​Castello di Segalari
Castello di Segalari
Italia

Quel castello è una dimora di Charme

La Loira ci ha costruito un business mondiale, la Scozia li ha fatti diventare il tratto identitario del suo territorio, l’Austria li venera come luoghi dell’anima nazionale e della nostalgia imperiale. E l’Italia? Il Belpaese dei Comuni, delle Signorie, delle mille torri, dei borghi e delle città murate li ha lasciati ammirare e deperire, sovente li ha relegati in uno sgualcito album di fotografie e solo di recente ha compreso che quelle mura sono la storia scritta in un libro di pietra. Sono i castelli, le dimore nobiliari, le ville patrizie che da qualche anno sono diventate un nuovo-antico prodotto turistico.

Prima della pandemia erano le mete dei sogni degli stranieri in cerca di una camera con mito, oggi sono anche nello scrigno dei desideri degli italiani.

«Ma non è certo merito dello Stato che, anzi, fa di tutto per penalizzarci» attacca il conte Gaddo della Gherardesca, discendente diretto dell’Ugolino dantesco, una dinastia lunga otto secoli trascorsi quasi tutti nel castello di Castagneto Carducci all’incipit della Maremma toscana. «Sono stato per anni presidente dell’associazione dimore storiche: siamo 3.500 custodi della nostra memoria, della nostra storia. Ebbene, non abbiamo mai ricevuto attenzione. Il mio successore Giacomo di Thiene ha cercato di far capire che, per esempio, escluderci dal superbonus è un danno al patrimonio complessivo del Paese. Ma non c’è nulla da fare. Siamo considerati ricchi mentre ci dissanguiamo per mantenere queste testimonianze che sono certo di nostra proprietà, ma sono un bene comune».

E allora che fare? «O vendere, ci sono molti che vengono a cercare di comprare, o trovare un profitto per sostenere il mantenimento. Tanto per dirne una: il Castello di Castagneto paga 25 mila euro di Imu, solo per queste tasse dobbiamo generare un reddito di almeno 5 mila euro al mese». Ed ecco che queste residenze si trasformano in location per matrimoni, eventi aziendali, visite guidate. La nuova tendenza? Il castello che diventa in hotel di charme. «Non è così nel resto del mondo» continua Gaddo della Gherardesca. «I miei cugini Romanoff, da Vladimir Putin, hanno ricevuto importanti sostegni».

Il turismo dei castelli è una sorta di co-housing perché moltissime famiglie che ne sono proprietarie continuano ad abitarli cedendone una parte a ricettività. Ma quanto può costare diventare castellano per una notte? «Da qualche centinaio di euro a cifre molto importanti, dipende da cosa si cerca e come si intende usare la struttura» spiega a Panorama Giorgio Caire di Lauzet, il primo che ha creato un ente di certificazione nel settore dell’ospitalità di alto livello. «Una cosa è certa: i castelli, le ville nobiliari sono la nuova frontiera del turismo non solo di lusso, ma romantico e di esperienza».

Caire de Lauzet ha creato la società di certificazione Dream & Charme constatando che non esiste nel mondo del turismo un ente terzo che garantisca al cliente che usufruirà esattamente della struttura prenotata. «Tutto è nato dall’aver notato che spesso vengono vendute dimore che promettono vista lago o piscine olimpioniche e poi sono poco più di chalet». La certificazione si basa su criteri rigidissimi: dall’efficienza alla sostenibilità delle strutture, «ma per le dimore storiche è nato un ulteriore “registro”: il D&C5 che certifica unicità e storicità degli edifici. È ciò che cerca la clientela più esigente» continua Caire di Lauzet.

Ma è un business? «Sì ed è in espansione, il turismo mondiale cerca esperienze garantite ed emozioni uniche. Per esempio noi abbiamo costruito una “glass huose”, una casa dalle pareti di vetro nelle colline del Monferrato, una vista a giro completo su terre patrimonio Unesco. E sempre sold out». Si va da un esperienza unica che si può fare in Toscana al Castello di Segalari, a chalet da sogno quasi introvabili sulle Alpi fino a ville da far invidia al principe di Salina «perché abitare la storia è un’esperienza che vissuta in Italia è indimenticabile».

A garantire che i castelli sono la moda del momento c’è il moltiplicarsi di siti dedicati a questo segmento particolarissimo di ospitalità; e il fatto che i più importanti aggregatori di offerta alberghiera hanno ormai sezioni dedicate ad «abitare la storia». Le offerte si dividono sostanzialmente in due settori: i castelli diventati hotel o agriturismo superlusso, e i castelli in cui i proprietari che continuano ad abitarli hanno deciso di dedicare all’ospitalità solo una parte. «Non è mai una scelta facile per i proprietari che spesso si mettono sul mercato per evitare di dover vendere» sottolinea Caire di Luzet. «È però un processo che si sta espandendo: solo nell’ultimo mese ho avuto l’incarico di trasformare in ospitalità un’ala di uno dei più prestigiosi castelli lombardi e di ristrutturare un hotel 5 stelle nelle colline laziali che ha un’ubicazione storica concependolo non più come albergo, ma come casa».

Una spinta all’accoglienza nei manieri viene dal turismo natura, dai bikers, soprattutto dal turismo enogastronomico. In Chianti come in Valpolicella, nelle Langhe come in Sicilia tutte le cantine storiche hanno trasformato i loro castelli in strutture di ospitalità peraltro contesi dalle più affermate wedding planner.

Quello dei matrimoni - dalle masserie pugliesi ai castelli come quello Orsini a Bracciano o il Castello della Gherardesca, o quello della Velona a Montalcino fino ad alcune delle più prestigiose ville palladiane tra Vento e Friuli Venezia Giulia - è uno dei settori di maggiore espansione del turismo. La lista delle location è infinita: i prezzi vanno da un minimo di 150 euro per una notte a 5 mila per una suite. Se si prenota per un matrimonio si pagano in media sui 10 mila euro solo per l’affitto.

La lista è infinita: dal Borro l’intero borgo in Toscana restaurato dai Ferragamo a luoghi unici come Castello Banfi a Montalcino, dal San Marco a Caltabiano in Sicilia location di charme assoluto, a Castel Fragsburg di Merano dall’allure imperiale fino al Castello di Semivicoli in Abruzzo immerso nelle vigne. «Ma tutti» chiosa Gaddo Della Gherardesca «hanno un valore aggiunto che li accomuna: fanno vivere l’unicità del tempo».

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