Quarant'anni senza Gilles Villeneuve

Chiedi chi era Gilles Villeneuve, se non sei vissuto negli anni Ottanta e se non ti è mai capitato di incrociare immagini e racconti del canadese volante. Chiedi chi era per capire perché è stato il pilota più amato di sempre dal popolo della Ferrari, anche se immensamente meno vincente di tanti altri. Un'icona, il simbolo del coraggio e della velocità. Un pilota campione al di là dei titoli in cui c'era poesia, tanta, mai più ritrovata in altri come lui e nemmeno in uno sport che dal giorno della sua scomparsa (Zolder, Belgio, 8 maggio 1982) ha cambiato pelle più volte trasformandosi in un business a volte freddo e impersonale.

Chiunque abbia l'età per essere stato cosciente di quanto stava accadendo quel pomeriggio di maggio, non può non provare brividi vedendo il bellissimo docufilm "Gilles Villeneuve, l'Aviatore" scritto e diretto da Giangiacomo De Stefano con Federico Fava e Valentina Zanella, coprodotto da Sonne Film e K+ con la collaborazione di Rai Documentari e il supporto di Emilia Romagna Film Commission. Sarà visibile sulla piattaforma Rai Play l'8 maggio, giorno del quarantesimo anniversario della tragica scomparsa, e trasmesso su Rai Due il 10 maggio.

Dentro c'è la storia del ragazzo sbarcato a Maranello senza un passato nelle categorie minori, capace di far innamorare il genio di Enzo Ferrari e di diventare la prima star dello sport, almeno in Italia. Un Paese diverso, più rampante e felice, che si affollava lungo le curve degli autodromi accampandosi per giorni in happening oggi dimenticati; le immagini delle gare a Imola, che fanno parte del racconto lungo due ore, sembrano uscire da un mondo irreale. Eravamo noi, invece, contagiati dal coraggio di un uomo nato per spingersi oltre il limite e che la sorte aveva messo sulla strada della Ferrari, l'altra grande passione degli italiani.

Gilles Villeneuve raccontato dalla voce di chi c'era, con un certosino lavoro di ricerca negli archivi per andare a ripescare voci, suoni, interviste. Vittorie (meno di quante potesse raccoglierne), sconfitte, incidenti e delusioni. Il debutto quasi casuale con un'altra vettura, la McLaren che era andata a pescarlo in Canada. Il primo incontro in jeans con Enzo Ferrari a Maranello, il duello di Digione con Arnoux entrato nella leggenda della Formula Uno e mai più eguagliato per ardimento e tecnica.

Quattro scatti del drammatico incidente che costa la vita a Gilles Villeneuve l'8 maggio 1982Ansa

E poi il basso profilo di un uomo che si muoveva in un caravan con moglie e figli evitando gli alberghi. La lealtà dimostrata verso il compagno di scuderia Scheckter nel 1979 e il tradimento di Pironi pochi giorni prima che il drammatico tamponamento con Mass, nel sabato delle prove a Zolder, se lo portasse via per sempre. Le (poche) amicizie e le (tante) rivalità di un pilota passato direttamente nella leggenda pur senza avere mai la fortuna e l'onore di fregiarsi del titolo di campione del mondo come sarebbe poi accaduto al figlio Jacques nel 1997.

I giri su tre gomme, le sbandate controllate e le Ferrari distrutte (anche più numerose di quelle al tempo dichiarate). La benevolenza di Ferrari l'amore totale che spinse molte mani a scrivere 'Forza Gilles' sui muri delle città o a immaginarsi veloci e coraggiosi come lui. I centomila accorsi intorno alla pista dell'aeroporto di Istrana per vederlo sfidare - battere - un F104 dell'aviazione militare. La febbre Villeneuve, secondo una felice intuizione giornalistica del tempo. Tutto interrotto dallo schianto e dalla morte, troppo giovane anche se per anni aveva barato sulla sua età togliendosi un paio di primavere per aprirsi più porte possibili.

"Gilles Villeneuve, l'Aviatore" è un viaggio di due ore dentro un mito con sullo sfondo l'Italia che siamo stati. Gilles è morto nel 1982, in maggio. Due mesi e tre giorni più tardi la nazionale di Bearzot alzava al cielo di Madrid la coppa del Mondo di calcio, la più bella. Quasi un gioco del destino, come il Brasile nel 1994 due mesi e 16 giorni dopo l'addio ad Ayrton Senna. Gilles Villeneuve era canadese, non italiano; ma come lo salutò la tv di Stato ricordandolo nel giorno della scomparsa, "era della Ferrari, quindi era uno di noi".

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