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Berlusconi, un passo indietro per una responsabilità in più

Silvio Berlusconi gioca la partita più difficile. Forza Italia è in fermento, anche fedelissimi della prima ora (ma esistono in politica i fedelissimi?) strizzano l’occhio al “traditore” di turno, Raffaele Fitto, il consenso degli azzurri in Emilia Romagna è crollato a favore della Lega (dopo la forzata uscita di scena elettorale del Cavaliere per via giudiziaria) e Matteo Renzi gioca su tutti i tavoli per arginare di volta in volta il pungolo a destra, a sinistra, all’interno, e ridimensionare così la portata dello scontro nel Pd come quella del Patto del Nazareno. 

I commentatori scrivono di un Berlusconi che lotta per sopravvivere, che ha perso la lucidità e perciò apre a Salvini o si propone per il Quirinale. Di un Berlusconi fantasmatico, reduce, all’angolo. Dopo vent’anni e tutte le traversie politiche e giudiziarie, sostenere che Berlusconi non ha il potere di prima e ha invece qualche problema in più, è perfino ovvio. Affermare che lotta per sopravvivere è un’altra ovvietà, che vale per chiunque faccia politica in generale. L’agone repubblicano è un ring quotidiano (e questo è un po’ il dramma dell’Italia, questo eccesso di politica che invade le nostre vite, che si sostituisce alla soluzione dei problemi, non si stanca di mestare e rimestare nel torbido delle faide tra gli eterni guelfi e ghibellini). Eppure, proprio in queste ore Berlusconi sta dimostrando di essere il leader che è. Smentisce con le sue parole, il suo non mollare mai, le analisi forbite e un po’ insulse, degli abbonati alla fiera delle banalità.

Primo: Berlusconi è ancora titolare di un potere reale attraverso gruppi parlamentari che sono tuttora necessari per garantire la praticabilità di riforme decisive come la legge elettorale, o per concordare un nome di successore a Giorgio Napolitano che non passi attraverso il vaglio della sbrindellata rete pentastellata (mal)governata da Grillo & Casaleggio.

Secondo: il linguaggio di Berlusconi è un impareggiabile mix di effetti speciali e verità. Berlusconi sa bene che Matteo Salvini è in ascesa, piace al popolo di destra, ha doti da leader. Ma sa pure che difficilmente potrà rappresentare tutti gli elettori “non di sinistra”, e seppure vincente nel suo campo rischia di risultare perdente nel confronto con il capo di una sinistra moderna (non importa se solo a parole o anche nei fatti), con Renzi che ha avuto il coraggio, da segretario del Pd, di dichiarare guerra ai sindacati. Berlusconi concepisce il proprio passo indietro solo come assunzione di una responsabilità in più: essere il king maker, il regista che consente a Salvini di battere la sinistra. 

Sarebbe sbagliato sottovalutare Berlusconi, fare del sarcasmo facile su reali o apparenti difficoltà, contraddizioni e incongruità del Cavaliere in questa fase della sua lunga carriera da leader. Attorno a lui non si vede un successore. Salvini potrebbe esserlo, ma a differenza di Berlusconi sarebbe il leader di un centrodestra perdente. Salvo future acrobazie ed evoluzioni. 

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