunisia, alla faccia dell’arretratezza dei paesi musulmani.

Mancano gli Stati Uniti ma almeno loro hanno già candidato una donna alla Casa Bianca.

In Italia la politica è invece sempre stata ‘cosa da uomini’ e, a parte l’indimenticata Nilde Iotti ed Emma Bonino, le donne sono sempre state relegate a ruoli da comprimari, al massimo cooptate alla presidenza di Camera e Senato o a qualche ministero, ma nulla di più.

Ora che siamo al crocevia di una conquista storica, però, la reazione del femminismo di sinistra mostra il vero volto di un pregiudizio che contraddice il movimento e che svela, in ultima istanza, l’ipocrisia che lo permea: Giorgia Meloni non è una donna.

Lo ha detto chiaramente Natalia Aspesi, firma de La Repubblica, e lo ha fatto capire – con un’ardita “supercazzola” sulla differenza fra donna biologica e donna politica – Michela Murgia, il cui antifascismo militante acuito dalla vis polemica e sensazionalista l’ha esposta inevitabilmente a uscite a vuoto.

Non sono una grupie della Giorgia nazionale né il mio è un endorsment alla stessa, dacché la politica è una delle cose che mi ha sempre appassionato meno: però a tutto c’è un limite. Qui siamo ad una nuova frontiera della delegittimazione, quella della negazione di genere.

Ricordate tutti la favola della volpe e dell’uva ma qui sublimiamo il motto di Esopo: anni e anni a inforcare reggiseni per reclamare un astratto concetto di parità, invocando egual capacità di uomo e donna, e quando arriva il momento si reagisce cancellando il concetto stesso di ‘donna’?

Non prendiamoci in giro: se Giorgia fosse stata di sinistra l’avrebbero verosimilmente portata in trionfo come un imperatore romano davanti alle folle, con la Aspesi e la Murgia in prima fila a reggere sulle spalle il trono.

Invece no, essendo di destra non merita nemmeno la status di donna, perché attribuirglielo significherebbe – nel loro piccolo mondo impregnato di pregiudizio politico – ammettere che la Meloni ha vinto la battaglia per cui hanno combattuto loro e quelle come loro.

Ecco che, come la volpe di Esopo, si annulla la partita, come il bimbo che si porta via il pallone a gara in corso perché sta perdendo. L’eventuale vittoria della Meloni non vale, per il femminismo di sinistra.

Un tempo questo utilizzava artifici volgari e semplicistici di fronte alle donne di destra sdoganate dal berlusconismo: si sarà concessa sessualmente. Tali insinuazioni bastavano per delistarle, come di dice in gergo borsistico, pregiudicandone ogni ambizione.

Siccome però una siffatta argomentazione non può funzionare con Giorgia Meloni, allora si adotta la scorciatoia del ‘non è una donna’. Punto, partita annullata.

Se la cantano e se la suonano, si dettano da sole le regole. Lasciamole giocare tra loro, non serve nemmeno fronteggiarle perché del tutto inutile.

Spero quindi che la Meloni continui a ignorare queste ingiurie idiote richiamando alla mente Oscar Wilde il quale sosteneva che con gli stolti è inutile lottare: ti portano al loro livello e poi ti battono con l’esperienza.

Info: missagliadevellis.com

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