"Contro questa giustizia-ingiusta, firmate i referendum radicali"

"Si dice che i giudici dovrebbero parlare attraverso le sentenze e le relative motivazioni. Peccato che in Italia tutto quello che si dice troppo spesso non si fa".

Criticata dal centrosinistra per essere andata a raccogliere le firme per i 12 referendum radicali #giustiziagiusta (che si possono sottoscrivere presso le segreterie di tutti i comuni d'Italia) alla manifestazione “pro-Silvio” di sabato scorso a Roma, Rita Bernardini, ex deputata e membro del comitato promotore, commenta così la bufera che ha investito Antonio Esposito dopo la sua intervista a Il Mattino sulla condanna a Silvio Berlusconi: “Che il presidente della sezione feriale della Cassazione parli al di là della sentenza mi sembra una cosa gravissima”.

Ma la gravità in cosa consiste davvero?

Nel fatto che a 30 anni di distanza dal caso Tortora le disfunzioni, l'arroganza, la mancanza totale del rispetto delle regole da parte della magistratura sono rimaste le stesse. Il fatto risalta di più perché sia allora che oggi ci sono di mezzo due uomini molto famosi, il problema è che ogni giorno a fare le spese di una giustizia ingiusta sono i cittadini comuni, quelli che quando stanno in carcere noi chiamiamo “i detenuti ignoti”.

Berlusconi come Tortora?

Non credo si possano fare paragoni, il problema è che noi continuiamo ad avere una giustizia pluricondannata in Europa che ormai, da molti anni, avverte come in Italia lo stato di diritto sia messo seriamente in pericolo.

E la responsabilità di chi è?

Di tutti i governi e di tutti i parlamenti che, indistintamente, non hanno tenuto minimamente in considerazione un giudizio di tale severità.

Perché non l'avrebbero fatto?

Marco Pannella dice perché “sono tutti soci” nell'essersi fatti soggiogare da un potere, quello giudiziario, che ha dimostrato tutta la sua inefficienza, ingiustizia e arroganza nell'auto-tutelarsi.

La separazione delle carriere è uno dei temi dei vostri referendum. A cosa serve?

A dotare il sistema giudiziario di un giudice terzo tra accusa e difesa dell'imputato come sosteneva, con convinzione, anche Giovanni Falcone, osannato dopo morto come martire della mafia ma ignorato totalmente in vita quando parlava di queste cose. Oggi il magistrato che emette la sentenza fa la stessa carriera di quello che ha sostenuto l'accusa. Non è un caso che quando una procura fa un'operazione contro qualcuno, agli occhi dell'opinione pubblica quello sia già un giudizio di colpevolezza. Se poi, durante il processo, quella persona che è stata sputtanata su tutti i media e magari si è fatta anche un po' di carcere, risulta innocente, al massimo le si dedica un trafiletto.

Mentre chi l'ha perseguita, sbagliando, resta indenne. Tra i vostri referendum si può firmare anche per la responsabilità civile dei magistrati?

Certo, questo è proprio il referendum “Tortora”, vinto già nel 1987 con l'80,2% dei sì e subito dopo tradito dal governo e dal Parlamento con una legge che ha negato la responsabilità civile. Ecco perché diciamo che nella classe politica sono tutti soci nel volersi ingraziare i magistrati, meno uguali degli altri davanti alla legge ma con stipendi altissimi, carriera assicurata e avanzamenti automatici indipendentemente dalle loro capacità.

E che ogni tanto vanno a fare altri lavori...

Con i nostri referendum, infatti, vogliamo far rientrare nei Tribunali le centinaia di magistrati attualmente distaccati in altre funzioni, tra cui quella di scrivere le leggi che li riguardano.

Un palese conflitto d'interessi?

Direi di sì. Figuriamoci se potrà mai passare un emendamento che metta in discussione i loro privilegi. Per non parlare delle conseguenze sui tempi dei procedimenti non solo civili. Nel penale, ogni anno, 160.000 cadono in prescrizione. Da una parte si pretende che tutti i reati vadano perseguiti, dall'altra a decidere quali debbano arrivare a termine e quali no sono, spesso, i singoli pm dotati di una discrezionalità assoluta che gli viene solo dall'aver vinto un concorso ma il cui livello di professionalità lascia spesso molto a desiderare.

C'è ancora un altro quesito che riguarda la giustizia, oltre a quello sull'abolizione dell'ergastolo, e cioè la limitazione del carcere preventivo ai soli reati gravi.

In Italia il 40% dei detenuti sono in attesa di giudizio, il doppio della media europea. Non è più sostenibile. Mi scrivono gli avvocati per chiedermi una mano come se fossi ancora deputata.

Le secca essere rimasta fuori dal Parlamento?

Bersani ha messo un veto su noi Radicali. Voleva una legislatura tranquilla. Non mi pare ci sia riuscito molto...

Aveva paura dell'amnistia?

Il grande errore è proprio questo: condizionare il dibattito su un tema del genere al solo caso di Silvio Berlusconi. Sarebbe ora che il Pd inizi a dire delle cose chiare sul tema della giustizia visto che ancora si candida a guidare questo Paese.

E al Pdl cosa consiglierebbe oggi?

Intanto inviterei i supporter di Berlusconi a evitare il ridicolo sostenendo oggi una proposta di legge d'iniziativa popolare per l'amnistia che non hanno mai appoggiato nonostante noi la invochiamo da sempre. Vengano, piuttosto, a firmare i nostri referendum, a cominciare da Silvio Berlusconi che ancora non l'ha fatto.

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