Palamara, Davigo, Csm: a tenere in piedi la giustizia non basta più un'impalcatura

Facciamo un esempio. Una casa sta per crollare, colpa della fondamenta che non tengono più, corrose dal tempo, dall'incuria. Un bel giorno ecco il primo scossone, il primo cedimento ed una crepa profonda che dal tetto arriva alla base. Un proprietario minimamente accorto chiamerebbe un architetto ed un impresa per mettere in sicurezza lo stabile. Invece non fa nulla. Si limita ad una mano di stucco per riempire la crepa, coperta dalla vernice e tutto è come prima (all'apparenza).

Poi arriva il secondo scossone. La crepa è grossa tanto quanto la prima, le fondamenta non tengono più. Tutti lanciano l'allarme, tutti dicono che la casa va sistemata davvero ed una volta per tutte. Dalle fondamenta. Ma al momento, dopo giorni di discussione, l'unica cosa fatta dal proprietario è stato mettere un ponteggio e coprire tutto con un bel telone.

Ecco. Quella casa è la Giustizia italiana, uno stabile pericolante (e pericoloso) che ormai non può più restare in piedi così com'è. E non solo per la sua inefficienza conclamata. L'Italia infatti è tra i peggiori paesi d'Europa per durata di un processo civile o penale che sia e tra le prime per errori giudiziari. Oltre a non funzionare infatti nei nostri tribunali succedono cose che con il giudizio hanno poco a che fare ma che molto influiscono sulla vita politica del paese. E non serve nemmeno rinvangare Tangentopoli o l'accanimento giudiziario verso Berlusconi, basta guardare a quanto successo negli ultimi mesi e giorni.

Si comincia con il caso-Palamara, il magistrato membro del Csm e il più giovane presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, coinvolto in un'inchiesta le cui intercettazioni hanno portato allo scoperto quello che tutti sapevano, cioè che la giustizia è nelle mani delle «correnti», veri e propri gruppi di potere che si spartivano i posti principali nelle varie procure. Palamara è stato espulso ma ha raccontato (nero su bianco in un libro) ad esempio che «I posti di Procuratore della Repubblica sono molto ambiti, sono posti di potere. Negare che le correnti siano una scorciatoia è una bugia. Le correnti della magistratura nel CSM hanno un peso preponderante».

In un paese normale questo avrebbe portato alla cancellazione dell'intero Csm e non ad una riforma ma ad una vera e propria «rivoluzione» della magistratura e della giustizia. Invece nulla; Palamara ha pagato, qualcun altro (rimasto comodamente al suo posto) ha ammesso che le cose devono cambiare, si è data una bella mano di stucco e vernice all'esterno ed ecco fatto.

Poi, pochi giorni fa, il secondo scossone. La Procura di Roma indaga sulla divulgazione di alcuni verbali, segreti. Verbali che contengono le dichiarazioni dell'avvocato Piero Amara, arrestato nel 2018 per corruzione ed altri reati. Nelle sue deposizioni l'avvocato avrebbe parlato di una loggia segreta, denominata «Ungheria» della quale farebbero parte alcuni magistrati. Non solo. Amara avrebbe poi fatto il nome di alcuni magistrati che avrebbero chiesto il suo appoggio per ottenere promozioni ed incarichi prestigiosi. Soprattutto avrebbe fatto il nome dell'ex premier, Giuseppe Conte, che grazie a lui avrebbe ottenuto delle consulenze per un totale di quasi 400 mila euro. A seguito di queste dichiarazioni il pm di Milano, Paolo Storari, avrebbe chiesto per mesi ai suoi superiori l'iscrizione di alcune delle persone coinvolte (forse anche di Conte) nel registro degli indagati per verificare le dichiarazioni di Amara. Non se ne fece nulla. A quel punto allora il pm avrebbe passato i documenti a Piercamillo Davigo, ex membro di spicco della Procura di Milano e all'epoca consigliere del Csm (oltre che noto per le sue posizioni giustiziaste senza se e senza ma) per autotutela. Pochi mesi dopo ecco che le carte finiscono in maniera anonima nelle redazioni di alcuni giornali.

Al di là di chi abbia passato i documenti (al momento risulta indagata una donna che fa parte della segreteria di Davigo) è evidente che questo scossone, questa ennesima macchia dentro al Csm non è più accettabile, e non bastano spatola e pennello stavolta. È arrivato il momento di riformare la giustizia, di velocizzarla, modernizzarla e soprattutto liberarla da chi ne fa uno strumento di lotta politica e non di equilibrio sociale. Serve un nuovo organo di giudizio e governo dei giudici, superiore e super partes.

Perché in tutto questo la vera cosa preoccupante è il commento di Davigo. «Nulla di irrituale» ha detto l'ex magistrato, come se la ripetizione di un'azione errata la rendesse giusta. Tra le riforme che l'Europa si aspetta per il Pnrr c'è anche quella della giustizia. Non c'è più tempo da perdere.

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