Dove investire per evitare il rincaro delle tasse sulle rendite

Bot, ma non solo. Per sfuggire all’aumento della tassazione delle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento (annunciato con l’obiettivo di incassare 2,6 miliardi da destinare all’abbattimento del 10% dell’Irap) si può puntare non solo sui titoli di Stato emessi dal Tesoro: come prevede la legge, "l’imposta è applicata nella misura del 12,5 per cento anche sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e degli altri titoli di cui all’articolo 31 del decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, nonché di quelli con regime fiscale equiparato, emessi all’estero a decorrere dal 10 settembre 1992, indipendentemente dalla scadenza". Insomma, i titoli emessi da istituzioni internazionali come Bei, Bers, Bri o Banca Mondiale sono soggetti a una ritenuta del 12,5 per cento, cosa che può rendere questi titoli, facilmente negoziabili in banca, più convenienti di obbligazioni societarie. Anche perché l’offerta, che copre un po’ tutte le valute, dalla corona norvegese al dollaro australiano, permette di proteggere i risparmi da una crisi dell’euro.

Anche così il doppio binario della tassazione delle rendite (sono sette i paesi in Europa che prevedono diversi regimi per titoli di Stato e altre rendite) può influenzare le scelte dei risparmiatori, per cui non valgono i benefici previsti dai vicini Ue. È vero, infatti, che l’aumento dell’aliquota sulle rendite al 26 per cento avvicina il Belpaese alla media, ma ci si dimentica delle agevolazioni previste da altre legislazioni per i risparmi medio-bassi. In Francia è previsto l’abbattimento delle plusvalenze in funzione della durata della detenzione dei titoli (fino al 65 per cento dopo otto anni). In Germania sui primi 1.600 euro di rendite finanziarie scatta un’esenzione ad hoc per le famiglie.

Infine, s’allarga la disparità di convenienza tra previdenza e risparmio gestito. L’aumento della tassazione sui fondi comuni tassati al 26 per cento per la parte non investita in titoli di Stato può dare una spinta alla previdenza integrativa (aliquota dal 15 al 9 per cento, più l’incentivo alla sottoscrizione), con un danno indiretto alle entrate fiscali. Se i fondi pensione saranno alimentati dal Tfr, l’erario vedrà ridursi l’incasso, 6 miliardi annui garantiti, come ha scritto il Sole 24 Ore, dal prelievo "sotto forma surrettizia di tassa sulla mancata previdenza in capo a chi crede di avere lasciato la propria liquidazione in azienda".

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