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La Tunisia è vicina, i rimpatri lontani

La Tunisia è vicina, i rimpatri lontani

Gli arrivi illegali dallo Stato nordafricano rappresentano oltre il 40% degli sbarchi sulle nostre coste. Eppure è difficile (e assai costoso) riportare gli espulsi nel proprio Paese. Ottimisticamente, il Viminale ora si affida ai voli charter. L’obiettivo, però, dev’essere quello di arginare le partenze.


Quando sono i tunisini ad attendere il rimpatrio in aeroporto lo si capisce subito. Il primo indizio è il dispiegamento di forze di polizia che le prefetture sono costrette a mettere in campo per evitare problemi di ordine pubblico. Di solito sono necessari due agenti per ogni immigrato. Il ricordo di un recente viaggio è indelebile in molti funzionari del Viminale: per rimandare a casa 29 tunisini servirono oltre 70 uomini delle forze dell’ordine, per un costo complessivo, volo compreso, di circa 115.000 euro. E di rimpatri da fare ce ne sono molti, visto che quella tunisina è tra le prime nazionalità degli sbarchi, con 8.263 dall’inizio dell’anno: ovvero il 41% del totale degli arrivi illegali sui barconi.

Molti immigrati sono stati fatti tornare in Tunisia, ma sono riusciti a rientrare anche per tre volte di seguito. A luglio a Lampedusa ne sono stati arrestati 11, riapparsi nonostante il provvedimento di espulsione, e altri otto a cui era stato negato il permesso di soggiorno. Ad agosto, invece, ne sono stati fermati 14. E quando sono in Italia in molti vivono con la paranoia dell’espulsione. Come Ridha Mahmoudi, il tunisino irregolare colpito da decreto di espulsione mai eseguito che ha ucciso a coltellate e cercato di decapitare don Roberto Malgesini a Como.

Mahmoudi si era convinto che ci fosse un complotto contro di lui per rispedirlo a casa. Tra coloro che lo «minacciavano», oltre al prefetto, ai giudici e ai suoi avvocati, c’era appunto anche don Roberto. Una storia che ricorda da vicino quella di Stefano Leo, il 33enne biellese sgozzato sul lungofiume dei Murazzi a Torino il 23 febbraio 2019, «perché aveva un’aria troppo felice». Il macellaio anche in quel caso sarebbe stato un tunisino: Said Mechaquat. È stato condannato il 1° luglio scorso a 30 anni di carcere.

Stando alle ottimistiche previsioni, il governo riuscirà a mandare indietro fino a 600 tunisini al mese. Una serie di voli charter dovrebbero sommarsi ai due viaggi bisettimanali già previsti e riattivati a luglio, dopo l’interruzione causata dal coronavirus. «Dal 10 agosto, dopo l’interruzione per il periodo di lockdown» comunica il Viminale «si è tornati a rimpatriare su voli charter verso la Tunisia fino a un massimo di 40 cittadini tunisini a viaggio». E si arriverà, promette il ministro Luciana Lamorgese, «come già previsto dagli accordi con il Paese nordafricano a voli bisettimanali con partenze il lunedì e il giovedì che consentiranno di allontanare 80 irregolari a settimana».

Ma anche con la riapertura degli aeroporti la situazione non è cambiata granché: dal 16 luglio ai primi di agosto sono ripartiti appena 116 tunisini. A questo ritmo ci vorranno anni per rimandare nei loro Paesi i 16.384 immigrati – non solo tunisini, ovviamente – ai quali, tra il 1° gennaio e il 12 giugno, è stata negata la protezione. Di questi, 2.117, stando ai dati del Garante per i detenuti, sono passati per i Cpr (i Centri per i rimpatri). Oltre una novantina si sono poi allontanati arbitrariamente, 13 sono stati arrestati per reati commessi nei Cpr e 61 dimessi perché non identificati alla scadenza dei termini previsti dalla legge. Degli oltre 2 mila, 239 sono tunisini. Una larga quota.

I costi? Naufragata l’idea della nave traghetto, che avrebbe abbattuto di molto le spese, non resta che accollarsi i costi dei voli charter. Stando ai calcoli di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, per il rimpatrio di ogni immigrato si spendono tra i 4 e i 6.000 euro. Senza contare la forza pubblica da impiegare. A volte è necessaria una partenza straordinaria. Come nel caso dei due tunisini arrestati a luglio a Ferrara in un regolamento di conti con due connazionali per spaccio di droga. A causa della pericolosità e dei precedenti, la questura si è attivata per ottenere, dopo il provvedimento di espulsione, l’ordine di accompagnamento coatto.

Così, nel giro di qualche settimana, i clandestini in arrivo dal più vicino Paese del Maghreb, con una scorta speciale autorizzata dalla Direzione centrale dell’immigrazione, sono saliti su aereo per Tunisi e sono stati espulsi. Si tratta di un caso estremo, però. Spesso i tunisini riescono, mimetizzandosi, a vivere una normale quotidianità. A volte per anni. A Vittoria, in Sicilia, per esempio, un mese fa è stato rintracciato Amara Helm, 29 anni, ricercato dal 2013 per un omicidio commesso in Tunisia nel 2012. Era latitante da sette anni con semplici documenti falsi.

Tuttavia, c’è chi per le espulsioni si indigna. Sami Ben Abdelaali, deputato del blocco parlamentare Al Moustakbal eletto nella circoscrizione Italia dei tunisini residenti all’estero, ex consulente della Regione Sicilia ai tempi di Rosario Crocetta, ha affermato che le espulsioni dei tunisini irregolari in Italia sarebbero «illegali». E nel suo intervento ha aggiunto che «la Tunisia» potrebbe «non essere pronta» ad accogliere i rimpatriati.

La titolare del Viminale deve avere intuito che rimandare a casa i tunisini sarà un flop e nelle settimane scorse, con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, è tornata a Tunisi. Ma stavolta ha aggiustato il tiro: vuole arginare le partenze.

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