guerra ucraina
(Ansa)
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In un anno di guerra in Ucraina il mondo è peggiorato, compreso ciascuno di noi

È passato esattamente un anno dall’inizio dell’invasione della Russia in Ucraina. Non è un caso che abbiamo usato il termine «invasione» e non guerra; perché non dobbiamo mai dimenticare che la mattina del 24 febbraio 2022 (data che resterà di certo nei libri di storia) un paese ha deciso di invadere un altra nazione, a lui confinante, cercando di conquistarlo con la forza delle bombe, dei carri armati, dei missili a lungo raggio e dei soldati. Anzi, non è stato un paese, ma un uomo, Vladimir Putin, a volere l’invasione dell’Ucraina.

Ma oggi non è il momento di pensare a colpevoli ed innocenti, a chi ha ragione e chi invece torto.

Oggi per prima cosa dobbiamo pensare che in un anno le vittime di questa follia sono state circa mezzo milione. Su questo Kiev e Mosca non hanno mai rilasciato comunicazioni ufficiali perché sanno che fare il conteggio dei morti è la cosa più dolorosa in assoluto. Di questo ci si vergogna.

In realtà ogni giorno il ministero della difesa di Kiev pubblica l’elenco degli aerei abbattuti, dei carri armati distrutti, dei droni eliminati dall’antiaerea. E anche il presunto numero di soldati russi uccisi; ad oggi siamo a quota 146 mila. E lo stesso per logica dovrebbe essere accaduto dall’altra parte della barricata. Poi ci sono i civili. Una strage, in Europa.

Purtroppo la seconda considerazione è che il tempo, questi 12 mesi, ci hanno anestetizzato. Ci siamo abituati ai video dei missili sulle case, alle scuole ed agli ospedali distrutti dai bombardamenti, ai corpi per strada. Abbiamo capito ad esempio che il massacro immotivato di civili a Bucha è stato un crimine contro l’umanità dopo averla negata o raccontata come propaganda di Kiev, e nessuno ha battuto ciglio. Nessuno ha detto: «Scusate, ci eravamo sbagliati».

Siamo anestetizzati, assuefatti. Oggi vorremmo che la guerra finisse non solo per far cessare il dolore ma anche per far tornare la benzina ai prezzi di un anno fa, far calare l’inflazione e far crescere l’economia, che dopo la pandemia aveva nel 2022 l’anno della grande rivincita. E ci nascondiamo dietro una parola bellissima, Pace.

Parola che è stata utilizzata come scudo e per certi versi persino «violentata», Ci sono persone, opinionisti, politici, gente comune, convinti, anzi certi, che ci sia qualcuno davvero contento di fare la guerra; qualcuno a cui la morte ed il dolore piace. Su tutti il Presidente Usa, Biden, ovviamente lo stesso dicasi per Putin ma anche Giorgia Meloni. Ci sono persone ed opinionisti che da 12 mesi raccontano che «bisogna aprire un tavolo per la Pace», ed è fatta. Come se fosse un invito a cena, o ad un matrimonio. Ci sono persone per cui dietro la parola Pace in realtà si nasconde il termine «resa». D’altronde l’Ucraina è lontana e se invece del loro governo democraticamente eletto arriva un regime straniero a comandare, chissenefrega. Sono fatti loro.

Ci sono poi quelli che alla parola Pace aggiungono un aggettivo: «giusta». Capite bene come uscirne sia praticamente impossibile.

Abbiamo accennato al nostro Presidente del Consiglio cui va dato il merito in questi 6 mesi di governo di aver rispettato la parola e la posizione presentata agli italiani in campagna elettorale ed in continuità con l’esecutivo precedente. Atlantista e pro Zelensky fu Mario Draghi, atlantista e pro Ucraina è anche la leader di Fratelli d’Italia. E tutto questo malgrado qualche alleato della maggioranza non faccia più mistero della propria opinione, sempre più lontana da quella di Palazzo Chigi. Giorgia Meloni magari un giorno cambierà idea, ma questo succederà se e solo se sarà la Nato e l’Europa intera a farlo. Altrimenti la strada è segnata e non si torna indietro perché l’Italia non può più rimangiarsi la parola data al mondo.

Nell’avvicinarsi dell’anniversario dell’invasione russa abbiamo letto e sentito il parere di numerosi generali e militari che ci raccontano del fango, il pantano, un simbolo di questa guerra. I due eserciti faticano ad avanzare bloccati dalla melma dei campi di grano il cui ghiaccio si sta sciogliendo. Tutto fermo, tutti in trincea sul campo di battaglia come nella diplomazia. Abbiamo sentito negli ultimi giorni una sequela di frasi fatte e già ripetute mille volte dai principali leader del mondo, buone solo per la propaganda di una o dell’altra parte. Ormai è chiaro che si tratta di una guerra mondiale, anzi, di un problema mondiale. A fianco della Russia si è schierato da mesi l’Iran (altro regime che nel 2022 ha vissuto uno dei suoi anni più bui con la protesta delle donne e le decine di giovani ragazze uccise per un velo non indossato) e forse, lo sostiene la Cia, anche la Cina (che dall’altra parte del globo ha il problema Taiwan da risolvere, magari seguendo proprio la strategia usata dal Cremlino con l’Ucraina). Dall’altra c’è l’occidente che però sembra avere il fittone e che soprattutto si è accorto di essere «minoranza» in un mondo dove le democrazie sono sovrastate per numero de regimi e monarchie varie.

È passato un anno e di sicuro il mondo è molto peggiore di quanto fosse 12 mesi fa. Mentre noi, impegnati a fare il tifo come allo stadio contro Putin o contro Zelensky ci dimentichiamo che anche domani poco meno di duemila persone moriranno.

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