Debito pubblico: gli stranieri che hanno in mano l'Italia

Degli oltre 2.200 miliardi di euro di debito pubblico, la parte che desta maggiori preoccupazioni è quella in titoli di Stato in mano a banche, assicurazioni, fondi di investimento con passaporto estero.

Perché il veicolo di contagio delle crisi nell'Eurozona sta proprio in questo circolo vizioso: se l’Italia (o un altro Paese dell'area euro) è instabile dal punto di vista politico e il debito aumenta e l’economia non cresce, gli investitori stranieri (di norma) si innervosiscono e cominciano a vendere i titoli di Stato di quel paese e dei paesi più deboli in portafoglio.

Così lo spread dei titoli in questione con il Bund, benchmark dell’Eurozona considerato "bene rifugio" nei momenti di incertezza, si allarga, mentre i rendimenti aumentano. Il debito pubblico di quel paese diventa più costoso: gli interessi da pagare ai creditori sono più alti.

Nel frattempo i prezzi delle obbligazioni crollano: banche e assicurazioni che li avevano comprati, si ritrovano portafogli svalutati che vanno poi a guastare i conti trimestrali degli istituti. Ecco perché a ogni cattiva avvisaglia dalla Penisola qualche grande investitore scarica i titoli di Stato italiani.

Perché il debito pubblico continua a crescere


I Paesi più esposti
Ma quanti miliardi di titoli di debito italiani hanno in mano gli investitori esteri? Secondo i dati di Bruegel, think tank di Bruxelles specializzato in economia, dei 1.907 miliardi di euro in circolazione a fine giugno 2016 in Btp, Bot e altre tipologie di tigli di Stato italiani, 1.197 miliardi erano detenuti dagli italiani (rispamiatori, ma anche banche, assicurazioni e altri grandi investitori), mentre i restanti 711 miliardi di euro erano in mano ai non residenti, una percentuale pari al 37,3% del totale.

Un numero comunque inferiore rispetto a quelli registrati nel triennio 2008 - 2011, gli anni della crisi finanziaria che dai subprime ha investito il debito pubblico europeo, durante i quali quasi la metà dei Btp sul mercato era in mano a investitori stranieri (dal 50% del terzo trimestre 2008 al 42% di fine settembre 2011). Tra questi però, bisogna comprendere anche le altre banche centrali europee, che operano in sintonia con la Bce, e società di investimento esterovestite, basate all'estero ma controllate da investitori italiani.

Stando a una ricostruzione pubblicata la scorsa estate dal quotidiano tedesco Die Welt, escluse le banche centrali (Bce e Bankitalia), il primo investitore estero nel nostro debito è la Francia. Banche e assicurazioni d’Oltralpe detengono oltre 250 miliardi di euro in titoli di Stato italiani, più del triplo degli istituti tedeschi (la Germania è il secondo investitore nel debito pubblico italiano) che hanno investito 83,2 miliardi di euro nei titoli governativi italiani.

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Banche e assicurazioni

Deutsche Bank la scorsa estate aveva dichiarato di avere in portafoglio oltre 11,7 miliardi in Btp, mentre l’assicuratore Allianz ha ridotto a fine 2016 il portafoglio di titoli italiani a 24,8 miliardi (12% del totale) dagli oltre 29 miliardi nel 2015. AXA, il primo assicuratore francese, allo scorso 30 giugno aveva in portafoglio 22,5 miliardi di euro in titoli italiani, pari al 9% del portafoglio totale in vestito in obbligazioni di 250 miliardi di euro.

Il terzo paese pieno di Btp è la Spagna: 44,6 miliardi in portafoglio delle banche iberiche, davanti agli USA che hanno comprato 42,3 miliardi di euro in titoli italiani. BlackRock, il più grande gestore di patrimoni al mondo (oltre 5.000 miliardi di dollari), nel 2015 aveva investito 10 miliardi di euro in titoli di Stato italiani.

Dopo gli USA, troviamo il Regno Unito (29,8 miliardi) e il Giappone (27,6 miliardi). Quest'anno andranno in scadenza oltre 200 miliardi di euro, ma Bce e Bankitalia dovrebbero metterci una pezza: sulla base delle quota legata alla presenza di Roma nel capitale della Bce stessa, le due banche centrali dovrebbero acquistare titoli di Stato italiani per un valore nominale di circa 85 miliardi di euro (stime dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo), salendo così a un totale vicino ai 300 miliardi di euro.

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