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Clive Mason/Getty Images
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6 Nazioni all'Inghilterra senza record; Italia ultima senza punti né più appeal

Scherzi del calendario, quello del torneo e quello dei santi cattolici: ecco così che l’Inghilterra, ormai già certa del primo posto nel Sei Nazioni 2017, doveva andare a vincere a Dublino (e per di più a festeggiamenti ancora in corso per il Giorno di San Patrizio) per bissare il “grande slam” del 2016 e soprattutto per firmare la striscia di successi più lunga di sempre per una nazionale di rugby, dopo aver eguagliato a 18 il record dei leggendari All Blacks.

Invece niente da fare: più motivati che mai dalla possibilità di rovinare la festa ai leoni di Sua Maestà, i giocatori del XV irlandese si sono imposti per 13-9 al termine di un match in cui hanno fieramente scorazzato per il campo intensità e rudezza fisica, lasciando lo spettacolo ai soli spalti gremiti dell’avveniristico Aviva Stadium. Per quanto “scornati”, gli inglesi hanno comunque alzato per la sesta volta il trofeo, divenendo così anche la rappresentativa che dal 2000 a oggi se l’è aggiudicato più volte (5 i successi della Francia, 4 quelli del Galles e 3 quelli dell’Irlanda).

Il pessimo bilancio azzurro
A non poter trovare invece alcun motivo di consolazione è l’Italia, alla quale il “cucchiaio di legno” è spettato di diritto secondo la tradizione più ortodossa: ovvero non solo perché ultima della classe, ma perché con zero punti in classifica a fine torneo, senza essersi nemmeno aggiudicata uno dei nuovi bonus previsti per chi perde con uno scarto pari o inferiore a 7 punti oppure realizzando quattro o più mete in una partita. Risultati alla mano, eventualità in entrambi i casi assai remote per gli azzurri in questa edizione 2017: l’Italia ha infatti realizzato solo 5 mete in tutto il torneo (più una tecnica contro l’Irlanda), chiudendo poi con lo 0-29 contro la Scozia nell’ultima giornata, e ha perso tutti e cinque gli incontri con uno scarto oscillante dai 21 punti contro l’Inghilterra ai 53 della disfatta dell’Olimpico contro l’Irlanda (10-63), per un saldo totale di -151 (50 realizzati, 201 subiti).

Come se non bastasse, eccezion fatta per il Galles (che si è fermato a “solo” 3 mete), tutte le altre squadre hanno invece potuto beneficiare del bonus offensivo quando hanno incontrato la nostra Nazionale: 9 le mete dell’Irlanda contro capitan Parisse e compagni, 6 quelle dell’Inghilterra, 4 quelle della Francia e della Scozia. Numeri impietosi che hanno fatto dell’Italia il “Lussemburgo” del Sei Nazioni e che impongono ora una netta sterzata (ma l’abbiamo già scritto in passato) per scongiurare nuove, provocatorie voci dalle isole britanniche sull’opportunità o meno che il massimo torneo europeo sia ancora disputato a sei squadre…

Nessuno pensava che il compito del nuovo ct irlandese Conor O’Shea sarebbe stato semplice e nemmeno veloce, ma lo sport agonistico (e professionistico) non può accontentarsi del fatto che un incontro di rugby è comunque una festa. Alla quale tra l’altro sta partecipando sempre meno gente: nei tre incontri interni di questa edizione, infatti, gli azzurri hanno raccolto all’Olimpico - tifosi stranieri inclusi - 42 mila spettatori contro il Galles (peggiore affluenza dal 2012), 45 mila contro l’Irlanda e 50 mila contro la Francia. Perché un conto è accettare la sconfitta, un altro rassegnarsi al fatto che sia già pesantemente scritta prima ancora del calcio d’inizio.

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